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Attraversare quel ponte. Investire in opere pubbliche e manifattura

ponte

Il Paese ha la necessità vitale di rialzare la testa. Le immagini di sfascio e di morte giunte alla vigilia del giorno di Ferragosto da Genova rendono non più rinviabile questa voglia di riscatto. Esiste un detto ebraico in cui si assicura alla persona amata il passaggio insieme di un ponte. Quando quel passaggio viene meno, si tocca con mano che il futuro è a rischio.

La tragedia accaduta nel capoluogo ligure in questi giorni di festività agostana rappresenta la percezione fisica di questa mancanza di prospettiva e del l’urgenza di una giusta reazione. Si può uscire dal guado in tempi celeri imboccando la strada della ripresa civile ed economica in ambito nazionale.
La crescita civile sta nel senso di ritrovare il gusto dell’agire comune, evitando personalismi e scelte di convenienza individuale, operando al servizio della comunità. Per quanto riguarda la crescita economica occorre, da un lato, scegliere la via degli investimenti pubblici e privati a favore delle strutture materiali ed immateriali di questo Paese; dall’altro, è indispensabile che i medesimi investimenti prendano la via della rinascita industriale e di quella manifatturiera, in particolare.

Insomma: un grande piano per la ricostruzione e la salvaguardia delle opere pubbliche; una determinazione precisa e dettagliata della politica industriale che si intende praticare in Italia. Occorre cambiare paradigma nelle politiche di sviluppo ed innovazione nel senso finora indicato: bisogna creare un rapporto diverso con il territorio, avviando quel piano di opere pubbliche che metta in sicurezza il Paese e iniziando a riconvertire l’industria verso quelle tecnologie che consentano un maggior equilibrio ambientale. Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha usato parole di buon senso sottolineando l’assoluta necessità di un grande piano di rilancio degli investimenti pubblici in infrastrutture a cui il dicastero da lui guidato, insieme agli altri ministeri interessati, sta già lavorando, partendo dallo sblocco delle risorse disponibili per gli interventi di manutenzione che hanno già finanziamenti disponibili. In parole povere, ci sono 118 miliardi di euro di investimenti pubblici da usare subito, ma che devono essere liberati dalle pastoie delle procedure burocratiche.

Per quanto concerne, invece, le scelte di politica industriale, risulta strategico favorire gli investimenti privati, soprattutto di gruppi stranieri, verso le diverse aziende nazionali che si sono affermate sui mercati esteri e che hanno riportato qui da noi tante produzioni precedentemente delocalizzate all’estero. Addirittura, grandi imprese straniere sono venute ad investire in Italia, come dimostrano molti esempi nel campo del settore industriale, in quelli della chimica e della farmaceutica, come in molti altri del comparto manifatturiero. I segnali di ripresa, anche se timidi rispetto agli altri “competitor” europei, giungono proprio dal succitato versante. E sono gli investimenti privati, in particolare modo quelli provenienti da fuori dell’Italia, che possono costituire il vero carburante per far accelerare il motore della crescita manifatturiera, garantendo immediatamente produzioni e lavoro.

È bene sottolineare un paio di esempi riguardante l’industria chimica e quella farmaceutica. Nonostante delle turbolenze in ambito finanziario e geopolitico, per l’industria chimica continuano ad esserci previsioni di crescita in ambito produttivo in linea coi parametri europei e nell’ambito delle esportazioni, soprattutto verso gli Stati Uniti. L’industria farmaceutica va ancor meglio:crescono produzione, investimenti, esportazioni, occupazione. Questo trend si è consolidato ancor di più nel 2017 e presenta prospettive ottime per l’anno in corso. Le imprese della chimica e del farmaco sono di fatto un patrimonio industriale che può rappresentare il vettore per il rilancio dell’intero comparto manifatturiero. Però bisogna agire in tempo utile. La Banca d’Italia, a luglio, ha reso noto che nei primi tre mesi del 2018 le imprese manifatturiere hanno ridotto gli investimenti materiali ed immateriali. Poi, c’è stata una ripartenza degli investimenti stessi. Infine, si è registrata un’ulteriore stasi rispetto ad un quadro economico in difficoltà ed all’attesa sull’evoluzione della domanda interna e di quella estera.

Questo “stop and go” limita i potenziali benefici rispetto agli investimenti finora adottati. Quindi, non bisogna perdere gli effetti di quel poco di ripresa che c’è; si deve ampliare il ciclo di investimenti a favore di opere pubbliche e dell’industria manifatturiera; occorre alleggerire il peso fiscale che grava sui lavoratori e sulle imprese; è una scelta vitale mantenere in Italia gli investimenti delle imprese estere e attrarne di nuovi.

Si tratta di azioni di politica economica, ed in particolare di politica industriale, che possono permettere al Paese di ricostruire i ponti e, soprattutto di attraversarli con fiducia e senso della prospettiva.

L’intervento di Paolo Pirani a Rainews, sulla necessità dell’intervento regolatore dello Stato nei servizi pubblici.



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