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Che ci fa Paperon de’ Paperoni in prima pagina sull’Osservatore Romano?

Paperon de' Paperoni

Paperon de’ Paperoni, il papero più ricco del pianeta, il fantastiliardario di Paperopoli uscito dalla mente dei creativi della Disney, in realtà potrebbe essere esistito davvero e essere stato un vescovo. Avrà sicuramente strappato più di un sorriso (oltre che la curiosità) di Papa Francesco, l’articolo apparso stamane tra le pagine dell’Osservatore Romano a firma dell’arcivescovo metropolita di Benevento Felice Accrocca, in cui si racconta del vescovo di nome Paperone, messo a capo della diocesi di Foligno da Clemente IV nel 1265 e che restò in carica fino al 1285, sotto la carica di Onorio IV.

La storia era già emersa in passato, attestata a fine ottocento dal francescano Konrad Eubel tra le pagine del suo Hierarchia Catholica, e se ci si reca in visita presso la sala dei vescovi del palazzo episcopale di Spoleto, luogo in cui si possono osservare i ritratti di tutti i presuli appartenuti alla diocesi fino ai giorni nostri, è  possibile osservare il ritratto affrescato di Paperonus de Paperonis, appartenente alla facoltosa casata ancora oggi esistente dei Paperoni. La domanda, a questo punto, è se nel momento della creazione del celebre personaggio Disney ci fosse o meno la conoscenza di questa figura cattolica. La tesi normalmente più accreditata vuole che il disegnatore Carl Barks si sia in realtà ispirato al protagonista del Canto di Natale di Charles Dickens, il ricco e avido Ebenezer Scrooge, e quindi non a un vescovo italiano del tredicesimo secolo.

Pare invece che il vescovo Paparone fosse un domenicano, appartenente alla provincia Romana dell’Ordine dei predicatori di cui nel 1251 fu nominato predicatore generale, e che sul finire del proprio episcopato riuscì a promuovere la fondazione di un convento dell’Ordine: queste sono più o meno una buona parte di tutte le informazioni che complessivamente si hanno su di lui. In epoca moderna Fra Paparone viene però ascritto alla famiglia dei de Paparonibus/de Paperonibus, e così comparve nei ritratti con il suo nuovo nome, Paparone de Paparoni. Pura coincidenza o legame più profondo, quello tra i vescovo domenicano e il ricco personaggio di Paperopoli?

Forse per comprendere il mistero bisognerà rifarsi agli anni del dopoguerra in cui in Italia la Mondadori acquistava i diritti Disney nel celebre giornalino a fumetti Topolino, diretto da Mario Gentilini e costruita sulle traduzioni e sulle sceneggiature delle storie americane operate da Guido Martina, si spiega nell’articolo. Pare infatti che la prima ipotesi del nome da assegnare al ricco Papero fu Avaro Papero, subito però scartata per la cacofonia che ne sarebbe uscita. E lì forse, come scrive Dario Fertilio sempre nella stessa edizione dell’Osservatore Romano, accadde che allo sceneggiatore sia saltato in mente il ricordo di questo buffo nome, segnato tra i volti dei vescovi immortalati sulle pareti del palazzo episcopale di Foligno.

“Ci sono alcuni preti, vescovi e congregazioni religiosi che professano la povertà e vivono da ricchi. Sono epuloni religiosi cristiani”, diceva invece soltanto alcune settimane fa l’attuale pontefice, ricevendo in udienza nella Sala Clementina e in occasione del suo cinquantenario di fondazione la Roaco, la Riunione Opere Aiuto Chiese Orientali guidata dal prefetto della Congregazione per le Chiese orientali Leonardo Sandri, riferendosi tuttavia non a lontane figura di storia medievale ma a religiosi che oggi vivono e agiscono all’interno della Chiesa, e che guardano alla Chiesa “povera e per i poveri” di Francesco come se nulla fosse. “Vorrei che questi epuloni religiosi cristiani, qualche vescovo, qualche congregazione religiosa si spogliasse di più in favore dei suoi fratelli delle sue sorelle”, aveva infatti chiesto loro il Papa in quell’occasione.

Mentre soltanto alcune settimane prima Bergoglio, da Santa Marta, affermava, con la solita determinazione che lo contraddistingue, che “accusare ricchi e capitalisti di egoismo non è da comunisti, è il Vangelo”. Niente a che vedere, direttamente, con la curiosa storia del fumetto americano e della somiglianza del nome al vescovo cattolico di epoca medievale, di cui è “inutile cercare però un riferimento nell’albergo genealogico dei Paperi, che è una creazione molto successiva del fumettista Don Rosa, apparsa per la prima volta in Norvegia e adottata in Italia verso la fine degli anni novanta”, come scrive Fertilio.

Però forse un legame con la ricchezza nella Chiesa, accumulata in maniera poco evangelica dai “ricchi epuloni cristiani”, c’è, visto che persino san Matteo nel capitolo 6 del suo Vangelo diceva “non accumulatevi tesori sulla terra” ma “accumulatevi invece tesori nel cielo”. Anche se, nel fumetto, “giustizia è stata resa infine a Paparone de Paperonis, poiché la versione italiana della Disney si è dimostrata nel tempo persino più vitale dell’originale americana”, conclude l’articolo del quotidiano vaticano. “Il Paperone reinventato da Martina si è a suo modo nobilitato, assomigliando sempre più a un geniale e ossessivo collezionista di monete e avventure, più che a uno spietato tagliatore di teste capitalista”.



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