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Ecco come Papa Francesco cambia le regole del Sinodo dei Vescovi

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La struttura del Sinodo diventa flessibile per la composizione e i tempi di convocazione. Il documento finale che di volta in volta verrà prodotto, di cui il Papa dovrà decidere se verrà pubblicato oppure no ma in ogni caso a firma di tutti, può essere di tipo deliberativo, cioè direttamente impegnativo per tutta la Chiesa, e non solo consultivo. Infine diventa obbligatoria la consultazione popolare, ovvero verrà introdotto in maniera stabile il coinvolgimento del popolo di Dio. Sono le principali modifiche che Papa Francesco ha introdotto con la nuova Costituzione Apostolica “Episcopalis Communio”, sulla struttura del Sinodo dei Vescovi.

IL DOCUMENTO EPISCOPALIS COMMUNIO DI PAPA FRANCESCO

Con questo documento il Papa ha modificato le regole per le assemblee dei vescovi, nella direzione però che le ha già caratterizzate negli ultimi anni, quella cioè di “una Chiesa costitutivamente sinodale”, e soprattutto in continuità con quella che è la scelta, o la Tradizione, del Concilio Vaticano II. In questo percorso, l’esperienza degli ultimi due sinodi, in particolare quello sulla Famiglia del 2015, è stata fondamentale. Senza considerare quanto fatto in relazione a quello sui giovani che avrà luogo il prossimo mese di ottobre, tutto orientato all’ascolto del popolo di Dio, in questo caso ragazzi e ragazze, con un pre-sinodo fatto di incontri, dibattiti, questionari nelle parrocchie, collegamenti video, infine radunate negli spazi aperti come nel caso di agosto al Circo Massimo.

“La storia della Chiesa testimonia ampiamente l’importanza del processo consultivo, per conoscere il parere dei Pastori e dei fedeli in ciò che riguarda il bene della Chiesa”, vi è scritto nel testo pubblicato dalla Santa Sede, in cui si spiega che soltanto dopo “la consultazione dei fedeli segue, durante la celebrazione di ogni Assemblea sinodale, il discernimento da parte dei Pastori appositamente designati, uniti nella ricerca di un consenso che scaturisce non da logiche umane, ma dalla comune obbedienza allo Spirito di Cristo”. E dall’attenzione “al sensus fidei del Popolo di Dio”, sapendo però “attentamente distinguere dai flussi spesso mutevoli dell’opinione pubblica” (qui il testo integrale).

L’ISTITUZIONE DEL SINODO DEI VESCOVI E LA SUA EVOLUZIONE

Il Sinodo dei Vescovi come noto è stato istituito da Paolo VI nel ’65, per prestare collaborazione al Papa nelle questioni di maggiore importanza, costituendo di fatto una delle maggiori eredità del Concilio Vaticano II. Ed è proprio in questa speciale assemblea che dovrebbe manifestarsi la “comunione episcopale”, da cui il titolo del documento. Che testimonia la sua evoluzione graduale nel corso degli anni, da quanto affermato prima da Giovanni Paolo II  e poi da Benedetto XVI, fino a Francesco, nel cui magistero il tema della sinodalità ha trovato una forte attenzione. Tanto da essere fondamentale, a partire dal tema della “decentralizzazione” toccata nella Evangelii Gaudium fino alla valorizzazione di quel Sensus Fidei del popolo di Dio etichettato come infallibile.

Perciò oggi lo strumento del sinodo “è chiamato, come ogni altra istituzione ecclesiastica, a diventare sempre più un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”, “promuovendo con particolare sollecitudine l’attività missionaria”, si legge nel documento. In cui si spiega anche che “il Vescovo è contemporaneamente maestro e discepolo”. Maestro quando “annuncia ai fedeli la Parola”, mentre “discepolo quando si pone in ascolto della voce di Cristo che parla attraverso l’intero Popolo di Dio, la totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo non può sbagliarsi nel credere”. Per queste ragioni cioè il Sinodo non vive “separato dal resto dei fedeli. Esso, al contrario, è uno strumento adatto a dare voce all’intero Popolo di Dio”.

L’ATTENZIONE DI FRANCESCO ALLA CONSULTAZIONE DEL POPOLO DI DIO

Speciale attenzione nella nuova costituzione apostolica promulgata da Francesco viene data alla “consultazione di tutte le Chiese particolari”, un momento in cui i vescovi si mettono in ascolto dei sacerdoti e dei fedeli laici delle proprie diocesi, che siano singoli, associazioni, consacrati, oppure in forma di consigli presbiterali o pastorali. Quindi, “nella fase che precede l’Assemblea, essa concorre all’individuazione dei temi da discutere”, mentre in quella che la segue “essa promuove, per la propria parte, insieme al Dicastero della Curia Romana competente, l’attuazione degli orientamenti sinodali approvati dal Romano pontefice”.

Sinodi a cui possono d’ora in poi partecipare, “in qualità di invitati e senza diritto di voto, esperti, che cooperano alla redazione dei documenti; uditori, che possiedono una particolare competenza sulle questioni da trattare; delegati fraterni, appartenenti a chiese e comunità ecclesiali che ancora non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica”, e cui “si possono aggiungere alcuni Invitati Speciali, designati in virtù della loro riconosciuta autorevolezza”.

LA PRESENTAZIONE DEL DOCUMENTO E LE CHIAVI DI LETTURA

Il testo si articola così in due grandi sezioni, una dottrinale di 10 paragrafi e una disciplinare di 27 articoli, e sono quattro le chiavi di lettura utili a entrare nella comprensione di quella che è la parte dottrinale, ha spiegato il segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, il cardinale Lorenzo Baldisseri, durante la Conferenza Stampa di presentazione del documento.

La prima, è il riferimento al Concilio Vaticano II, in cui è “centrale il tema della collegialità episcopale”, mentre la seconda è quella del “rinnovamento della Chiesa”, radicato nel fatto che “Papa Francesco non guarda solo al passato, cioè al Concilio Vaticano II, ma anche al presente, cioè all’ora attuale della Chiesa, la quale si va introducendo in una nuova tappa evangelizzatrice domandandole con forza di costituirsi in tutte le regioni della terra in uno stato permanente di missione”. Con l’obiettivo finale di “riplasmare profondamente tutte le strutture ecclesiali, perché diventino più missionarie, cioè più sensibili ai bisogni delle persone, più aperte al nuovo che avanza, più duttili in un’epoca di rapide trasformazioni”. Rendendo in questo modo il Sinodo “più dinamico”, ovvero “più incisivo nella vita della Chiesa”, in particolare nella relazione con le Chiese locali.

“UNA RIFONDAZIONE DELL’ORGANISMO SINODALE”

La terza chiave poi starebbe, ha spiegato il porporato, in quella che è “una vera e propria rifondazione dell’organismo sinodale”. Per passare all’ultima dimensione, quella “ecumenica”, attraverso la quale il Papa mostra che si possa realizzare quella “conversione del papato già auspicata da San Giovanni Paolo II e a cui i nostri Fratelli ortodossi e protestanti guardano con vivo interesse”, ha spiegato il cardinale.

All’evento di presentazione hanno partecipato anche il sotto-segretario del Sinodo dei Vescovi monsignor Fabio Fabene e il professore di Teologia Dogmatica alla Gregoriana Dario Vitali, in quanto consultore della segreteria generale del Sinodo dei Vescovi. “Non si tratta di cambiamenti meramente procedurali, perché a trasformarsi è l’idea stessa del Sinodo”, che “pur senza cessare di essere un coetus Episcoporum che presta aiuto al Romano Pontefice, diventa un’espressione della costitutiva dimensione sinodale della Chiesa, in cui tutto il Popolo di Dio, nella diversità dei suoi membri, viene coinvolto”, ha spiegato Fabene.

IL PRIMATO PETRINO, IL MODELLO DEI PADRI E QUELLO ORTODOSSO

“Quando si pubblica un nuovo documento pontificio, pare d’obbligo sottolinearne la novità”, infine ha concluso il professore Vitali, affermando che “certamente questa dimensione si può e si deve sottolineare per la costituzione apostolica Episcopalis communio”. “Quelle che vengono spesso liquidate come scelte di compromesso manifestano invece come il Concilio, Dei verbum religiose audiens, ha voluto e saputo collocare tutte le acquisizioni dogmatiche del II millennio, soprattutto quelle sul primato petrino, nel quadro di un’ecclesiologia dinamica, in cui riemergevano gli elementi messi in evidenza dall’esperienza privilegiata dei Padri della Chiesa”, ha spiegato il docente. “Tutto in Lumen gentium è ritorno alla Sacra Scrittura e ai Padri”.

E se l’obiezione, ha concluso il professore, “potrebbe essere che l’esercizio della sinodalità nella Chiesa in Occidente è caduta in disuso nel secondo millennio”, è stato lo stesso Papa Francesco ad affermare “che sulla sinodalità la Chiesa ha molto da imparare dalle Chiese ortodosse”. L’interruzione infatti della sinodalità nella Chiesa latina è stata promossa per chiarire le prerogative del Pontefice come “visibile principio e fondamento dell’unità di tutta la Chiesa”, di cui le assunzioni “sul primato e l’infallibilità del papa quando parla ex cathedra costituiscono il punto di arrivo”.



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