La collaborazione con Fincanteri, la quota di Vitrociset e i droni di Piaggio Aerospace. L’asse franco-tedesco, il Tempest inglese e la Brexit. È un Alessandro Profumo a 360 gradi quello che si è presentato oggi di fronte alle commissioni Difesa di Senato e Camera e alla commissione Attività produttive di Montecitorio. L’audizione, svolta nell’ambito della valutazione alla proposta di regolamento sul Fondo europeo per la difesa (Edf), è stata occasione per toccare tutti i temi più caldi che coinvolgono il comparto italiano della Difesa. L’ad del campione nazionale Leonardo, ha escluso “frizioni” con l’azienda guidata da Giuseppe Bono, ma ha ribadito altresì l’intenzione di non restare fuori dall’accordo (lato militare) con la francese Naval Group. Ribadita anche la preoccupazione per un estromissione del Regno Unito post-Brexit dai programmi europei, così come il desiderio di procedere sia con il drone europeo (EuroMale), sia con quello made in Italy (P.2HH).
UN FONDO POSITIVO
Prima di tutto però, Profumo ha espresso un giudizio sostanzialmente positivo sul Fondo ideato dalla Commissione europea. Il meccanismo proposto da Bruxelles avrà una dotazione di 13 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, di cui 8,9 per lo sviluppo di capacità, e 4,1 per la ricerca. Si tratta di “iniziative positive e indispensabili”, poiché “nessuno dei Paesi dell’Unione europea ha capacità indipendente di competere con i grandi Stati che investono in aerospazio, difesa e sicurezza, in particolare Stati Uniti, Russia e Cina”, ha spiegato Profumo. D’altra parte, ha ricordato, i fondi europei “sono aggiuntivi e non sostitutivi rispetto ai budget per la difesa nazionali”, e questo pone ogni Paese nella condizione dover investire nel settore per poter accedere ai finanziamenti comuni.
LE PRIME INIZIATIVE
E non è un caso che Leonardo abbia già guadagnato un ottimo posizionamento sulle prime iniziative della difesa europea. È già partita, infatti, l’Azione preparatoria per la ricerca nel campo della difesa (Padr), dotata di 90 milioni per tre anni (2017-2019), e 35 di questi sono stati aggiudicati dal progetto Ocean 2020 (il maggiore), guidato dall’azienda di piazza Monte Grappa e focalizzato sulla sicurezza marittima. “Partecipiamo anche alle seconda iniziativa dedicata alla protezione e al soldato avanzato”, ha rimarcato Profumo. Poi, “partecipiamo attivamente a tre nuovi bandi: il primo orientato a elementi cyber, allo sviluppo di sistemi money cheap per rendere sicuri elementi di comunicazione; il secondo dedicato alle cosiddette high energy weapon (armi laser su cui c’è grande dibattito e su cui abbiamo competenze negli Stati Uniti con DRS e Selex Usa); e poi un progetto strategico”.
EVITARE L’ASSE FRANCO-TEDESCO
Tutto questo rappresenta un posizionamento che dovrà essere messo a frutto nel ben più cospicuo Fondo di difesa europea (Edf), per cui la partita tra gli Stati membri è già iniziata, e si gioca a colpi di cavilli e regole. Una di queste riguarda la composizione dei consorzi aziendali che potranno beneficiare dei finanziamenti del Fondo. “L’Italia ha avuto la leadership nell’affermare che ci siano almeno tre Paesi, eppure resta la possibilità di eccezione, e deve essere eliminata”, ha detto Profumo. Il rischio, ha rimarcato, è che “due Paesi al di là delle Alpi tendano a sviluppare progetti tenendo altri Stati al di fuori”. Il riferimento a Parigi e Berlino sembra puramente voluto. “Sul tema franco-tedesco – ha chiarito il manager – mi preoccupa soprattutto la lettera di intenti siglata l’anno scorso dal presidente Emmanuel Macron e dalla cancelliera Angela Merkel in merito a cooperazioni rafforzate su tutta una serie di aree, dal Fcas (il caccia svelato poi al salone ILA di Berlino, ndr) agli elicotteri”. Nella misura in cui resterà un “discorso bilaterale”, il fenomeno appare “un serio problema” che chiama in causa prima di tutto la politica: “L’Italia – ha detto l’ad di Leonardo – deve decidere e chiedere di sedere al tavolo esattamente come gli altri”.
IL TEMA DEI SOGGETTI AMMISSIBILI E IL NODO BREXIT
Poi, tornando alla regole dell’Edf, c’è il tema dei soggetti ammissibili. La proposta di regolamento pone condizioni stringenti alla possibilità di ricorrere ad attività o fornitori situati in Paesi non membri dell’Unione europea. “È opportuna una deroga”, ha detto Profumo ricordando le attività di Leonardo nel Regno Unito e negli Stati Uniti. “In Inghilterra abbiamo settemila persone”, escludere loro e le attività che l’azienda ha nel Paese (soprattutto elettronica ed elicotteri militari) “sarebbe un grandissimo problema; perderemo competenze e persone poiché verrebbe spezzata la catena del valore”, ha spiegato l’ad tornando sul delicato tema della Brexit, per cui in passato aveva già espresso le proprie preoccupazioni.
VERSO IL CACCIA DI NUOVA GENERAZIONE
Prima di tutto però, serve che il sistema-Paese si organizzi al suo interno. “È necessario un fortissimo coordinamento tra industria e sistema della difesa per identificare i progetti prioritari, prima a livello politico, poi a livello operativo della difesa e infine anche nel rapporto con l’industria, la quale ha necessità di mantenere vive le capacità”, ha evidenziato Profumo. Questo riguarda soprattutto i grandi programmi che stanno giungendo al termine, Eurofighter in testa. “In attesa di capire se ci sarà un ulteriore ordine della Germania per 90 velivoli, cosa che potrebbe portare la produzione fino al 2030, dobbiamo domandarci cosa ci sarà dopo”. Il Regno Unito ha già scelto il Tempest, a cui anche Leonardo partecipa tramite le attività che possiede nel Paese. Per questo, Profumo ha chiesto “scusa” ai parlamenti delle commissioni riunite, non tanto per la partecipazione al programma, quanto per non averla potuto comunicare prima. “Avevamo vincoli di riservatezza che ci obbligavano a non dar informativa a nessuno sulla sua specificità”, ha detto l’ad di Leonardo, ricordando comunque che il Tempest pone il problema “di capire cosa vogliamo fare sul fighter di nuova generazione, che verrà dopo l’Eurofighter e dopo l’F-35”. Se l’Italia vuole le avere capacità, ha chiosato Profumo, “ci sono delle scelte che andranno fatte”.
LA QUESTIONE FINCANTIERI…
Incalzato dalle domande dei membri delle commissioni, Profumo è intervenuto anche sui temi caldi, a partire dalla collaborazione con Fincantieri, il colosso della cantieristica che sta limando i dettagli per allargare al campo militare l’accordo con la francese Naval Group. Da tempo, sono emerse le preoccupazioni di piazza Monte Grappa, che teme di restare tagliata fuori nonostante le eccellenti competenze nel campo della sistemistica impiegata a bordo della navi. D’altra parte, la Francia può già contare su Thales (competitor di Leonardo nel campo) che partecipa al 35% a Naval. “Con Fincantieri abbiamo dei rapporti di collaborazione notevole”, ha comunque affermato Profumo. “Loro fanno la parte navale, noi facciamo tutto il resto, dai sensori ai radar, dai sistemi di comando ai sistemi d’arma”. Per questo, ha ribadito l’ad, “la nostra idea, nell’ambito di ragionamenti su aggregazione internazionale (accordo con Naval, ndr), è di avere la parte architetturale nell’ambito di Orizzonti Sistemi Navali (divisa tra il 51% di Fincantieri e il 49% di Leonardo, ndr)”.
…E QUELL’1,5% DI VITROCISET
A questo si lega un altro dossier industriale, quello che riguarda Vitrociset. A inizio agosto, il 98,5% dell’azienda, leader nei servizi per l’Ict, è stato acquistato da Fincantieri insieme a Mermec, gruppo pugliese che fa capo a Vito Pertosa. L’interesse dell’azienda guidata da Giuseppe Bono riguarda proprio le competenze che Vitrociset ha nella sistemistica e radaristica, che le permetterebbero di presentarsi come fornitore di prodotti completi. Eppure, il restante 1,5% della società con base a Roma resta nella mani di Leonardo, che ha la possibilità di far valere il proprio diritto di prelazione, manifestando interesse e dunque comprando delle quote. “Dobbiamo correttamente valutare cosa ha senso fare sulla base dei prezzi che ci sono stati notificati lo scorso 9 agosto; con il governo al 30% nel nostro capitale, dobbiamo valutare anche l’interesse dell’azionista”. In tal senso, nel più ampio rapporto con Fincantieri, “non c’è nessuna frizione, ma riteniamo che l’interesse dell’azienda debba essere tutelato”, ha detto Profumo.
TRA EUROMALE E P.2HH
Ma nelle prossime settimane le commissioni Difesa saranno chiamate anche a riprendere in mano il dossier dei droni militari P.2HH, realizzati insieme a Leonardo da Piaggio Aerospace, azienda ligure di proprietà del fondo emiratino Mubadala. Lo Schema di decreto ministeriale vale 766 milioni di euro e prevede l’acquisizione di dieci sistemi (ciascuno costituito da due velivoli, una stazione di comando e controllo e il relativo supporto logistico integrato) fino al 2032. Una delle critiche sollevate riguarda l’eventuale duplicazione con il Male europeo, svelato ad aprile e sul cui sviluppo lavorano il gruppo franco-tedesco Airbus, la francese Dassault e proprio Leonardo. Sul tema è intervenuto Profumo: “Sul P.2HH sviluppiamo capacità a 360 gradi, mentre sul Male si tratta di capacità più profonde, ma più focalizzate”. Inoltre, il drone made in Italy si lega a una questione di politica internazionale: “si tratta di decidere se vogliamo avere rapporti con tutta una parte del mondo; uscire dal programma vorrebbe dire guastarli”. E il riferimento è evidentemente ai Paesi del Golfo, e in particolare agli Emirati Arabi. Parallelamente, interessa mantenere la partecipazione all’EuroMale: “Dal punto di vista industriale, per noi è importante che si creino competenze e capacità che, se ci sarà, come auspichiamo, un fighter di sesta generazione europeo, saranno fondamentali per poter esserne parte, come Leonardo e come Italia. Nel mio mondo ideale – ha concluso Profumo – i due programmi convivono”.