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CASO NAVE MILITARE “DICIOTTI”. SUL FILO DELLA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI

 

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L’attuale governo, in particolar modo il Ministro per gli Interni Matteo Salvini, sta rischiando di uscire dai parametri normativi che configurano quell’equilibrio che denota la non violazione dei diritti della persona umana, attraverso la configurazione di determinati reati come quello di tortura e di sequestro. Violazione che porterebbe lo stesso esecutivo a uscire dai paletti posti sia dalla normativa del nostro ordinamento sia da talune convenzioni internazionali. Lo stesso giudice italiano, privo del potere di emettere l’ordine di far sbarcare i migranti a bordo della motovedetta della Guardia costiera – denominata Diciotti – può aprire un fascicolo (di cui è stato già fatto) al fine di indagare e accertare le responsabilità di chi ha dato disposizione di non far sbarcare i 148 migranti sul suolo italiano.

La nave Diciotti, che è una nave da guerra iscritta non nel quadro del naviglio militare dello Stato, nel ruolo separato denominato ruolo speciale del naviglio militare dello Stato (DPR 31/12/1973 n.1199 e Decreto Interministeriale del 18/08/1978),battente bandiera dello Stato italiano, ha soccorso il gruppo di migranti che è sotto la giurisdizione italiana. Pertanto, va sottolineato che tenere sotto forma di sequestro persone soccorse porterebbe l’Italia nell’alveo della violazione dell’articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che sancisce che nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani e degradanti. In circostanze di eventuale violazione dell’articolo citato, cioè a dire nel caso in cui i migranti dovessero trovarsi in condizioni degradanti inaccettabili e che possano ledere la loro dignità, l’Italia potrebbe essere responsabile e, quindi, assumersi la piena responsabilità di violazione dei diritti dell’essere umano.

Per essere ancora chiari, va precisato che non sia sufficiente il fatto che gli individui abbiano l’assistenza sanitaria e rifocillata, ma se essi subiscono il trattenimento sull’imbarcazione della Guardia costiera italiana e la libertà di questi limitata, ciò comporterebbe la violazione dell’articolo 3 della Convenzione EDU.

Dall’angolatura dell’ordinamento interno, si possono configurare taluni reati possibili come quello del sequestro di persona e di tortura – quest’ultimo è stato approvato dai due rami del Parlamento nel 2017, “Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano” e che recita all’articolo 613-bis del codice penale “chiunque co violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico ad una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da 4 a 10 anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”. La nuova disposizione inibisce anche le espulsioni, i respingimenti e le estradizioni nel momento in cui vige la ragione di credere che nel Paese di destinazione la persona sottoposta al provvedimento rischi di subire violazioni sistematiche e gravi dei diritti dell’uomo.

Circa la questione del sequestro è bene agganciarsi all’articolo 13 della nostra costituzione in base al quale viene enunciato che la libertà personale è inviolabile e che non può essere accettata alcuna forma di detenzione o restrizione della libertà se non con provvedimento motivato dall’autorità giudiziaria.

Quello di sequestro si basa sull’articolo 13 della Costituzione, secondo cui la libertà personale è inviolabile e non è ammessa nessuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. A parere del sottoscritto, è d’uopo evidenziare che gli individui, a bordo della nave Diciotti, non possono essere trattenuti se non si abbia una concreta e solida motivazione, che solo al magistrato spetta valutare lo stato di fermo dei migranti a bordo della nave militare che batte bandiera dello Stato italiano. Viceversa, potrebbe configurarsi l’ipotesi di un fermo arbitrario in violazione delle prerogative spettanti all’autorità giudiziaria, che è titolare a determinare se la decisione di non far scendere dalla nave da guerra italiana gli individui possa rientrare nell’ambito di un vero e proprio reato. Le autorità giudiziarie non possono emettere un provvedimento che possa sbloccare l’impasse che si è venuto a creare per dare il via allo sbarco dei migranti.

 

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