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La festa degli italiani alla faccia dello spread e della logica

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E da questa mattina molto presto, ben prima dell’apertura, che osservo i dati dei mercati internazionali. Ricordo di aver fatto esattamente la stessa cosa nei torridi giorni nella tarda estate del 2011, quando si annunciava la tempesta che avrebbe spazzato via l’ultimo governo Berlusconi.

Arrivato al pomeriggio, mi sono imposto di concedermi una pausa, dai grafici di una Borsaitaliana in caduta libera e di uno spread minacciosissimo. Non è paura o fastidio, è voglia di capire cosa ci sia di psicologico, istintivo, alla fine umano nell’affidarsi festanti al debito, nonostante decenni di storia italiana ci dovrebbero tenere a mille miglia da questa via.

Bastano pochi minuti di riflessione, lontani dai grafici di borsa e un rapido giro nei social, per capire che siamo di fronte a un atteggiamento puramente fideistico. Non c’è razionalità, non c’è dotta spiegazione, non c’è esempio, non c’è ammonimento che possa preoccupare chi ha deciso di scommettere tutto sull’apparentemente nuovo.

È una narrazione, una favola, si spera non della buona notte. Puoi continuare a ripetere che ci siamo già passati, che con le pensioni baby pensavamo di aver stabilito un record ineguagliabile… non c’è ascolto, non c’è spazio per il dubbio. È come ai tempi della Chiesa comunista, il partito dice e la massa non fa obiezioni. Ci si affida acriticamente ad una visione fanciullesca della vita, dove le responsabilità sono un optional o al più un fastidioso dovere. Milioni di italiani, questo va tenuto sempre ben presente, hanno fatto questa scelta. La sostengono e la sosterranno. Attenzione, come ripete da molto tempo a Rtl 102.5 Davide Giacalone, i padri di questa rivoluzione non sono Di Maio e Salvini, ma Berlusconi e Renzi. Le prime, decisive picconate all’idea che il rispetto delle regole possa essere architrave della crescita, sono arrivate da loro. Gli esempi sono innumerevoli, dall’insofferenza per i ‘tecnocrati’ di Bruxelles alle continue ‘idee’ o minacce di sforare i limiti imposti ai nostri disastrati conti pubblici (disastrati da noi, ma non lo ricorda mai nessuno).

È bene non dimenticarlo, per un’equa distribuzione delle responsabilità, nel difficile autunno che ci aspetta. L’Italia ha energie meravigliose, chi ne sente il peso e la responsabilità farebbe bene a farsi sentire. Altrimenti, a occupare la scena (o la tolda del Titanic) resteranno solo gli adepti della nuova chiesa.

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