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Così Fincantieri potrebbe partecipare alla ricostruzione del ponte di Genova

Di Dario Capotorto
Genova morandi, Ponte Morandi

Nelle ultime ore la stampa ha diffuso la notizia secondo cui la società pubblica Fincantieri, menzionata da esponenti di governo come papabile affidataria della ricostruzione del ponte Morandi di Genova, sarebbe sprovvista delle attestazioni SOA relative ad alcune categorie di lavorazioni indispensabili per realizzare l’opera.

Fincantieri, in particolare, sarebbe in possesso delle attestazioni SOA per le categorie OG7 (opere marittime e lavori di dragaggio), OG11 (impianti tecnologici) e OS 18-A (produzione in fabbrica di componenti strutturali in acciaio), ma non per la OG3 (strade, autostrade, ponti, ferrovie), ovverosia la specifica categoria richiesta dalla natura del lavoro di ricostruzione del ponte Morandi. In effetti, per la realizzazione di opere pubbliche è indispensabile il possesso di un’attestazione SOA relativa alla specifica tipologia di lavorazioni (e per il relativo importo economico) che occorre eseguire.

Le predette attestazioni sono rilasciate da società che hanno il compito di verificare e attestare la capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa delle imprese di costruzioni, abilitandole a realizzare lavori per tipologie e classifiche di importo, proporzionati alle reali capacità produttive certificate dalle società organismi di attestazione (SOA). Tuttavia, le aziende che risultino sprovviste delle attestazioni SOA necessarie per realizzare lavori che ambiscano a eseguire possono correre ai ripari ricorrendo a diversi istituti.

Chiaramente anche Fincantieri potrebbe agevolmente aggirare il problema. Per un gruppo di simili dimensioni un’opzione facilmente percorribile potrebbe essere quella di procedere all’acquisizione di un’azienda o di un ramo di azienda che sia già dotato dell’attestazione SOA in OG3. Una simile operazione straordinaria consentirebbe a Fincantieri di conseguire in tempi rapidi l’attestazione.

In alternativa si potrebbe ipotizzare il ricorso all’istituto dell’avvalimento, che consente alle imprese di farsi prestare i requisiti da altre aziende (ausiliarie) che assumono a loro carico una serie di oneri e responsabilità. Questa strada, tuttavia, potrebbe trovare un ostacolo nelle previsioni dell’articolo 89, comma 11, del decreto legislativo numero 50 del 2016 (che sarebbe poi il decreto con cui è stato approvato l’attuale codice degli appalti). Questa disposizione stabilisce infatti che l’avvalimento non è ammesso qualora nell’oggetto dell’appalto o della concessione di lavori rientrino opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica. Rispetto a un’opera di tale complessità vi sarebbero comunque delle lavorazioni per le quali l’avvalimento potrebbe risultare precluso.

L’azienda, inoltre, potrebbe dar vita a un raggruppamento temporaneo di imprese (disciplinato dall’articolo 48 del Codice dei contratti pubblici) o a un Consorzio coinvolgendo altri partner qualificati nella realizzazione dell’infrastruttura, oltre a poter attivare altre forme di cooperazione previste e disciplinate dalla legge. In conclusione sussisterebbero diverse e valide alternative per aggirare l’ostacolo, garantendo il diretto coinvolgimento dell’azienda di stato nella realizzazione dell’infrastruttura.

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