Dopo le ore del doveroso silenzio – più un vano auspicio che una realtà, considerato che le polemiche più truci sono partite a macerie ancora fumanti – intorno la tragedia di Genova si è scatenata una caccia al colpevole da lasciare senza fiato. Anche senza entrare nel merito, non si era mai assistito a un simile fuoco di fila delle massime autorità del governo, contro un soggetto – quale che fosse – indicato ai cittadini come condannato, senza necessità di processo. Pubblico Ministero e Giudice, riuniti nelle figure apicali dell’esecutivo, in barba a qualsiasi elementare prudenza. Giuridica, prima ancora che politica. Sia chiarissimo, sono fra chi ritiene gravemente insufficiente la strategia comunicativa scelta da Atlantia, davanti alla crisi più grave della sua storia. Intollerabile il susseguirsi di comunicati in legalese, miranti a costruire lo scenario del ‘dopo’, quando tutto inevitabilmente approderà in tribunale. Quello vero.
È un errore strategico e una mancanza di rispetto nei confronti delle vittime e del Paese che i vertici di Autostrade siano muti da giorni, lasciando un manager di medio livello (quelli bravi dicono ‘spokesperson’) unico incaricato di gestire la comunicazione e il bollente rapporto con la stampa. Una scelta scriteriata e criticabilissima, ma che nulla ha a che vedere con l’accertamento delle responsabilità. Niente e nessuno, men che meno davanti a 39 morti o chissà quanti di più, può demandare questo potere a soggetti diversi da quelli indicati dalla legge.
L’alternativa è aizzare la folla, confondere legittimi dubbi sulle strategie aziendali di un soggetto privato (i famosi troppi utili, a cospetto di una manutenzione rivelatasi la sospettata N.1, in questi giorni di dramma nazionale) con una furibonda caccia all’uomo nero, il cattivo, il colpevole.
Il rischio, oltre che quello di mettere a repentaglio lo Stato di Diritto, è paradossale: una revoca affrettata di contratti in essere, senza la certezza di motivazioni giuridicamente inattaccabili potrebbe generare un catena di conseguenze uguali, contrarie ed economicamente insostenibili. Non a caso, già minacciosamente accennate da Atlantia (il ‘valore residuo della concessione’) nel legalesissimo comunicato di oggi. Un avviso al governo bello e buono: non ci consegneremo inermi al tribunale del popolo.
Nel frattempo, i mercati hanno reagito nell’unico modo possibile a questo inferno: devastando il titolo Atlantia (nonché di altre concessionarie, che nulla c’entrano con la tragedia di Genova). Il che significa, ovvio, colpire i principali azionisti, a cominciare dal gruppo Benetton, nel mirino dell’odio social. Cerchiamo, però, di non dimenticarlo mai: a perdere quattrini, oggi, sono anche tantissimi piccoli investitori senza nome, che non meritano la condanna senza appello emessa in queste ore. Sono risparmi di cittadini italiani, certamente con meno armi a propria disposizione dei Benetton…
Un accorato appello alla fermezza, ma anche alla freddezza ci sembra il minimo. Le vittime, i feriti, le loro famiglie, la città di Genova non possono essere condannati a un’infinita epopea processuale. Presto, il dolore di troppi sarebbe l’ultimo interesse a essere tutelato.