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Così il FT spiega perché il male infrastrutturale non è solo italiano

Genova morandi, Ponte Morandi

Non solo in Italia lo stato delle infrastrutture è un punto debole che genera preoccupazione. Con un articolo pubblicato oggi sul Financial Times, l’editorialista Tony Barber – già critico in passato sulla vittoria del Movimento 5 Stelle e la Lega in Italia – ricorda una tragedia molto simile a Minneapolis durante l’estate del 2007. Era il 1° agosto del 2007 e, nonostante il crollo del ponte (anche questo inaugurato nel 1967) è avvenuto all’ora di picco del traffico, il saldo delle vittime è stato più basso: 13 morti e 145 feriti. La Transportation Safety Board degli Stati Uniti ha concluso che la causa fu un difetto di progettazione del ponte. La tragedia spinse le autorità a ricontrollare tutte le strutture pubbliche per verificarne lo stato.

L’editorialista si sofferma sulle accuse del leader della Lega, Matteo Salvini, contro le rigide regole europee sui deficit di bilancio per giustificare la riduzione degli investimenti italiani nelle infrastrutture. E ricorda gli interessi del debito pubblico: 132% della produzione economica annuale. Per Barber “il ponte (Morandi, ndt) una volta elogiato come un modello di ingegneria italiana, ora si presenta come una cupa metafora del declino nazionale”.

Nel caso italiano, gli investimenti pubblici per garantire la sicurezza stradale sono diminuiti dopo la crisi finanziaria del 2008. E i costi per mantenere le linee ferroviarie dell’alta velocità e altre reti sono molto più alti rispetto ad altri Paesi europei. L’economia italiana non è più quella degli anni ’50 e ’60, capace di sostenere il proprio sviluppo infrastrutturale.

Ma il problema non è solo italiano. Barber sottolinea che le infrastrutture in decomposizione sono “una piaga che si trova in molte delle economie più avanzate del mondo”. Ed è che nessun Paese al mondo investe le risorse che dovrebbe per garantire il buon stato di strade, ponti, gallerie e altre arterie viali.

“Più di una volta, il presidente Donald Trump ha paragonato gli Stati Uniti a un ‘paese del terzo mondo’ quando si tratta di infrastrutture […] – si legge sul Financial Times -. La Society of Civil Engineers pubblica una pagella sulle infrastrutture della nazione. L’anno scorso l’associazione ha assegnato agli Stati Uniti il miserabile D +”, ricorda l’editorialista. Anche la Germania ha problemi di infrastrutture (con il ponte sul Reno a Leverkusen, per esempio) e il Regno Unito, dove non tutte le prove di gestione pubblico-privato dei progetti sono state positive. Il rischio di un’altra tragedia è latente.

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