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Addestratori Usa. Cosa imparare dalla sconfitta. L’opinione di Tricarico

Salone di Le Bourget 2007, se non ricordo male; Ricardo Treven, pilota capo collaudatore di Boeing chiede ad Aermacchi di poter provare in volo il prototipo dell’Aermacchi M346 in esposizione al salone.

Al termine del volo a doppio comando con il capo collaudatore italiano, Olinto Cecconello, Treven redige un rapporto di una paginetta per il suo vertice aziendale, tessendo le lodi del velivolo italiano, ampiamente argomentate sotto il profilo tecnico, e concludendo con la raccomandazione a Boeing di tenere accuratamente d’occhio il velivolo di Alenia Aermacchi per le eventuali prospettive future.
Una splendida palla quella alzata da Treven, del tutto inaspettata e casuale, che però nessuno ha mai schiacciato.

A capo di Finmeccanica c’era allora Pierfrancesco Guarguaglini, il quale, in base ad una sua personale e non negoziabile lista di priorità, aveva collocato il trainer in fondo alla scala, una vera cenerentola, letteralmente accantonata rispetto ad altri progetti ritenuti più meritevoli di attenzione.

Di fatto, se in quel momento si fosse messa in cantiere una iniziativa per un accordo con Boeing, (con cui tra l’altro vi erano ottimi rapporti) per proporre insieme il nuovo trainer all’Usaf, oggi avremmo in tasca un contratto di nove miliardi.

Invece la spinta aziendale per promuovere il velivolo rimase a lungo insufficiente e le successive affermazioni commerciali, pur non trascurabili, sono state ben più contenute rispetto alla bontà del prodotto.

All’Aeronautica Militare invero non sono sfuggite le prospettive di successo in ambito internazionale, tant’è che si fece all’epoca promotrice in ambito Eurac (l’organismo informale che riunisce i capi delle aeronautiche europee) di una proposta volta a basare sulla piattaforma M346 la nascitura capacità europea di formazione dei piloti da combattimento.

Finmeccanica invece continuò nella sua pigrizia, per arrivare addirittura con la gestione Moretti a dare il benservito al “padre” del 346, Massimo Lucchesini, salvo poi tentare di richiamarlo in azienda quando i buoi erano da tempo scappati. Queste le ombre. Fondamentalmente una succulenta e prestigiosa commessa mancata.

Per contro gli esiti della gara hanno confermato la larga superiorità del trainer italiano anche rispetto a quest’ultimo concorrente; quello che ha fatto premio per il successo è stato solo il prezzo, largamente inferiore, dell’addestratore Saab-Boeing.
Soddisfazione non da poco per una qualunque aviazione militare quella di addestrarsi nei cieli in inviluppi di volo ad altissime prestazioni con un caccia più performante di quello in dotazione all’aeronautica degli Stati Uniti.

C’è però un altro aspetto potenzialmente positivo, un’opportunità su cui industria e governo dovrebbero concentrarsi, un ultimo treno da prendere ora che si è appena messo in movimento. Come accennato, l’Aeronautica ha sempre creduto nelle capacità formative del 346, sopratutto se inserite in un contesto, quello italiano, in cui la formazione al volo ha le radici più antiche e profonde di qualunque altro paese. Con questa consapevolezza non ha mai cessato di proporsi a paesi amici ed alleati come centro internazionale di formazione avanzata, attirando l’interesse di numerose aeronautiche anche blasonate, e giungendo al punto, quello attuale, in cui la domanda formativa eccede largamente l’offerta della scuola di volo basata a Lecce. Siamo sulla soglia del salto definitivo di qualità, in questo caso dimensionale, per soddisfare la sempre maggiore domanda formativa sul tavolo e di quella che verrà ed accompagnare gli sforzi di crescita significativa della scuola di volo italiana.

Che almeno questa sfida riaggreghi intorno a un prodotto nazionale di eccellenza tutti coloro che oggi debbono fare mea colpa per la battaglia perduta negli Stati Uniti.

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