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I media cattivi, Di Maio e la lezione di Chávez. Da non ripetere!

“L’operazione di discredito verso questo governo continua senza sosta. Gli editori dei giornali hanno le mani in pasta ovunque nelle concessioni di Stato: autostrade, telecomunicazioni, energia, acqua. E l’ordine che è arrivato dai prenditori editori è di attaccare con ogni tipo di falsità e illazioni il Movimento 5 Stelle. Questo non è più giornalismo libero. Siamo di fronte alla propaganda dell’establishment che si fonda anche su contributi pubblici mascherati come la pubblicità da parte dei concessionari di Stato (quanti soldi prende Repubblica dai Benetton per la pubblicità?). Bisogna fare una legge per garantire che gli editori siano puri e i giornalisti liberi di fare inchieste su tutte le magagne dei prenditori”.

È inevitabile sentire un brivido sulla schiena leggendo l’ultimo post del vicepremier Luigi Di Maio. L’attacco contro editori e giornalisti, secondo lui complici di una “campagna di discredito” contro il suo movimento politico, ricorda purtroppo il discorso di Hugo Chávez. Che dalle parole è passato ai fatti.

Era il 1998 e l’ex Presidente venezuelano arrivava al potere issando la bandiera dell’antipolitica. Si era presentato come un “uomo nuovo”, che avrebbe salvato il Venezuela dalla corruzione, lottando a favore di una ridistribuzione ugualitaria delle risorse economiche e, soprattutto, di una presa di distanza dalla logica dei mercati finanziari e il regime del Fondo monetario internazionale. Déjà vu?

Chávez disse che non voleva far fare al Venezuela la stessa fine dell’Argentina dei primi anni del 2000, quando professori universitari furono costretti a vendere i libri della propria biblioteca per strada per mangiare. La battaglia era contro “il mostro delle politiche economiche neoliberali” che aveva messo in ginocchio un intero Paese. Bisogna sconfiggere le perversità del sistema imperante. La retorica “anti-sistema”.

In quella fase Chávez sosteneva di essere ammiratore della terza via tra il capitalismo e il socialismo. La sua era la ricerca di un capitalismo dal volto umano, rappresentato nel concetto “Socialismo del XXI secolo” del sociologo tedesco Heinz Dietrich Steffan. Secondo l’omonimo libro, questo concetto politico trova fondamento “nella democrazia partecipativa, nell’economia ugualitaria pianificata, nello Stato non classista e, di conseguenza, nella creazione di un cittadino razionale sul piano etico ed estetico”. Esempi? Il Movimiento zapatista in Messico, il Movimiento de los sin tierra del Brasile e la Revolución bolivariana in Venezuela. Peccato che anni dopo lo stesso Dietrich Steffan disse che il processo svolto da Hugo Chávez e Nicolás Maduro nel Paese sudamericano fu un disastroso fallimento.

In quella campagna elettorale Chávez era stato supportato dai grandi gruppi imprenditoriali ed editoriali, quelli che – dopo le sue prime mosse totalitariste nel 1999 -, passarono all’opposizione. Chávez cominciò ad attaccare editori, media, giornalisti, quotidiani e tv. E dalle parole, alle leggi. Leggi, appunto, per garantire la “purezza” degli editori e la “sincerità” dei giornalisti nello svolgimento del proprio lavoro. Come propone oggi Di Maio.

La prima normativa di Chávez sulla “responsabilità sociale” in radio e in televisione è stata il primo silenziatore al potere critico dei media. La legge nasceva, formalmente, per proteggere il pubblico infantile da immagini scioccanti, notizie impressionanti e argomenti hot. Regolava fasce orarie e palinsesti, ma il controllo su temi e toni è andato oltre.

Il giornale Tal cual è stato portato in tribunale e multato per una vignetta (Reporter senza frontiere aveva condannato l’azione come una ritorsione politica contro il giornale), mentre Televen, Globovisión e Venevisión – tutti canali privati con una linea editoriale d’opposizione – hanno ricevuto multe da parte della Conatel, l’istituzione dello Stato che si è ripresa il controllo delle telecomunicazioni nel Paese. Nel 2005, il ministero delle Telecomunicazioni negò il rinnovo della concessione della frequenza al canale d’opposizione Radio Caracas televisión (Rctv). Il discorso anti-sistema, puntato contro media ed editori, minò drammaticamente la libertà di espressione in Venezuela. La triste fine che hanno fatto i venezuelani, la conosciamo. Evitiamola.

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