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Il ponte Morandi è il simbolo dell’incapacità della politica. L’affondo (autonomista) di Toti

“Quel ponte crollato pochi giorni fa ha segnato la nostra storia. Oggi quel ponte da simbolo di sviluppo lo è diventato dell’incapacità di gestire le opere pubbliche. Ma la Liguria deve continuare a vivere: i porti liguri sono il terminale fondamentale delle merci che arrivano in Lombardia e in gran parte d’Italia, perciò da adesso in poi i nostri sforzo vanno moltiplicati. Oggi quel ponte è il simbolo di un rapporto logorato tra politica e cittadini”. Le parole del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, pronunciate al Meeting di Rimini a pochi giorni dalla tragedia di Genova, segnano un punto dirimente nella vicenda del crollo del ponte Morandi: interiorizzare il dolore, dare il massimo delle risposte possibili, e ripartire traendone, per quanto possibile, tutti gli insegnamenti necessari.

“È impensabile e incomprensibile morire nella seconda potenza europea per andare al mare in autostrada. Quel crollo inaspettato apre a catena una serie di interrogativi su quali sono le nostre priorità, su chi è il controllore e chi deve controllare. Serve una divisione seria su chi fa che cosa e si devono distinguere le responsabilità delle amministrazioni: qualcuno ha sbagliato e spetta ai giudici dirlo, però bisogna restituire nel minor tempo possibile le normali condizioni di vita e operare per uscire dall’emergenza”, ha spiegato Toti nel corso del dibattito svolto con altri governatori delle regioni del Nord, i leghisti Massimiliano Fedriga Attilio Fontana, presidenti rispettivamente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e della Regione Lombardia, e con Ugo Rossi, capo della Provincia Autonoma di Trento.

Al centro, il tema dell’autonomia delle regioni e il rapporto pubblico e privato. La conclusione è che, osservando la contrapposizione nel dibattito sulla bontà o meno del ruolo dello Stato nella gestione dei maggiori asset nazionali, esiste ancora una terza via: interpellare le regioni. Il caro vecchio federalismo. “Non sono convito che ci sia male assoluto o bene assoluto da una parte o dall’altra”, dice Fedriga. “I miti che privato o pubblico rubano a prescindere dobbiamo smontarli. Serve un’interazione virtuosa. Dobbiamo avere la capacità di sfruttare a livello nazionale gli asset che abbiamo e che non riconosciamo”, continua, seguito da Fontana. “Siamo passati da una statalizzazione oppressiva a un’inferiorità del pubblico rispetto al privato”, ha infatti ribattuto il governatore della Lombardia. “Io non sono a favore delle nazionalizzazioni ma sono per un riequilibrio delle competenze. È inaccettabile che un privato guadagni cifre inverosimili da un bene pubblico senza che lo Stato nemmeno controlli. Ci sono regole che devono sottendere i rapporti tra pubblico e privato”.

Il tema è infatti la gestione fino ad oggi, ma anche quello dell’agenda politica, del come ci si comporterà cioè d’ora in poi. “Quello che è successo a Genova ci dice due cose”, ha affermato Toti: “che il sistema dei controlli non ha funzionato, e che le nostre infrastrutture hanno un’età elevata, tutte, per cui dobbiamo fare una riflessione. Genova è una grande ferita, ma anche le piccole ferite sono tante, e un grande piano per la messa in sicurezza del nostro Paese è la grande priorità pubblica in questo momento”. Per questo, ha spiegato Toti, c’è “bisogno di accelerare sul tema delle opere pubbliche”. Nel caso di Genova poi “parliamo del primo porto logistico d’Italia, che già sappiamo che costa più della media europea, in termini economici e oggi capiamo anche in termini di sicurezza”.

Toti ha infatti spiegando che in Italia attualmente ci sono “molte scuole che non rispettano le norme sismiche”. Basta pensare che “lo stesso palazzo della protezione civile ligure è in una zona non sismica”. Perciò, rispetto al tema della messa in sicurezza del territorio, per il forzista “anche flat tax e reddito di cittadinanza passano in secondo piano. Lo dico nella consapevolezza che questo può essere un grande volano di sviluppo, perché vuol dire attivare una serie di cantieri che porteranno beneficio alla nostra economia. Più autostrade, porti, aereoporti, elettrodotti. Se girate per il Paese vedrete che quasi ovunque c’è un deficit strutturale”.

Maggiori infrastrutture quindi, più controlli, ma sul tema della nazionalizzazione in pochi sono d’accordo. “Mi sembra una nostalgia della prima repubblica degna dell’ultimo film di Checco Zalone”, ha affermato Toti appena arrivato alla kermesse ciellina. “Lo Stato deve controllare che chi gestisce i suoi beni, sia nell’interesse privato o pubblico, lo faccia bene e nell’interesse della sicurezza, e non deve trasformarsi in un gestore dei suoi stessi beni. Perché quando lo ha fatto non abbiamo avuto buoni risultati, né in termini di efficienza del servizio né di equilibrio dei conti”. Concetto che trova d’accordo il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Rossi. “La parola nazionalizzazione ci porta fuori strada. Quando c’è una concessione, il concessore è lo Stato che fa i controlli rispetto agli obblighi previsti. Il tema è se questi si fanno o meno, a prescindere dal fatto se la società sia pubblica o privata. Quando sento di parlare di arretrare tutto in una logica nazionale penso che c’è un arretramento”.

Tornando invece al dibattito sull’autonomia e il binomio pubblico-privato, Rossi ha aggiunto: “Una volta si diceva, come slogan, padroni a casa nostra: ma quando si acquisiscono le competenze per esercitare ruoli e responsabilità a casa propria non si è padroni ma padri”. In termini di spesa, infatti,  “costa molto meno amministrare dalle regioni che dallo stato centrale, e in termini di controllo la filiera è sicuramente più corta, e ciò che non va è più visibile. Dobbiamo scommettere sulla responsabilità di gestire i territori”, ha affermato.

Durante la sua comparsa al Meeting, Toti ha poi rivelato che la regione Liguria potrebbe costituirsi parte civile: “Non lo escluderei affatto. La Liguria vuole la verità e fino in fondo, quindi aspettiamo di conoscere come la procura della Repubblica intenderà impostare questo processo: i periti sono stati nominati, ora c’è la fase istruttoria e la regione sarà presente. Gli enti locali hanno il diritto di fare parte delle commissioni di controllo. Chiederò all’esecutivo di valutare se le concessioni sono gestite con efficienza e sicurezza dal governo centrale”.

Nella notte, poi, ha concluso, “è arrivata parte della relazione tecnica ministeriale che sta accertando la staticità dei tronconi rimasti in piedi, che pongono problemi di tenuta statica ma non comportano rischi immediati, perché l’area è stata sgomberata totalmente e interdetta da circolazione umana. Da Commissario della Protezione civile ho mandato un sollecito a intervenire e presentare alla Pubblica amministrazione un piano di messa in sicurezza definitivo, oltre che di demolizione del ponte. Se nelle prossime ore però Autostrade non presenterà i suoi piani, il sollecito diventerà ingiunzione, e noi agiremo con i nostri poteri per abbattere il ponte. Ho già parlato col procuratore di Genova Cozzi, che ha dato ampia disponibilità e che è d’accordo sul fatto che le esigenze di salvaguardia sono prioritarie anche su quelle di giustizia. Ma non è un lavoro facile”.

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