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Phisikk du role – Su Genova onoriamo i morti con un po’ di silenzio

Con una certa fatica e ponendo la massima cura possibile nelle parole, riflettiamo su Genova. La forsennata overdose di dichiarazioni, l’affastellamento di sentimenti, il dolore e lo sdegno sinceri da una parte e l’irresponsabilità del dire in libertà da parte di chi, invece, dovrebbe pesare col bilancino le parole che lancia nello spazio pubblico, hanno mischiato ogni cosa, rischiando di banalizzare persino un’enorme tragedia nazionale. Abbiamo ascoltato di tutto. Spegnere per un po’ il rumore di fondo avrebbe forse rappresentato un gesto di pietà verso i morti e i sopravvissuti.

Ma il silenzio, evidentemente, non è medializzabile e non si traduce in consenso. Proviamo, allora, a riflettere fuori dal già letto e del già ascoltato. La furia arrabbattona con cui gli esponenti di spicco del governo hanno sparato sul concessionario può essere sembrata come la proiezione istituzionale dei dialoghi da bar sport. In realtà è stata al tempo stesso un gesto di somma irresponsabilità ( il crollo del titolo sui mercati punisce gli azionisti- tra cui anche molti piccoli investitori- ma gioca in favore di altri players. Quali? follow the money…) e un atteggiamento di negazione dello stato di diritto. Lo stato di diritto devolve ad un organo terzo, la magistratura, il compito di giudicare il comportamento e le responsabilità civili, penali, contabili, di chi è implicato nella commissione di un reato, in questo caso il concessionario: emettere giudizi sommari vuol dire entrare a gamba tesa nell’esercizio di un potere che deve restare rigorosamente distinto da quello politico. Troppo raffinato da capire? Inoltre: fin dal primo momento della tragedia di ferragosto gli uomini del governo non hanno perso occasione per lanciare anatemi, dichiarazioni divisive, accuse politiche ai predecessori, versando benzina sul già dilaniato corpo della nazione. Ma è così che deve fare una classe di governo? In un momento drammatico come quello non sarebbe più appropriato ritrovarsi tutti accanto alla sofferenza delle famiglie delle vittime e del popolo genovese? Non sarebbe stato il caso di invocare l’unità della nazione, invece che affondare il bisturi per allargare la fenditura tra le Italie della politica?

Ancora: l’atteggiamento del governo e di ogni suo supporter politico è tranciante nei confronti di tutto ciò che lo ha preceduto. Via la Tap, via la Tav, via l’Ilva, via Atlantia, via ogni traccia della storia precedente. È come se si volesse marcare, con una cesura forte e visibile, l’avvento della terza repubblica: siamo, dunque, all’anno zero. Ma, attenzione: lo Stato è sempre quello e deve dimostrarsi affidabile nei confronti di tutti, cittadini e terzi. Il mantra che viene, invece, recitato dice che tutto quello che veniva prima chi è arrivato oggi non lo riconosce più. Non si va molto lontani così. E, soprattutto, si espone il paese, ad una fragilità che lo debilita ancora più di quanto già non accada oggi ( e non è che si parta così gagliardi). C’è chi potrebbe, fuori dalla sovranità nazionale, avvantaggiarsi per questo stato di cose? Forse. Ma non abbiamo nessuna voglia di aspettare che tutto si sfasci per capire chi è.

Per il momento solo una proposta di moratoria: parliamo pure di politica ma, per favore, lasciamo in pace le vittime di questa tragedia nazionale.

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