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Su Afghanistan Di Maio si affidi al buon senso della Trenta. Parla Minuto Rizzo

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“Quella in Afghanistan è una missione internazionale varata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu dopo l’attacco alle Torri gemelle ed è bene ricordare che un Paese acquista peso e rispetto in base a come contribuisce alla sicurezza internazionale”. L’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, già vice segretario generale della Nato e presidente del Nato Defense College Foundation, commenta così le dichiarazioni di Luigi Di Maio, vicepresidente del Consiglio e capo politico del Movimento 5 stelle, che è tornato a parlare di Afghanistan dicendo che “ce ne andiamo il prima possibile, quella è una guerra in cui non dobbiamo restare”.

Ambasciatore, Di Maio ha parlato in un dibattito alla festa del Fatto quotidiano: è possibile che abbia voluto compiacere un pubblico più sensibile a certi temi?

È possibile che si dicano certe cose per parlare agli elettori, quello che conta è la decisione finale che il governo dovrà prendere entro la fine di settembre quando si dovranno rifinanziare le missioni con l’apposito decreto. Bisogna anche ricordare i fondamentali: ci fu una votazione del Consiglio di sicurezza dopo l’attacco alle Torri gemelle, stiamo parlando di un’azione internazionale, non di una missione americana, con l’obiettivo della pacificazione dell’Afghanistan.

In questo modo si mette in discussione il ruolo dell’Italia nelle missioni?

Un Paese acquista peso e rispetto nel mondo nella misura in cui contribuisce al bene comune e alla sicurezza internazionale. L’Italia ha avuto molto prestigio per aver partecipato a varie azioni di pace come quella in Afghanistan. Alla fine conta solo quello che si fa.

A luglio il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, in audizione al Senato, confermò che l’Italia avrebbe solo ridotto di 200 unità il contingente in Afghanistan, la stessa posizione del governo Gentiloni. C’è una palese contraddizione tra il capo politico e un ministro espressione dello stesso Movimento.

Sembrano posizioni inconciliabili a meno che non sia un gioco delle parti. Come dicono gli americani, un poliziotto buono e uno cattivo. Non so quanto l’onorevole Di Maio vada preso alla lettera. In ogni caso, lì non c’è una guerra anche se una parte del territorio non è controllata dal governo.

Di Maio non fa mai riferimento alla lotta al terrorismo internazionale che in Afghanistan è centrale.

Secondo me è un problema di conoscenza, forse non ha esperienza né supporto tecnico. Se scavasse, vedrebbe che certe parole non sono corrette. Basti dire che gli ultimi presidenti degli Stati Uniti sono andati al governo dicendo che bisognava andarsene dall’Afghanistan, poi alla fine hanno cambiato idea. L’ha fatto anche Donald Trump.

Forse dopo i briefing dei vertici militari che spiegano meglio la situazione?

Da una parte sì, ma anche per una considerazione più complessiva e cioè che si tratta di un’azione internazionale. Inoltre, la missione Nato operativa è finita il 31 dicembre 2014 e oggi Resolute support fa solo addestramento della polizia e delle forze armate. In più la zona di Herat, nell’Afghanistan occidentale dove sono gli italiani, è la più pacifica e antitalebana.

A livello Nato queste posizioni italiane come vengono accolte?

Conta solo la decisione finale, l’Alleanza non entra nelle discussioni interne. Al segretario generale, Jens Stoltenberg, quando è venuto in Italia nello scorso giugno, è stato detto di una riduzione del contingente in Afghanistan, ma anche che l’Italia non lo abbandonerà e la posizione è stata recepita a Bruxelles. Le decisioni del ministro Trenta sono di buon senso: si diminuisce il numero mantenendo gli impegni internazionali, una posizione realista e rivolta a rafforzare le strutture di un Paese che non le aveva.

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