Skip to main content

F-35, in Afghanistan il debutto combat per gli Stati Uniti

f-35

L’F-35 degli Stati Uniti fa il suo debutto combat in Afghanistan, in supporto alle operazioni di terra. Si tratta di un Joint Strike Fighter in versione B (a decollo corto e atterraggio verticale) in dotazione alla 13esima Expeditionary Unit del Corpo dei Marines, partito dalla Essex, nave di assalto anfibio di classe Wasp. A darne notizia è stato il Comando centrale delle Forze navali (Uscm), che integra al suo interno la quinta flotta americana impegnata nell’operazione Freedom’s Sentinel, erede di Enduring Freedom. In un’area non specificata del Afghanistan, l’F-35B ha compiuto un attacco aereo contro un target definito in supporto alle operazioni di sgombero a terra (ground clearence operations). “Il successo” dell’attività è stato confermato dai comandanti delle forze terrestri.

LA PAROLA AI COMANDANTI

“L’F-35B costituisce un potenziamento significato in teatri anfibi, nella capacità di combattimento aereo, flessibilità operativa e supremazia tattica”, ha detto il vice ammiraglio Scott Stearny, comandante delle Forze navali del CentCom, la cui area di responsabilità copre tutto il Medio Oriente (dall’Egitto all’Iran, penisola arabica compresa) e gran parte dell’Asia centrale (tutti gli “stans”). “Come parte del Gruppo anfibio di prontezza Essex, tale piattaforma supporta le operazioni sul terreno dalle acque internazionali, il tutto mentre abilita la superiorità marittima che rafforza stabilità e sicurezza”, ha aggiunto. “L’opportunità di essere il primo team Navy-Marines (i Gruppi anfibi di prontezza integrano al loro interno unità di differenti Forze armate, ndr) a impiegare un F-35B in supporto alle manovre sul terreno dimostra un aspetto delle capacità che questa piattaforma garantisce alla regione, agli alleati e ai nostri partner”, ha detto il colonnello Chandler Nelms, ufficiale in comando della 13esima Expeditionary Unit dei Marines.

IL DEBUTTO ISRAELIANO

L’operazione in Afghanistan segna la prima volta di impiego operativo per gli Stati Uniti, ma non per il programma nel suo complesso. A maggio, era stato un F-35 israeliano (denominato Adir) a eseguire (secondo fonti di stampa mai smentite) almeno due bombardamenti in Siria contro postazioni iraniane. Un parziale conferma era arrivata dal generale Amikam Norkin dell’Aeronautica d’Israele: “Gli aeroplani Adir sono già operativi e volano in missioni operative; siamo i primi al mondo ad utilizzare l’F-35 in attività operative”.

I PIANI DEGLI USA

Ad ogni modo, l’attività della 13esima Expeditionary Unit garantisce un altro primato al Corpo dei Marines nell’ambito del programma Joint Strike Fighter tra tutte le forze armate statunitensi. Sono stati infatti i Marins, nel luglio del 2015, a dichiarare operativo il primo velivolo, ma anche a integrarlo per la prima volta in una flotta. L’Air Force ha dichiarato la capacità operativa iniziale per la variante convenzionale dell’F-35A solo nel 2016, mentre la Us Navy punta a fare lo stesso per la variante C (per portaerei) a febbraio del prossimo anno. Nel complesso, Washington ha in programma l’acquisto di un totale di 1.763 F-35A per l’Aeronautica, e di 353 F-35B destinati ai Marines. A questi si aggiungono i 260 F-35C che saranno spartiti tra Marines (67) e Navy (tutti gli altri).

LA SCELTA SULLA NUOVA GENERAZIONE DI PROCESSORI

Nel frattempo, il costruttore Lockheed Martin continua a lavorare per ridurre il costo dei velivoli, con l’obiettivo di scendere a quota 80 milioni per un F-35A nel 2020, cifra che renderebbe il prezzo del Jsf pari o inferiore a quello di un caccia di quarta generazione. È inoltre notizia di pochi giorni fa la selezione di Harris Corporation, azienda con base in Florida specializzata in It, per la fornitura della nuova generazione di Integrated Core Processor (Icp), che formeranno il “cervello” dell’F-35, integrando e processando i dati provenienti dalla molteplicità di sensori e strumentazioni. Tale scelta, ha spiegato il vice presidente di Lockheed Martin e general manager per il programma F-35 Greg Ulmer, “avrà effetti positivi per tutti i clienti in termini di ciclo di vita, costi, capacità e affidabilità”. Secondo le previsioni dell’azienda, che integrerà gli Icp di Harris a partire dal lotto 15 (atteso per il 2023), garantirà una riduzione dei costi del 75% rispetto ai processori attualmente in uso, aumentando di 25 volte il potere computazionale.



×

Iscriviti alla newsletter