“Non si può continuare a giocare con la geografia. Il problema non è soltanto nostro, e quindi dobbiamo gestirlo. Queste persone arrivano in Europa, ed è l’Europa che deve affrontare la questione. Vorremmo vedere la Commissione europea fare proposte legislative, e non solo sul singolo caso. Non dobbiamo però guardare solo la foce, ma la sorgente: se i paesi da cui vengono sono in guerra, l’Europa deve essere protagonista dei processi di pace”. Le parole, che suonano molto decise, le ha pronunciate dal palco del Meeting di Rimini il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Enzo Moavero Milanesi, durante un dibattito con il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, introdotti da Luís Miguel Poiares Maduro, Global Governance Programme Director e Professor of Law all’Istituto Universitario Europeo (EUI) e dal presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini.
L’AZIONE EUROPEA IN AFRICA
“Qual è l’azione europea per la pace nel continente? Si parla dei cristiani in Medio Oriente: ma noi abbiamo un protagonismo europeo nei processi di pace? Ci sono regimi autoritari e dittatoriali da cui fuggono molte persone, poi ci sono migranti economici che lasciano paesi in condizioni difficilissime. L’azione europea è sufficientemente efficace?”, ha domandato alla fine dell’incontro il titolare della Farnesina, che ha aggiunto: “Occorre anche coltivare delle dirigenze in queste paesi. Il Piano Marshall funzionò perché nei paesi che uscivano dittature c’erano classi dirigenti oneste e capaci che seppero usare questi fondi. La discussione è molto più articolata del cosa fare con le persone che arrivano qui da noi”.
LE REGOLE EUROPEE (MANCATE) SUI MIGRANTI
Moavero ha infatti spiegato che le regole di cui si è dotata la Commissione europea nascono quando si lavorava sui piccoli numeri, e i flussi non erano massicci e imponenti come negli ultimi anni. Perchè quando il flusso aumenta, ha spiegato, “l’onere per il Paese di primo arrivo diventa estremamente pesante”, ed è lì “che dovrebbe subentrare l’Unione europea e la condivisione dell’onere, ma è lì che invece ci siamo trovati di fronte ad una serie di steccati e di egoismi nazionali”, ha affermato.
In quale strada alternativa incorrere, allora? “Bisogna combattere le organizzazioni neo-schiaviste che si sviluppano nei paesi di origine di queste persone passando nel nord dei paesi africani fino ai nostri paesi. Di questo si tratta: sfruttamento di persone. Fare arrivare in maniera disarticolata, clandestina e spesso illegale persone da noi significa esporli allo sfruttamento. Agire in maniera efficace, non in termini neo-colonialisti, nei paesi di origine, significa aiutarli a crescere e a risolvere il problema. Se vogliamo essere coerenti con i valori fondanti dell’Unione europea noi dobbiamo pensare insieme a come risolvere questi problemi”.
L’EUROPA AVREBBE GLI STRUMENTI, DICE MOAVERO
Spesso però si sente dire: l’Europa non ha gli strumenti. “Non è vero”, ribatte il ministro. “I trattati europei prevedono norme che chiedono alle istituzioni dell’Unione europea, e agli Stati, di adottare normative. Quindi è una scelta europea di essersi dotata di normative unicamente riguardo al diritto di asilo. E chi non ha diritto di asilo? Perché non abbiamo pensato a realizzare norme per valutare chi arriva, per farli lavorare o per fare controlli comuni esterni? C’è perciò una contraddizione concettuale stridente con i valori fondanti dell’Ue, di cui spesso ci riempiamo di parole. Si sarebbe potuto legiferare molto di più, dotandola di strumenti più efficaci, ma non si è fatto”.
LE INDICAZIONI EUROPEE MAI SEGUITE
Nel giugno 2014 infatti, ha messo in luce Moavero alla fine del suo intervento, furono date indicazioni e non sono mai state seguite. Se ne è riparlato al Consiglio europeo di giugno 2018, lo stesso che si è concluso con il famoso testo deciso dai leader europei che parlano di condivisione, approccio condiviso e sforzo comune, ma che ha fatto più che altro discutere per la dicitura in cui si parla anche di accoglienza su base volontaria.
“Si è tentato di applicarle nei mesi successivi, e l’arrivo di migranti sulle coste europee ha portato alla condivisione di queste persone, prima di valutare se fossero rifugiati o quant’altro. Ma abbiamo visto che questo non diventa una prassi consolidata, ed è enormemente difficile trasferirla in posizioni condivise. Gli arrivi negli ultimi 6 o 7 anni sono stati molto numerosi in Italia, e solo il 10 per cento è rifugiato. Il 90 per cento non hanno diritto di asilo”, ha espresso il ministro.
CHIEDERE AI SINGOLI STATI? LA NEGAZIONE DELL’EUROPA
Altro cruccio, sul tema dell’immigrazione, è quello in cui ci si chiede se si tratta di un problema reale o solamente percepito. “Si tratta di una questione reale amplificata da una percezione dovuta a una chiara sensazione di un non governo, a livello europeo”, è la risposta che arriva dal capo della Farnesina. “Se ciascun sistema nazionale deve rispondere per conto proprio accade questo: la negazione del concetto stesso di Unione europea e la negazione morale del concetto di comunità europea, che se non condivide non è tale”. Parlando con i giornalisti, appena arrivato al Meeting di Rimini, il ministro aveva già sconfessato i suoi colleghi di governo, in particolare il ministro Luigi Di Maio, ribattendo sulla questione dei contributi Ue che “pagarli è un dovere legale dei membri”.
Mentre sulla questione della nave Diciotti aveva smorzato i toni spiegando che “ci sono purtroppo mote difficoltà a trovare quella piena condivisione che spesso viene enunciata a parole e raramente viene praticata nei fatti”,ma che sta “lavorando in questi giorni soprattutto per trovare una sintonia con l’Ue sulla questione migratoria, per noi la più importante di tutte”. Ma che “non trovare l’accordo su questo per l’Europa è molto triste”.
LA BOMBA DI MOAVERO: TASSE E TITOLI DI DEBITO EUROPEO
Le dichiarazioni sulle migrazioni sono arrivate al termine di un incontro in cui si è parlato principalmente di temi economici in ambito europeo, e in cui il ministro ha spiegato che sulla cosiddetta Riforma dell’eurozona “la Commissione europea sta discutendo proposte concrete. Si parla di umanizzare il fiscal compact ma si nota che poi calerebbero le possibilità di deroga, spostando l’attenzione dal deficit al debito pubblico”. Ma ha fatto anche notare che in queste discussioni “non ci sono parole sulle sanzioni degli elementi interni di squilibrio commerciale, e si pensa sempre soltanto a fissare regole interne agli stati”.
“Mentre secondo me si dovrebbe accentuare sempre di più la forza di politiche economiche europee vere”, ha aggiunto il ministro che ha lanciato la sua personale bomba al vetriolo: “Bisognerebbe avere il coraggio di dotare l’Ue, come nella storia dell’unione degli Stati Uniti d’America via via che si creava un insieme sempre più coeso a livello federale, delle tasse europee”. Certo, “è una brutta parola, tasse”, ha provato ad aggiungere, spiegando però che, allo stesso modo, “penso che non sia un peccato mortale parlare anche di emissione di titoli di debito europeo”.