Una manifestazione contro la paura. E contro il governo gialloverde. È questo il senso del corteo del Pd che domani partirà alle 14 da Piazza del Popolo. Inizialmente convocato per il 29 settembre, il raduno dei militanti di partito è stato spostato al giorno successivo per evitare la concomitanza con il derby della capitale. Tutti i big del partito hanno confermato la propria adesione, da Renzi a Calenda, da Giachetti a Orfini, passando per Zingaretti, Martina, Delrio e Franceschini. In piazza ci saranno anche le associazioni sociali più vicine alla sinistra: le Acli, Arci, Anpi e alcune rappresentanze sindacali.
Ma come arriva il Pd al 30 settembre? Senz’altro notevoli sono le fratture. Il voto del 4 marzo ha decretato lo sprofondamento del valore elettorale del principale partito socialdemocratico italiano, con il 18,8%. Un punteggio molto lontano dal 40% raccolto alle ultime europee nonché il peggior risultato della storia del Pd. E anche le ultime amministrative di giugno non hanno portato buone nuove al Partito Democratico che è passato dal governo di 76 comuni capoluogo a soli 46, a tutto vantaggio di Lega e M5S. Il dato negativo, in realtà, è in linea con la fase di crisi delle socialdemocrazie europee con le uniche eccezioni del Psoe spagnolo e, ancora di più, del Partito Laburista di Corbyn che alle elezioni del 2017 ha convinto il 40% degli elettori inglesi.
Dalla formazione del governo che ha escluso le forze progressiste in favore di un’alleanza “sovranista” il Pd ha provato a riorganizzarsi.
Matteo Orfini, presidente del Partito Democratico, ha avanzato la proposta di sciogliere e rifondare il Pd. “Stracciamo lo statuto del Pd, sciogliamolo e rifondiamolo. Non serve cambiare nome. Mettiamo insieme un pezzo di Paese che non condivide le politiche di questo governo: dobbiamo costruire una risposta dopo la sconfitta che sia all’altezza della sfida” – ha detto Orfini nel corso della sesta edizione di Left Wing -. “Il partito com’è oggi non funziona. Mi rivolgo a tutti, basta questa distinzione con la società civile, decidiamo insieme la linea politica e la leadership”. Una proposta estrema che non ha raccolto troppi consensi anche perché i risultati si potrebbero vedere solo nel lunghissimo periodo mentre le elezioni europee sono solo la prossima primavera.
Carlo Calenda ha provato, senza successo, a praticare una strada meno drastica. L’ex ministro dello Sviluppo Economico porta avanti l’idea di un partito più progressista, che allarghi il fronte elettorale con a guida Paolo Gentiloni. Calenda ha lanciato l’iniziativa di una cena a tre con Marco Minniti, ex ministro dell’Interno, e gli ex premier Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. “La storia della cena è stata il paradigma di un partito dove non si riesce più a parlare. Io sarò stato anche ingenuo, dovevo capire che le regole della politica non sono quelle di un mondo normale ma almeno ci ho provato” – ha detto Calenda oggi in un’intervista al Messaggero. La vicenda si conclude con un pranzo a due tra Calenda e l’ex premier Gentiloni, che oggi propone per la guida del Pd. “Paolo è una persona seria. Oltre ad avere una grande autorevolezza in Italia e all’estero. Ecco perché per me deve essere lui a guidare un fronte largo dei progressisti superando il Pd”.
Nicola Zingaretti è entrato nel flusso mediatico relativo alle “cene di Calenda”, cenando in trattoria con un imprenditore del Mezzogiorno di una piccola azienda, un operaio, un amministratore impegnato nella legalità, un membro di un’associazione in prima fila sulla solidarietà, un giovane professionista a capo di un’azienda Start Up, una studentessa ed un professore di Liceo. Un modo per comunicare una maggiore vicinanza alla “società civile” e per candidarsi alla guida del Partito ripartendo dal “basso” e dai corpi intermedi. L’iniziativa del Presidente della Regione Lazio culminerà il 13 e il 14 ottobre con “Piazza Grande”, un evento in cui delineerà le linee programmatiche del “suo” Partito Democratico.
Il nodo della scelta di una data per il congresso Pd è stato sciolto dal segretario Maurizio Martina che ha fissato nel 27 gennaio, quindi circa 4 mesi prima delle elezioni europee, la data delle primarie del partito. Roberto Giachetti lo scorso 18 settembre aveva iniziato uno sciopero della fame proprio per chiedere la fissazione di una data certa per il congresso Pd. Giachetti, pur plaudendo all’assunzione di responsabilità di Zingaretti non ne sposa la linea politica, mente ha difeso le posizioni progressiste di Calenda, minimizzando lo scivolone della cena organizzata via social.
Non ha oggi un candidato la corrente “renziana” del Pd. “Non mi candiderò contro Zingaretti” – dice oggi Matteo Renzi in un’intervista al Corriere della Sera – “Sto facendo una battaglia educativa e culturale nelle scuole, nel mio collegio, girando il mondo contro la filosofia della paura. Non sono candidato alla segreteria, non sono candidato alle europee. […] Il candidato arriverà con il Congresso. Ma in questo momento è l’ultima delle mie preoccupazioni: questi (il Governo in carica n.d.r) stanno bloccando il Paese, magari il problema fosse il segretario del Pd. C’è una battaglia di resistenza civile da combattere e io ci sono”.
Il principale partito di opposizione, dunque, oggi cerca un nuovo rilancio e prova a ripartire proprio dalla piazza. Nel corso della manifestazione sarà testata l’iniziativa “Pd in ascolto”: la distribuzione ai manifestanti di un questionario sull’Italia del futuro che saranno poi assistiti da 50 giovani militanti con ipad dedicato. Il materiale raccolto sarà rielaborato e oggetto di analisi nel corso del prossimo forum nazionale previsto a Milano a fine ottobre. Un modo per riprendere il dialogo con quel “popolo della sinistra” che si è sentito sempre meno rappresentato dagli eredi del Pci e che alle ultime elezioni ha preferito disertare le urne o rivolgersi a nuove o inedite offerte politiche.