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Chi c’è dietro le accuse di Viganò al papa. L’ipotesi di Ap

“Aveva preparato una specie di bozza di un documento e si è seduto al mio fianco”, e “gli ho detto che dovevamo lavorarci davvero perché non era in stile giornalistico”. A raccontare la genesi della pesante lettera di accusa rivolta a Papa Francesco da parte del nunzio apostolico negli Stati Uniti monsignor Carlo Maria Viganò, pubblicata domenica mattina sul quotidiano La Verità di Maurizio Belpietro, è stato l’ex vaticanista della Stampa Marco Tosatti, parlando alla The Associated Press.

Era il 22 agosto, i due si sono seduti uno a fianco dell’altro nell’abitazione romana del giornalista e hanno cominciato a lavorare insieme, per circa tre ore, racconta Tosatti, alla dura testimonianza di 11 pagine poi diffusa mentre Papa Francesco era impegnato nell’ultima giornata del suo viaggio in Irlanda, in occasione del Meeting mondiale sulla Famiglia a cui ha partecipato anche il controverso gesuita americano pro-Lgbt James Martin. Visita di fine agosto in cui il pontefice regnante ha passato gran parte del tempo a parlare di abusi sessuali tra le mura delle chiese e dei seminari di tutto il mondo, cospargendosi il capo di cenere e facendo mea culpa per tutte le atrocità rimesse al centro dei riflettori dal rapporto uscito pochi giorni fa negli Stati Uniti, che le cataloga una per una e le mette in fila come nei più tragici rapporti inquisitori. “Dico sinceramente questo: leggetelo voi attentamente e fatevi il vostro giudizio personale. Io non dirò una parola su questo. Credo che il documento parli da sé. Avete la capacità giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni, con la vostra maturità professionale”, ha detto in tono lapidario Papa Francesco ai giornalisti che, nel corso della conferenza stampa sull’aereo durante il viaggio di ritorno dall’Irlanda, gli hanno chiesto una reazione al documento diffuso in mattinata.

Il giornalista Tosatti racconta infatti che fu lo stesso Viganò ad averlo contattato poche settimane prima in maniera del tutto inaspettata, chiedendogli un incontro che poi c’è stato, in cui l’arcivescovo nato a Varese, già al tempo uno dei protagonisti dello scandalo Vatileaks che precedette le dimissioni di Benedetto XVI, si è speso nel confidare tutte le informazioni che sono diventate poi la materia prima del ruvido documento di accusa in cui vengono invocate, dulcis in fondo per le frange conservatrici che si oppongono con tenacia al magistero di Bergoglio, le dimissioni del pontefice. Nel testo di Viganò Francesco viene accusato di essere stato a conoscenza delle malefatte dell’arcivescovo americano Theodore McCarrick – già indotto da papa Ratzinger ad interrompere le sue funzioni, la cui richiesta è però stata puntualmente disattesa prima che fu lo stesso pontefice emerito a dimettersi – e di non avere fatto nulla per sanzionarlo, visto che poi lo stesso cardinale americano ha giocato un ruolo importante, tanto nell’ultimo conclave, quanto come consigliere del Papa su buona parte delle nomine all’interno della Chiesa statunitense. Fino al punto in cui però, particolare non proprio irrilevante, proprio alcune settimane fa è arrivato il sequestro della porpora nei confronti del potente cardinale americano per volere dello stesso accusato, papa Francesco.

La vicenda, come ormai noto, passa per una lunga e dettagliata ricostruzione che tira in ballo un ampio numero di influenti prelati della Curia romana, che hanno giocato ruoli fondamentali per la Chiesa cattolica negli ultimi decenni, e ha il suo apice nel racconto di alcuni scambi di battute avvenuti tra lo stesso Viganò e il Papa, nel corso di diversi colloqui a Santa Marta. Tosatti, dopo il rapporto pubblicato lo scorso 15 agosto dal gran giurì della Pennsylvania, riguardante le vicende di abusi lungo gli ultimi 70 anni della Chiesa statunitense, dice di aver ricontattato l’arcivescovo e di averlo infine persuaso a renderlo pubblico. “Penso che se vuoi dire qualcosa, ora è il momento, perché tutto sta andando sottosopra negli Stati Uniti”, pare che il giornalista abbia detto al religioso, sentondosi rispondere con un limpido “ok”. Viganò, a quel punto, si è presentato alla porta di Tosatti con una bozza del testo, e il vaticanista, ormai attivo principalmente all’interno del circuito di blog e quotidiani on-line rimandanti all’universo cattolico tradizionalista, gli ha risposto “che dovevamo lavorarci davvero perché non era in stile giornalistico”.

Convincendo inoltre Viganò a tagliare tutte le affermazioni che non potevano essere dimostrate o documentate, perché il documento “doveva essere assolutamente impermeabile”. Ma ben consapevoli delle implicazioni derivanti dal rendere pubblico un documento di tale fattura, e dello sforzo personale e morale domandato a un diplomatico che ha servito la Santa Sede per anni, mantenendo però tali segreti ben racchiusi all’interno dei sacri palazzi: racconti di vicende che compromettono fortemente una parte della credibilità del clero cattolica, e della Curia romana attiva negli ultimi decenni, agli occhi dei fedeli, dei cittadini e degli osservatori di tutto il mondo. Il tutto, peraltro, in quello stile “clericale” costantemente attaccato e denunciato dallo stesso Papa Francesco. “Sono allevati per morire in silenzio, perciò quello che stava facendo e che stava per fare, era assolutamente contro la sua natura”, ha spiegato Tosatti riferendosi alla figura in sé dei diplomatici vaticani, spiegando però che Viganò si è sentito obbligato a pubblicare la lettera, sia per senso del dovere verso la Chiesa cattolica che per liberare la coscienza di questo peso ingombrante.

“Gode di buona salute, ma 77 è un’età in cui inizi a prepararti. Non poteva avere la coscienza a posto, e l’unico modo per farlo era che parlasse”, ha commentato ancora Tosatti, che una volta redatto il testo finale del documento ha cominciato a cercare un quotidiano disposto a pubblicarlo interamente, finendo per affidarlo alla testata diretta da Belpietro in Italia, ai quotidiani on-line National Catholic Register e LifeSiteNewsper quanto riguarda il mondo anglofono, e infine al sito InfoVaticana per la lingua spagnola. Accompagnandolo alla porta, ha raccontato Tosatti, chinandosi per baciare l’anello del prelato, si è sentito la richiesta di non spendersi in formalità di quel tipo. “Non è per te che lo faccio, ma per il ruolo che ricopri”, ha detto Tosatti al prelato, che silenzioso e in lacrime ha chiuso la porta.

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