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Leonardo, la difesa europea, i fondi di Bruxelles e le sfide per l’Italia

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L’Unione europea procede spedita verso la difesa comune. Entro il prossimo marzo l’Europarlamento voterà il progetto di regolamento che istituisce il Fondo europeo per la difesa (Edf), con una dotazione di 13 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. È una partita importante per l’Italia, chiamata a difendere i propri interessi almeno come hanno dimostrato di voler fare Francia e Germania. Su questo, saranno ascoltati domani dalle commissioni Difesa di Senato e Camera, e dalla commissione Attività produttive di Montecitorio, l’ad del campione nazionale Leonardo, Alessandro Profumo, il segretario generale della Difesa e direttore nazionale armamenti, Carlo Magrassi, e il consigliere militare di palazzo Chigi, Carlo Massagli.

LA ROAD MAP

La proposta di regolamento per l’Edf è stata presentata lo scorso giugno dalla Commissione europea, seguendo la pubblicazione della proposta per il Quadro finanziario pluriennale (Mff) 2021-2027. Nell’intenzione dell’organo esecutivo dell’Ue, il Fondo sarà dotato di 13 miliardi di euro, di cui 8,9 per lo sviluppo di capacità, e 4,1 per la ricerca. A spiegare la roadmap futura è stato l’eurodeputato polacco del gruppo dei Conservatori e riformisti europei, Zdzislaw Krasnodebski, relatore del testo nella Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (Itre) del Parlamento europeo. “Puntiamo a rafforzare la cooperazione tra le industrie europee, a sostenere la ricerca e soprattutto l’innovazione nel settore”, ha detto all’Ansa dopo il dibattito, ieri, in commissione. “Per noi la deadline per il voto in plenaria è marzo 2019”. Prima però, saranno i membri dell’Itre a dover discutere il tema offrendo una propria proposta di modifica al regolamento. “Entro dieci giorni c’è la scadenza per gli emendamenti e poi avvieremo i negoziati tra gruppi politici”, ha detto il relatore.

LE TAPPE PRECEDENTI

Il regolamento proposto dalla Commissione segue le tracce dei due test già avviati sul tema: l’Azione preparatoria per la ricerca nel campo della difesa (Padr) e il Programma europeo di sviluppo dell’industria della difesa (l’Edidp). La prima iniziativa, è dotata di 90 milioni per tre anni (2017-2019), 35 dei quali sono stati aggiudicati dal progetto Ocean 2020 (il maggiore), guidato dall’italiana Leonardo. L’Edidp è invece stato approvato durante l’estate, con una dotazione di 500 milioni per il biennio 2019-2020. I risultati delle negoziazioni sulle due iniziative sono già confluiti nella proposta della Commissione, per la quale tuttavia è ancora aperta la partita su regole e cavilli che potranno essere determinanti nella successiva assegnazione dei finanziamenti.

I PUNTI CALDI PER L’ITALIA

Per ora, l’Italia è riuscita a far sentire la propria voce sulla composizione dei consorzi che potranno accedere alle ambite risorse del Fondo. Rispetto alla proposta iniziale dell’Edidp, il testo finale (poi confluito anche nella proposta per il più cospicuo Edf) il progetto della Commissione riguarda solo i progetti collaborativi che che coinvolgono almeno tre partecipanti provenienti da altrettanti Paesi membri, evitando dunque l’ipotesi (per noi un timore) di eventuali assi a due (leggasi Francia e Germania, già dimostratesi volenterose di guidare il processo). Inoltre, si specifica che almeno tre entità stabilite in almeno due Paesi membri non possano essere controllare dalla stessa entità. Per la parte relativa alle capacità, le risorse del Fondo saranno impiegate nella formula del co-finanziamento, elemento che richiede lo sforzo dei singoli Stati in termini di investimenti. Da una base del 20% dei costi coperta dall’Edf, si potrà salire di un ulteriore 10% nel caso di progetti che rientrano anche nella Pesco, mentre altri bonus percentuali sono previsti anche per la partecipazione di piccole e medie imprese (pmi) e mid-cap. Mai, la parte coperta dal Fondo potrà eccedere 30% per i progetti relativi le capacità, mentre per quelli dedicati alla ricerca il finanziamento potrà arrivare al 100%. Criteri piuttosto stringenti riguardano la partecipazione di aziende controllate da Paesi non membri dell’Ue o situate in tali Stati. La possibilità di un loro contributo non è comunque esclusa.

PERCHÉ ANDARE AVANTI

Un deciso endorsement al processo è arrivato qualche giorno fa dal segretario alla Difesa Angelo Tofalo (qui ripreso da Formiche), che ha individuato proprio in questo settore le opportunità per rilanciare il progetto europeo, da anni in crisi rispetto alla spinta dei primi decenni. “Perché non ripartire proprio da qui? Dalla scienza, dalla tecnologia, dal know how, dall’industria e dalla difesa?”, si è chiesto. “Non dobbiamo affatto trascurare – ha aggiunto Tofalo – l’enorme valore simbolico e l’efficacia di poter avere un’unica industria europea. La sua portata sarebbe straordinaria in termini economici e occupazionali e l’impatto che ne conseguirebbe in sviluppo e innovazione sarebbe elevatissimo”. A questo impatto è tra l’altro dedicata la ricerca elaborata da The European House – Ambrosetti e Leonardo, che domenica prossima la presenteranno a Cernobbio in occasione del Forum annuale organizzato da think tank lombardo. Già il titolo è esemplificativo: “La filiera italiana dell’Aerospazio, della Difesa e della Sicurezza. Come creare sviluppo industriale, nuove competenze tecnologiche e crescita per il sistema-Paese”.


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