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Chiusura domenicale, famiglia e il nuovo mercato del lavoro

I ministri gialloverdi pensano che la vita degli italiani possa essere etero diretta dall’”ope legis” che improvvisano ormai ogni giorno con una superficialità e in assenza totale di cultura che avvilisce chiunque  cerchi di capire che cosa stanno facendo al governo. Sul tema del lavoro, sull’affido condiviso e le domeniche di chiusura degli esercizi hanno un’inqualificabile fantasia.

Il decreto dis/occupazione – n.87/2018 chiamato enfaticamente dignità, ha massacrato il lavoro a tempo determinato di cui ne vediamo già da ora gli effetti con il bollettino in sofferenza dei non rinnovi contrattuali e soprattutto anche quel sistema di incrocio tra domanda e offerta di lavoro affidata alla intermediazione e le agenzie preposte che ne sta ricevendo un danno evidente. Tra le forme di flessibilità, la somministrazione è la più garantita e la più costosa perché, oltre alla parità retributiva, fornisce tutele, welfare e formazione ma la complicazione burocratica apportata dal decreto rende faticosa e rallentata la funzione dell’incontro domanda e offerta che rimane – solo a parole del governo – l’obiettivo da raggiungere per un mercato del lavoro in sofferenza che non trova le figure professionali di cui ha bisogno. Le domeniche tutti a casa intorno al focolare (che non scalda più) tranne i medici di turno negli ospedali e chi lavora nei servizi essenziali è una idea fuori dalla storia e non sarà la chiusura dei negozi per legge che riporterà in questo mondo la pausa della riflessione e dell’intimità familiare secolarizzata. Perché viviamo in una situazione sociale in cui il lavoro è diventato fondamentale per tutti e non è un caso se molte italiane pur avendone bisogno economicamente non riescono ad andare a lavorare per mancanza appunto di servizi che funzionino nell’arco della giornata – e che peraltro mancano – assicurando così la flessibilità necessaria per il tempo di vita e di lavoro.

In Italia come ben si sa e sulla questione tanto abbiamo scritto, le donne schiacciate dal lavoro di cura proprio all’interno della famiglia e a causa di politiche non attente ai bisogni di sostegno alla maternità rimangono escluse dal mercato del lavoro e proprio sui turni per esempio di part time orizzontale o verticale (cioè tre giorni interi oppure il weekend oppure sei mezze giornate) dei servizi commerciali si trova la maggior disponibilità di donne che accettano e cercano un impiego. Dunque questa proposta di legge lanciata in maniera demagogica non fa i conti con un mercato del lavoro in sofferenza che ovviamente con la chiusura eliminerebbe personale e nemmeno sul fatto che le persone che lavorano a loro volta possono gradire immensamente invece proprio in particolare la domenica di poter far acquisti necessari al ménage. E ancora la proposta di legge non conosce ovviamente le regole contrattuali del settore commercio dove non solo il lavoro a turni è ben retribuito con pause settimanali ma il recente contratto sottoscritto ha migliorato sensibilmente sia il salario che la contrattazione di prossimità dove la flessibilità dell’orario di lavoro rappresenta una certezza da programmarsi proprio a livello aziendale con i propri dipendenti.

Sull’affido condiviso dei figli dopo una separazione  poi qui il “ dettato per legge” raggiunge il ridicolo in quanto soprattutto la responsabilità genitoriale non la si inculca obbligatoriamente quando quasi 5 milioni di genitori  hanno sicuramente valutato la difficoltà  per i propri figli di assicurare la loro presenza nella vita dei propri bambini in condizioni diverse e qui né Conte né Salvini che si propongono  ricorrentemente come giudiziosi padri di famiglia non possono essere credibili perché non è ope legis che si garantisce la pace sociale e familiare. Anzi.



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