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Sulla Libia, Macron sbaglia. Ma lo scontro non paga

salvini
“Il principale avversario di Macron, sondaggi alla mano, è il popolo francese. Anziché dare lezioni agli altri governi spalanchi le proprie frontiere, a partire da quella di Ventimiglia. E la smetta di destabilizzare la Libia per interessi economici”. L’accusa è lanciata dal ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini.
Come sempre accade nelle situazioni complesse, le dichiarazioni del leader della Lega hanno molte sfumature. Da una parte sembrano eccessive, cariche di retorica e critiche (politiche) fine a se stesse. Dall’altra, svelano qualche elemento.

Per Federica Saini Fasanotti, consulente del Segretario alla Difesa James Mattis sulla Libia per conto della Brookings Institution di Washington, sparate come quelle di Salvini su Macron riguardo la Libia non sono mai utili. In una conversazione con Formiche.net ha detto che quella strategia dell’uomo forte, in un quadro complesso e instabile come quello della Libia e il Mediterraneo, non è positiva: “Credo nella necessità di metterci d’accordo, soprattutto europei e francesi, per sostenere la stabilità della Libia. Anche se concettualmente potrei essere d’accordo con il ministro Salvini, considero quella frase inutile”.

Premesso che Saini Fasanotti si dichiara non allineata al pensiero del ministro dell’Interno italiano sulle politiche di immigrazione, non è d’accordo nemmeno con il comportamento del presidente francese Emmanuel Macron sulla Libia: “La Francia sta commentando un grave errore, così come l’ha commesso nel 2011, quando ha voluto stressare la ribellione della rivoluzione contro Gheddafi. Il regime doveva essere combattuto dai libici e invece è diventato uno scacchiere internazionale, con mille potenze interessate nella Libia. Tra l’altro, per le riserve di petrolio e gas”. L’analista ricorda che sono entrati in gioco Francia, Italia, Russia, Emirati Arabi e Cina.

“Ora la Libia non è pronta per le elezioni, come sostiene l’ambasciatore Giuseppe Perroni.  Il voto è l’apoteosi della democrazia – spiega Saini Fasanotti -.Volere fare un processo elettorale in queste condizioni è pretendere costruire una casa dal tetto. Ci vogliono le fondamenta”. Secondo lei, il pensiero di Macron è sbagliato: “E non lo dico da anti-francese, avrei detto lo stesso con una simile iniziativa italiana. Poi dire che deve essere fatto entro il 10 dicembre è un errore colossale, non si impongono mai date in questi casi”.

E cosa si rischia? Saini Fasanotti ricorda che “la Libia è un Paese frammentato. Non ci sono le istituzioni dello Stato. Accelerare i processi è pericolosissimo. Qualsiasi minaccia di broglio potrebbe innescare una vera bomba. Non dobbiamo dimenticare che ci sono 20 milioni di armi (secondo i dati delle Nazioni Unite) in mano alle milizie”.

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