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Ecco il coro della Chiesa che dice #No al #DecretoSalvini

“Porte più chiuse”. Basta aprire la prima pagina del quotidiano della Cei Avvenire per capire qual è la posizione del mondo cattolico nei confronti del cosiddetto Decreto Salvini sul tema di “immigrazione e sicurezza”, che già dalla presentazione aveva mandato su tutte le furie il segretario generale della Cei Nunzio Galantino, da poco nominato presidente dell’Apsa, in attesa della nomina del suo successore alla segreteria della conferenza episcopale italiana.

“A me sembra strano che si parli di immigrati all’interno del decreto sicurezza. Inserirlo lì dentro significa giudicare già l’immigrato per una sua condizione e viene considerato già un pericolo pubblico per il suo essere immigrato e non per i comportamenti che può avere. È un brutto segnale sul piano culturale perché si tratta di un tema sociale che va affrontato nel rispetto della legalità ma non possiamo considerare la condizione degli immigrati come una condizione di delinquenza”, aveva detto Galantino a TgCom24, criticando il binomio proposto dal vice premier e leader leghista che già dal palco di Atreju aveva messo in guardia la platea.

“Vi do uno scoop, lunedì dopo l’approvazione del decreto sicurezza-migranti, ci sarà l’allarme dell’Onu, Osce, della Croce rossa, di quella bianca, dei vegetariani, dei vegani e degli animalisti perché limitiamo i diritti. Vedrete, ci saranno ricorsi e contro ricorsi, ma io me ne frego. Se devo darmi un criterio di scelta, prima vengono i cittadini italiani”, aveva detto Matteo Salvini in tono di sfida. “Sarà più difficile fare i furbetti per gli immigrati che arrivano in Italia. Se fai domanda d’asilo e prendi a pugni un giornalista o un poliziotto, la domanda d’asilo te la strappo e torni nel tuo Paese”, ha infatti poi spiegato il titolare del Viminale durante la presentazione in Consiglio dei ministri del decreto che porta il suo nome, e che ora dovrà passare al vaglio del Presidente della Repubblica. Un passaggio che fa sussurrare il quotidiano della Cei di “rischio di incostituzionalità”.

“Non voglio tirare per la giacca Mattarella: lui avrà tutto l’agio, quando riceverà formalmente il testo, per fare eventuali rilievi”, ha tuttavia spiegato il premier Conte. “Come Pastori riconosciamo di non possedere soluzioni a buon mercato, ma questo non ci impedisce di continuare a sentirci responsabili di fratelli la cui storia sofferta ci chiede senza mezzi termini di osare la solidarietà, la giustizia e la fratellanza”, ha replicato da parte sua il presidente della Cei Gualtiero Bassetti, in questi giorni alle prese con il Consiglio episcopale della Cei, che si concluderà giovedì con una conferenza stampa, ma che è cominciato, come nello stile ormai introdotto proprio a partire dall’entrata in campo dello stesso presule, con un’introduzione ai lavori breve e sintetica, piuttosto che con la più classica “prolusione”.

“Dall’iniziativa che lo scorso mese ci ha visti sbloccare la situazione della Nave Diciotti, che ha rappresentato un momento importante, tanto nel rapporto con le Istituzioni governative quanto nella sinergia con cui ci siamo attivati per assicurare accoglienza ai profughi”, aveva spiegato Bassetti nell’introdurre i lavori, parlando di una “parola doverosa sul tema dei migranti”. “Per noi credenti l’altro è non solo un essere da rispettare in virtù della sua intrinseca dignità, ma soprattutto un fratello o una sorella da amare, come ci ha ricordato qualche giorno fa il Santo Padre”, aveva affermato ancora Bassetti prendendo a riferimento le parole e la persona di Papa Francesco, in questi giorni impegnato nei Paesi Baltici per il suo viaggio apostolico, con un volo preso mentre la Santa sede rendeva nota la firma dell’importante accordo con la Cina, un successo del pontefice che tuttavia è stato anche oggetto di critiche per la mancanza di dettagli diffusi dal Vaticano.

“In tempi nei quali sembrano ritornare mentalità che ci invitano a diffidare degli altri, che con statistiche ci vogliono dimostrare che staremmo meglio, avremmo più prosperità, ci sarebbe più sicurezza se fossimo soli, Maria e i discepoli di queste terre ci invitano ad accogliere, a scommettere di nuovo sul fratello, sulla fraternità universale”, ha proclamato il pontefice in Lettonia, con una tanto vaga quanto chiara allusione alle posizioni del Gruppo di Visegrád, su cui Salvini scommette a mano aperta e con l’obiettivo di dare l’assedio a Bruxelles. Che da parte sua, non solo stenta a dare risposte, ma stavolta va oltre. Dopo la diffusione della dichiarazione attribuita alla cancelliera Angela Merkel, in cui si spiega che gli “italiani senza lavoro rischiano espulsione da Germania”, oggi si è aggiunto il presidente francese Emmanuel Macron, che dopo l’annuncio della chiusura del porto di Marsiglia per lo sbarco dei migranti della Aquarius, ora sembrerebbero destinati a Malta, con una situazione che però resta ancora aperta.

Ma nel merito del Decreto Salvini sono numerose, a metterle in fila, le polemiche che giungono dal mondo cattolico, in piena opposizione al leader leghista. “C’è molta preoccupazione. C’è paura di nuovi ghetti, di stranieri considerati diversi e quindi persone di serie B. Si temono nuove tensioni sociali ma, soprattutto, si teme di cancellare con un colpo di spugna i diritti fondamentali degli stranieri”, scrive oggi Avvenire, specificando con chiarezza che “società civile, terzo settore, enti ed associazioni impegnati da anni nell’accoglienza e nell’integrazione dello straniero non solo non nascondono i timori ma col decreto sicurezza e immigrazione varato ieri dal Consiglio dei ministri si parla addirittura di elementi di incostituzionalità e illegittimi”. “Il decreto va a colpire diritti solennemente riconosciuti dalla nostra Costituzione e potrebbe avere conseguenze su temi che vanno al di là della questione migratoria, e mira a creare irregolarità non certo a gestire l’immigrazione”, dice il prefetto e direttore del Centro italiano per i rifugiati Mario Morcone, ieri ospite in prima serata del programma di Lilli Gruber su La7 Otto e mezzo, dove, criticando la riduzione della diaria ai migranti ha sostanzialmente parlato di un incremento dell’insicurezza e del rischio aumentato di radicalizzazione.

Di una “gravissima lacerazione del sistema democratico, di norme che vanno in un’unica direzione, che è quella della restrizione della libertà degli individui”, ne parla l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, aggiungendo che nel decreto si direbbe che “le persone non sono tutte uguali” e si presentano provvedimenti che “vanno tutti nella direzione della restrizione delle libertà degli individui”, con “molti profili di illegittimità dal punto di vista della Costituzione e della normativa europea”. Mentre la riduzione del potere del sistema degli Sprar fa parlare il Centro Astalli di una “preoccupazione per gli effetti che le nuove misure introdotte dal decreto potranno avere sulla vita dei migranti e sulla coesione sociale dell’intero Paese”, e il suo presidente padre Camillo Ripamonti di “un passo indietro che non tiene conto da un lato delle vite e delle storie delle persone e dall’altro del lavoro di costruzione che da decenni tante organizzazioni umanitarie e di società civile hanno fatto in stretta collaborazione con le istituzioni, in particolare con gli enti locali, in un rapporto di sussidiarietà che ha rappresentato la linfa vitale del welfare del nostro Paese”.

A cui si è aggiunto anche il consigliere della presidenza nazionale Acli con delega all’immigrazione, monsignor Antonio Russo. “Il Decreto sicurezza sui migranti sembra presentare molte criticità senza risolvere il problema della regolazione dei flussi”, ed “emergono delle violazioni del diritto internazionale, come ad esempio l’abolizione della protezione umanitaria, che si vorrebbe sostituire con un criterio assolutamente arbitrario, come quello dei meriti civili. Chi decide se un atto socialmente rilevante è meritevole di dare al migrante che lo compie lo status di rifugiato?”, ha detto Russo, parlando anche di “principi di arbitrarietà anche la norma secondo cui verrà tolto lo status di rifugiato al migrante che commette un reato” e di “norme che rischiano di creare ancor più irregolarità di quella già esistente, anche a causa del dilatamento dei tempi che si avrà con l’aumento dei ricorsi”.

Stessa reazione dell’associazione Refugees Welcome, secondo cui il decreto “ridisegnerà l’architettura del sistema nazionale di accoglienza in senso negativo”, e per la cui presidente Fabiana Musicco “rappresenta un preoccupante passo indietro”, in cui “invece di potenziare il sistema di accoglienza diffusa gestito dagli enti locali, che ha favorito, in questi anni, reali processi di inclusione per richiedenti asilo e titolari di protezione, si sceglie di rafforzare la logica emergenziale dei grandi centri che, oltre a non garantire alcuna integrazione, genera spesso, a causa dei pochi controlli, abusi e malversazioni”. Ma una domanda, in tutto ciò, emerge sottovoce: se il sistema finora ha funzionato, perché i consensi della Lega, che ne è la prima avversaria, continuano a crescere?


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