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Salvini e l’euforia generalizzata. Mala tempora currunt.

Mi è capitato di vedere un video di Matteo Salvini, ministro dell’interno e leader del Partito che secondo i sondaggi è ora di maggioranza relativa, la Lega, accolto da una folla immensa di persone osannanti, nemmeno fosse una star del cinema o il Papa. Questo video ci racconta molte cose, che faremmo bene a non sottovalutare, ma nemmeno Salvini.

Prima di tutto, ci parla della popolarità crescente di un leader che ha fatto della retorica anti-immigrati la narrazione unica esistente in questo Paese. Un misto di razzismo e xenofobia che, visto agito e difeso da un illustre esponente dello Stato, si è diffuso anche tra le persone comuni. Il numero di aggressioni verbali e fisiche a danno di minoranze è aumentato nel Paese. I media non fanno altro che riportare vicende drammatiche. Ma il problema non è poi solo questo. Direte, no?

No, il problema è la reazione che le persone qualsiasi – la nonnina che va al supermercato, il gruppo di signori al bar, la vicina o il vicino di casa, uno zio magari o un qualsiasi parente, conoscente o amico – manifestano di giustificazione, comprensione e in certi casi pure di convinta condivisione. Sì, è sconcertante.

Ma sembra che queste idee non siano nate dal nulla, anzi, che fossero lì, in attesa di essere di nuovo stuzzicate e rinvigorite, pronte ad esplodere. Ed è questo ciò che ci dovrebbe allarmarci di più. Per citare Gramsci, è proprio vero che “la storia è maestra, ma non ha scolari“. Un pessimismo davvero più che giustificato vedendo a che punto ci ritroviamo dopo le esperienze della seconda guerra mondiale, oggi.

In una recente intervista che ho potuto realizzare per CILD a Liliana Segre, nell’ambito di un progetto di ricerca europeo sulla società aperta, è emersa l’amara constatazione che quelle idee “oscene” che volevano la separazione delle razze, il nazionalismo e le frontiere chiuse, la violenza come strumento politico, non fossero morte e sepolte né bocciate del tutto dalla storia, ma solo assopite. Quello che è successo è che è venuta meno la vergogna da parte di chi quelle idee le aveva ancora. Ed è subito il passato che torna: chiusura, odio verso l’altro, esclusione e violenza.

Non sostengo naturalmente che Salvini ne sia la causa. Ci mancherebbe! Dico però che è lo strumento attraverso cui queste idee stanno tornando alla luce. Butta benzina sul fuoco con premeditazine. Lo fa, avvelenando ulteriormente il dibattito pubblico. Lo fa costruendo un nemico che non esiste, cosa efficace per ricompattare le fila di un “popolo” smarrito, incerto e confuso. Con le parole di Don Biancalani: “un tempo gli obiettivi della rabbia e della marginalità in Europa erano gli ebrei. Oggi sono i migranti. ”

I migranti sono nella narrazione salviniana e leghista la causa di ogni male. Ma è davvero così? Il numero di migranti arrivati in Italia è in calo verticale dal 2016. La retorica dell’invasione è una sciocchezza:  una costruzione retorica studiata per solleticare le paure delle persone, un espediente per distrarli dai loro veri problemi: la corruzione, l’evasione fiscale, i bassi livelli di istruzione terziaria, un sistema economico-produttivo decisamente poco competitivo e sviluppato, l’invecchiamento della popolazione e il crollo della natalità,  la disoccupazione crescente con ovvi problemi di carattere previdenziale e pensionistico, l’avvelenamento dell’ambiente e via dicendo.

Mentre lui racconta a una Nazione che sembra seguirlo, che il problema sono un centinaio o un migliaio di disperati su qualche barcone, i problemi delle persone non vengono minimamente affrontati. Poco importa se prendersela con qualche manciata di migranti non risolverà nemmeno di un millimetro questi problemi reali,  loro applaudono, si fanno i selfie, gridano e osannano il leader di turno. Questa è la seconda cosa che il video ci racconta: la creazione di un nemico, anche immaginario, funziona sempre.

Ma gli italiani hanno una tendenza abbastanza spiccata per la creazione di eroi che poi affondano: inneggiano e osannano quello che al momento sembra essere il cavallo vincente.

Ieri era Silvio Berlusconi, l’uomo della provvidenza, quello che “si era fatto da sé” e che rappresentava in un certo senso le aspettative dell’italiano medio: essere ricco, avere tante donne e farsene vanto, aggirare le regole senza essere punito, anzi, essere considerato un furbo. Era l’epoca del populismo televisivo. Quello delle televendite, dei quiz show dove potevi diventare milionario. Insomma, dei venditori di fumo, delle rassicurazioni farlocche, dell’oppio del popolo che veniva pian piano riportato a uno stadio di ebetismo generalizzato.

Poi è stato il turno di Matteo Renzi, un baldo giovane non ancora quarantenne che si era prefisso di rivoluzionare il Paese partendo dalla rottamazione di ferri vecchi nel suo partito, debitamente selezionati tra coloro che non lo appoggiavano, ovviamente e che voleva rinnovare la sinistra facendola diventare di fatto una non sinistra. Ci è riuscito, in parte. Osannato anche lui come l’homo novus. Arrivato in Italia con una ventina di anni di ritardo rispetto al resto dell’Europa. Ma poco importa: anche lui aveva una narrazione che divideva “noi” e “loro”, tra chi era “per il progresso” e chi era “un frenatore” o “la palude”. Insomma, anche con lui questa retorica funzionava bene, ma non abbastanza perché l’eroe è stato rapidamente rimpiazzato.

Oggi, infatti, è il turno di un altro Matteo, il Salvini. La cui retorica “noi” contro “loro” è senza dubbio più forte e convincente delle altre. Berlusconi ce l’aveva coi comunisti, che solo lui vedeva. Renzi contro una parte del suo partito e contro chiunque non fosse d’accordo con lui. Salvini ha fatto il salto: tutto il popolo italiano, che ovviamente coincide con lui e solo con la sua idea, contro un’inesistente invasione di migranti armati di speranze fragili e qualche straccio impolverato. Ha creato la divisione nazionalistica per eccellenza, nessuna invenzione, ha solo adattato un vecchio modo di fare ai tempi presenti.

Ma come dimostra bene la storia recente, con gli italiani è facile finire dalle stelle alle stalle, e di solito, più sei stato portato in alto sulla scala del successo, e più la caduta farà male e la fine sarà miserevole. Questa è la terza osservazione che emerge da questo video e da tutto il resto.

Al terzo punto ne segue un quarto: i problemi seri delle persone sono ora solo attenuati dall’euforia sempliciotta delle folle osannanti, ma mica sono risolti. No, quei problemi stanno ancora lì, al calduccio, in attesa di esplodere in modo forse più fragoroso. Sì, perché chi altro potrà venire dopo questo leader a dirci chi è contro di noi?

Credo che sia tutto possibile, ma c’è un limite. Enche l’Europa matrigna cattiva è già stata una retorica usata in modo disinvolto dai tre leader sopracitati. Quindi è il mondo, di cui facciamo parte, a diventare il prossimo “loro” contro il “noi”? A chi faranno la guerra gli osannatori quando si renderanno conto che il loro reddito non aumenta, le tasse non scendono, i costi impennano comunque, che la qualità della loro vita non migliora di nulla e che il lavoro continua ad essere precario e la pensione un miraggio?

Proprio questa folla acclamante si sentirà tradita e presa in giro. Inizierà a non credere più alle bugie sui migranti che rubano il lavoro, ai complotti galattici, ai comunisti che mangiano i bambini, ai 49 milioni di euro che la Lega, malgrado una sentenza, afferma non ci siano, e a quel punto l’osannato diventerà l’oggetto della rabbia più profonda.

Salvini sta spingendo verso l’alto l’asticella della rabbia, della frustrazione e dell’odio e quindi prevedo un risvolto davvero poco piacevole, per lui ma anche per noi. Mala tempora currunt sed peiora parantur!

Non si può stare all’apice del potere, in una democrazia come la nostra, in un tempo come il nostro, troppo a lungo senza fare niente di concreto e davvero risolutivo dei problemi delle persone. Quindi, a un certo punto, esploderà una frustrazione ben peggiore di quella che lo sta ora sostenendo e facendo veleggiare sopra al 30% dei consensi, secondo alcuni sondaggi.

A quel punto il problema non sarà certo il disastro personale di un leader. Ma il fatto che quando si arriva a questi livelli e si smuovono questi sentimenti, il disastro poi investe tutti e vorrei smentire Gramsci, e che si dimostrasse che la storia è maestra e che noi siamo bravi scolari!

 

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