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Il commercio internazionale oltre le barriere ideologiche. Discutiamone

Di Gianni Pittella
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A molti di noi parlamentari e non, continuano ad arrivare mail di cittadini che ci invitano a respingere la proposta di Ttip, trattato sul commercio e gli investimenti tra Ue  e Usa, proposta che non è più sul tavolo negoziale da più di un anno e credo non vi ritornerà per un bel po’.

Ciò dimostra il grado di perdurante confusione sul tema del commercio internazionale, terreno di scontro poderoso prevalentemente di carattere ideologico e, purtroppo, denso di inesattezze, falsità, argomenti propagandistici, e poco di confronto sul merito.

È ciò che accade anche sul Ceta, accordo commerciale tra Ue e Canada, su cui è in corso la procedura di ratifica dei Parlamenti Nazionali degli Stati della Ue.

Vogliamo provare a costruire un confronto sul merito?

Credo che sia necessario per evitare di essere immobilizzati in una disputa assai sterile tra isolazionisti e globalisti in tema di commercio, giacché il commercio è per sua natura attività economica che valica i confini nazionali producendo ricchezza, posti di lavoro, miglioramento della qualità dei prodotti per i consumatori, se tutto ciò avviene dentro un quadro di regole e non nella competizione selvaggia.

Dovrebbe essere dunque di interesse comune intensificare gli accordi e gli scambi commerciali ma definirne regole e condizioni che non danneggino produttori seri e onesti e consumatori.

Proprio sul Ceta, nel Parlamento Europeo, abbiamo cercato di scrivere regole e condizioni diverse da quelle che nei passati accordi commerciali lasciavano zone d’ombra ampie e preoccupanti.

La prima condizione: gli accordi commerciali da parte della Ue non si fanno con quei Paesi che non rispettano i valori della dignità umana, della libertà, della democrazia, del ruolo della legge, dei diritti umani, della protezione della salute della sicurezza alimentare e dell’ambiente, delle diversità linguistiche e culturali, della libertà e il pluralismo dei media.

Seconda condizione: tutto il processo negoziale che porta ad un accordo non è un affare privato dei contraenti e deve dunque essere monitorabile costantemente da tutti i cittadini. Ciò significa garantire la massima informazione e trasparenza.

Terza condizione: i servizi pubblici vanno esclusi dal Trattato.

Quarta condizione: vanno garantiti al massimo livello la protezione dei consumatori, i diritti dei lavoratori, e la salvaguardia dell’ambiente.

Quinta condizione (forse il punto più criticabile dei precedenti accordi): vanno superate le Corti private nella soluzione delle controversie commerciali che vanno affidate a tribunali pubblici.

Queste innovazioni profonde hanno inaugurato un nuovo modello di accordo commerciale in cui ci sono garanzie più stringenti per i cittadini, i produttori e i consumatori, e vi è una sacrosanta trasparenza in tutti i passaggi negoziali e nella soluzione delle controversie.

Si può fare di più? Certo. Ci sono proposte di ulteriori miglioramenti? Discutiamone apertamente.

Ciò che invece non è proprio di una classe dirigente rispettabile, è non affrontare le questioni nel merito, rifugiandosi nel recinto degli ideologismi o peggio ancora della propaganda.

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