Il cronista deve stare sul pezzo, naturalmente, e raccontare quel che avviene e quel che vede. Ma non sarebbe operazione eccentrica gettare lo sguardo, di quando in quando, sull’orizzonte più largo, oltre i motteggi quotidiani, attrezzandosi con le domande semplici: a chi giova? Quali conseguenze comporta? Dove vuole arrivare? Prendiamo il caso della celebrata love story tra i leader della coalizione gialloverde, Salvini e Di Maio (un tempo Di Maio e Salvini, in ordine di grandezza…).
Quattro mesi di contrastato innamoramento e quattro mesi di coabitazione sotto lo stesso tetto. I commentatori più blasonati ci hanno sempre raccontato che il governo porta con sé il balsamo taumaturgico del potere che solidifica anche le unioni che partono claudicanti. È vero. Però… Che dire della ricomposizione sotto lo stesso stellone della destra a tre, con Salvini Berlusconi e la Meloni e il “contratto di governo” per le regioni che andranno al voto nei prossimi mesi? Vero è che la logica aristotelica non è più di moda nella Repubblica delle meraviglie, vero è che Berlusconi sul versante televisivo continua a mostrare una sensibilità così acuta da fargli fare giravolte carpiate (vedi Foa presidente della Rai) e intese faustiane, vero è che la Meloni s’offre da mesi a sostegno del salvinismo sovrano, ma, suvvia, resta comunque complicato raccontare come si fa a marcare una eroica opposizione al governo – di cui Salvini è parte egemone – e al tempo stesso prepararsi a storiche battaglie elettorali sotto le stesse bandiere della Lega!
E non si pensi di convincere con la storiella del ” votiamo provvedimento per provvedimento”: è argomento gracile e neanche mediatizzabile. Dunque ne discende che la destra tende a ricomporsi sotto l’egemonia di Salvini. C’è poi il vasto capitolo delle clausole impossibili del contratto di governo, quelle inserite dai pentastellati, e i cui effetti sulla legge di bilancio appaiono come colpi di maglio alle clausole leghiste. Ogni volta che Tria, il Cireneo che porta in spalla l’adempimento impossibile di tutti i desiderata, cerca un po’ di risorse per i programmi cosmici di Di Maio, fa svaporare gli euri per le promesse leghiste sulle aliquote uniche.
D’altro canto diamo un’occhiata ai sondaggi, nutrimento quotidiano di una generazione di leader succubi dell’ansia da prestazione: Salvini è attorno al 33%, i 5Stelle al 28. Ma la Lega ha solo il 17% dei parlamentari e i 5 Stelle il 32. Di più: in tutta Europa la declinazione populistica trionfante si muove nella direzione della destra. Più o meno xenofoba, più o meno sovranista, ma destra. Al contrario l’epopea dei Cinque Stelle. Il contenuto “ideologico” che quel movimento esprime, rimane oggi un unicum in Europa: la rabbia, il risentimento, l’antagonismo senza sbocco non sono destinati ad avere una lunga durata. Allora cosa dobbiamo intravedere in questo scenario che, peraltro, tiene dentro anche la copertina del Time con il faccione di Salvini nuova star mondiale del sovranismo e all’apice del suo splendore elettorale? Diciamo che, se qualcuno mi dicesse che questa legislatura non durerà cinque anni, io sarei propenso a credergli.