A Roma, giovedì 6 settembre, presso lo Euro-Gulf Information Center (Egic), analisti italiani di alto livello hanno partecipato ad una tavola rotonda per discutere le priorità e gli obiettivi di breve termine della politica estera italiana in Medio Oriente e in Nord Africa (Mena), intitolata “Italy’s Foreign Policy in the Middle East: Keeping track of priorities, goals and alliances in the heart of the Mediterranean”. Sono intervenuti l’ex sottosegretario agli Affari esteri Benedetto della Vedova, il direttore della Nato Defence College Foundation Alessandro Politi, l’esperto di Libia Umberto Profazio e il presidente di Egic, il dottor Mitchell Belfer.
La politica estera è sicuramente l’aspetto che tende a cambiare più lentamente in seguito alla transizione da un governo ad un altro. L’ultima tornata elettorale ha visto l’affermazione del Movimento 5 Stelle e della Lega che avevano promesso in campagna elettorale una profonda rottura con il passato anche in materia di politica estera.
Tuttavia, le dichiarazioni di alcuni membri dell’esecutivo sono in contrasto con le nomine di tecnici in posizione chiave di politica estera come il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, garanzia di continuità. Ad oggi, il nuovo governo sembra preferire un delicato equilibrismo nei confronti di importanti attori internazionali come Unione Europea (Ue), Stati Uniti e Russia, al tradizionale supporto Italiano per lo sviluppo del multilateralismo. Per determinare gli effetti di tale approccio sulla politica Italiana in Medio Oriente è pertanto opportuno esaminare singolarmente i paesi della regione dove L’Italia ha i suoi maggiori interessi.
TURCHIA
L’immigrazione sarà quasi certamente un motivo di contrasto tra importanti membri del nuovo governo e la Turchia. Tanto la Lega quanto il Movimento 5 Stelle hanno fortemente criticato i pagamenti ad Ankara, dal fondo comune Ue, affinché le autorità Turche blocchino le rotte migratorie da Est. Secondo Roma tale provvedimento lascia l’Italia sola nell’affrontare i flussi provenienti dalla rotta Sud Libica. Altra attuale importante fonte di attrito è il supporto Turco a gruppi islamisti. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha pubblicamente lodato l’iniziativa del governo Austriaco che ha espulso dal proprio territorio imam e predicatori legati ad Ankara, favorendo la costituzione di un consenso trasversale tra le destre Europee su questa tematica. Dal punto di vista della sicurezza energetica le relazioni Roma-Ankara sono già tese a seguito del caso della nave Sapiem 12000. Tuttavia, importanti considerazioni di natura economica come i contratti tra il governo di Ankara e Finmeccanica e la necessità di cooperazione a seguito della crisi della Lira Turca, a cui UniCredit risulta particolarmente esposta, fungeranno da argine per azioni concrete.
IRAN
La posizione del nuovo governo di Roma sulla questione Iran è sostanzialmente in linea con quella degli esecutivi precedenti. L’Iran costituisce un mercato emergente e pieno di opportunità per molte imprese italiane attive nei vari comprarti energetici e nelle infrastrutture. Nonostante la recentemente emersa affinità personale tra il Presidente Usa, Donald Trump e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, l’Italia, insieme a Regno Unito, Francia e Germania, continuerà a supportare l’accordo sul nucleare con L’Iran (Jcpoa). Tale posizione è favorita dalla recente approvazione della misura denominata “Eu Blocking Statute Process” che dovrebbe proteggere gli investimenti effettuati dalle compagni Europee in Iran anche dopo la re-imposizione delle sanzioni Usa contro Teheran. Tuttavia non è affatto sicuro che il Blocking Statute riesca a fornire protezione adeguata contro le probabili sanzioni secondarie Usa. Inoltre, con il nuovo governo in carica, lo stato sembra meno incline ad assicurare investimenti effettuatati in mercati emergenti o rischiosi tramite Sace, controllata da Cassa Depositi e Prestiti (Cdp).
SIRIA E LIBANO
Il supporto della Lega all’agenda Russa in Siria e la condanne di Salvini agli attacchi occidentali contro Damasco sono stati fortemente criticati dal Movimento 5 Stelle e dal suo leader, Luigi Di Maio, che ha confermato come la crisi siriana non può mettere in dubbio la posizione italiana, fermamente nel campo occidentale e nella Nato. Questo non impedisce al governo di utilizzare la vicinanza con Mosca per negoziare più favorevolmente questioni economiche interne alla Ue con Parigi, Berlino e Bruxelles ne di cercare di coinvolgere la Russia nella gestione dei vari dossier mediorientali ma è improbabile che Roma cerchi di alienare i propri alleati sul conflitto siriano. La stabilità in Siria è anche cruciale per il proseguimento della missione Onu a guida italiana nel vicino Libano.
NORD AFRICA
In Nord Africa è sicuramente la Libia a rappresentare la questione più scottante per Roma. L’Italia è preoccupata per il protagonismo della Francia nella sua ex colonia, favorito dalla maggiore abilità di Parigi, rispetto all’Italia di interloquire con tutte le principali realtà del paese, a cominciare dal governo di Tripoli riconosciuto dall’Onu, passando per l’amministrazione rivale di Tobruk fino alle influenti milizie di Misurata. Per l’Italia la Libia rappresenta un paese dall’importanza fondamentale sia per gli interessi del colosso energetico Eni, sia perché punto di partenza privilegiato per i migranti in partenza verso l’Europa. Risulta quindi il paese chiave per qualsiasi politica anti-immigrazione che l’esecutivo voglia implementare in futuro. Pertanto, il governo italiano ha cercato ed ottenuto il supporto Usa per organizzare una conferenza della pace a Roma da tenersi il prossimo autunno.
Tuttavia assicurare il successo di tale evento appare problematico per un insieme di motivi. Innanzitutto il supporto il supporto a lungo dell’ amministrazione Trump per il progetto italiano non può essere dato per scontato. Altri problemi sono legati alla riluttanza della Francia a cedere all’Italia il ruolo di mediatore primario e ai recenti scontri nell’area di Tripoli tra le milizie legate al governo riconosciuto dall’Onu. L’Egitto continua ad essere un paese fondamentale per il commercio estero italiano nonostante i rapporti tra Roma e Il Cairo abbiano subito una battuta d’arresto a partire dal 2016 con il caso Regeni. Il nuovo governo italiano sta facendo del proprio meglio per normalizzare totalmente le relazioni con l’Egitto e per incrementare ulteriormente il commercio tra le due sponde del Mediterraneo. Tale sforzo trova conferma nei recenti viaggi in Egitto dei ministri dell’Interno, degli Esteri e del Lavoro. Il Cairo rappresenta anche un partner fondamentale per la stabilizzazione della Libia.
Sebbene nel breve periodo i principali annunci di politica estera potrebbero essere collegati con la questione migratoria, nel medio e lungo periodo il governo non potrà che essere condizionato dal retaggio della politica estera dei precedenti esecutivi e dalla necessità di assicurare stabilità finanziaria e reperire risorse economiche in previsione di un probabile aumento della spesa pubblica.