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Sanzioni a Orban, ecco perché domani si gioca la tenuta dell’Ue (e del Ppe)

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“Non si tratta soltanto di avviare una procedura ma si tratta di stabilire se i riformisti-progressisti hanno ancora la forza di portare avanti un discorso di integrazione europea”. La votazione che si terrà domani al Parlamento europeo per stabilire se procedere con la procedura sanzionatoria contro il governo di Viktor Orban, accusato di violare i valori democratici in Ungheria, non è un voto come gli altri. A essere in gioco sono i valori stessi dell’Ue, ma la votazione sarà una cartina di tornasole per stabilire se le forze progressiste e pro-Europa avranno la forza, alle elezioni del prossimo maggio, di frenare l’avanzata sovranista. A crederlo è Gianni Bonvicini, consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali ed esperto di politiche europee, che raggiunto telefonicamente da Formiche.net ha spiegato il ruolo chiave del Partito popolare nella votazione di domani.

Domani si voterà sull’avvio di un procedimento di sanzioni contro l’Ungheria per possibili violazioni dello Stato di diritto. Perché è un voto così importante?

Le violazioni ci sono, e si sono ripetute nel corso degli anni, quindi non sono cose avvenute ieri, tanto che proprio nella relazione che ha fatto il relatore della Commissione sui diritti civili Ue si dice che l’Unione Europea interviene con un enorme ritardo e che questo ritardo non ha fatto altro che peggiorare le cose. Il significato, quindi, è che l’Ungheria ha violato lo Stato di diritto nel proprio Paese, sta violando le regole su cui si costruisce una democrazia e quindi, a questo punto, visto che si violano i valori contenuti nell’articolo 2 del Trattato, è giusto che si avvii la procedura prevista dall’articolo 7, ossia quella di valutare se c’è un rischio reale per la democrazia in quel Paese.

Tra i gruppi del Parlamento europeo, quello su cui è puntata l’attenzione è il Partito popolare, di cui Orban fa parte. C’è un rischio spaccatura al suo interno?

Questo è l’aspetto politico più delicato di una situazione oggettiva, che è quella che dicevo prima della violazione dei valori fondamentali dell’Ue da parte dell’Ungheria. Il problema politico è proprio che Fidesz, il partito di Orban, fa parte del Ppe e qui le difficioltà nascono da alcuni fatti: il primo è che il capogruppo del Ppe è Manfred Weber, tedesco, che qualche giorno fa è stato indicato dalla cancelliera Merkel come possibile Spitzenkandidat, cioè candidato guida, del Partito popolare europeo alle prossime elezioni del Parlamento europeo. C’è da dire, inoltre, che è bavarese e fa parte del Csu, il partito fratello della Cdu della Merkel, e questo partito affronta a ottobre le elezioni nel land della Baviera. Quindi, da una parte Weber desidererebbe avere sempre un gruppo compatto del Ppe per le prossime elezioni europee, dall’altra le prossime elezioni in Baviera si giocheranno molto sul tema dell’immigrazione e su questo tema vi è un accordo di principio fra la Csu e il partito di Orban.

E questo cosa significa?

Se il Ppe vota massicciamente, compresa la componente tedesca e soprattutto la Csu, a favore della violazione dell’articolo 7, a questo punto si creano delle complicazioni per le elezioni nel land della Baviera. In altre parole, il tema dell’immigrazione diventa un tema su cui l’estrema destra Alternativa per la Germania potrebbe mettere a rischio la vittoria del Csu.

Per questo, dunque Weber è stato prudente?

Sì, mantiene all’interno del Ppe Fidesz in modo da evitare che sul tema dell’immigrazione ci siano delle rotture con l’Ungheria. Però c’è da tener presente che il premier austriaco Sebastian Kurtz, che è cristiano democratico, fa parte del Partito popolare e che per di più è presidente di turno dell’Unione europea, ha detto chiaramente che l’Ungheria va condannata sulle violazioni e che lui raccomanderà al Ppe di votare a favore. Sono pochissimi, naturalmente, i voti che può portare il partito austriaco, ma è significativo il fatto che essendo presidente di turno abbia preso una posizione precisa, pur spaccando il governo austriaco perché alleato con Heinz-Christian Strache, leader del partito nazionalista “Fpo”, contrario alla condanna di Orban.

Tra i componenti italiani, Forza italia ha annunciato che voterà a difesa di Orban, cosa significa?

Non è semplice spiegare, anche perché il presidente del Parlamento europeo fa parte di Forza Italia (Antonio Tajani, vicepresidente di Fi, ha dichiarato che non voterà, perché in quanto presidente è “super partes”, ndr), ma diciamo che ci sarà libertà di coscienza su come votare. La spiegazione della dichiarazione del gruppo è, però, quella di restare vicini a Salvini il quale ha dichiarato che voterà contro l’avvio della procedura, e di distinguersi poi dai 5 Stelle che invece sono propensi a votare a favore. C’è un discorso molto interno italiano, che di fatto spinge Berlusconi – che è sempre stato molto contrario ai giudizi esterni di qualsiasi autorità – a tenere agganciato Salvini al centrodestra italiano.

Che ruolo ha Steve Bannon e il suo “The Movement” in questa avanzata dei nazionalismi?

Bannon ha semplicemente il ruolo di aggregatore del fronte nazionalista e quindi del fronte anti Unione europea, che è uno degli interessi degli Stati Uniti e di Trump, quello del suo indebolimento. Bannon cerca di premere perché i partiti nazionalisti si mettano assieme e non continui quella ambiguità di stare dentro, come Fidesz nel Partito popolare europeo, in aggregazioni moderate e giocare però anche un ruolo nazionalista. Credo che nel disegno di Bannon ci sia l’intenzione di mettere assieme Le Penn, Salvini, Orban, per arrivare ai nazionalisti olandesi e adesso svedesi, creando il grande fronte di destra da contrapporre al fronte moderato o innovatore, riformista. L’ambiguità è proprio all’interno del Ppe, nel Partito popolare si ospitano entrambe le anime, quella europea e quella nazionalista. Se questa ambiguità continuerà, e Weber sembra propenso a mantenerla, rischia di saltare il fronte moderato e di presentarsi frammentato alle prossime elezioni europee. Credo che converrebbe, al Ppe, chiarire la propria posizione al suo interno, espellere – come anche suggerisce Kurtz – Fidesz e le forze che vogliono portare avanti una politica anti unione.

Pensa che alle prossime europee si presenteranno due maxi-formazioni, sovranisti ed europeisti?

Sarebbe il tragitto ideale per il filo-europei, quello di fare chiarezza e non tanto dividersi fra destra e sinistra, che oggi ha poco significato, ma fra progressisti e conservatori. In questo caso progressisti significa partiti che hanno in testa l’apertura, mentre i conservatori sono coloro che spingono per la chiusura, sia nei confronti della globalizzazione che dell’Unione europea. Questo è oggi un discorso contro il vento, in Italia come in Europa e nel mondo, ma è l’unico modo per presentarsi alle elezioni europee. Mettere assieme i riformisti, però, non sarà facile.

Dopo il voto di domani, pensa ci siano rischi per la tenuta dell’Unione europea?

Se domani il voto salva Orban, chiaramente il fronte riformista-progressista subirà una grossa sconfitta. Questo potrebbe configurare un risultato alle elezioni del maggio prossimo. Il voto di domani ha un segnificato politico molto più importante di quanto non si pensi. Non si tratta soltanto di avviare una procedura ma si tratta di stabilire se i riformisti-progressisti hanno ancora la forza di portare avanti un discorso di integrazione europea. Non credo che si arriverà mai ad applicare delle sanzioni all’Ungheria, ma è importante, a livello politico, capire come si schiererano i vari grupp. Su questo, se posso, vorrei aggiungere una cosa.

Prego.

Non vorrei perdermi in tecnicismi, ma in qeusto caso i numeri sono importanti. Guardiamo il precedente della Polonia, per cui si era votato nel settembre 2017 l’avvio della procedura di violazione con un’ampia maggioranza, di 438 voti a favore, 152 contro e 71 astenuti. Sulla procedura contro l’Ungheria si era votato ad aprile 2018, per demandare alla Commissione per le libertà civili se ci fossero effettivamente rischi di violazione dei valori democratici. Ad aprile i voti a favore furono 393, i contrari 221 e 64 asstenuti. Ora, in questo caso i numeri sono importanti: sono diminuiti i voti a favore di questo tipo di risoluzioni, quindi sarà estremamente importante vedere come si voterà domani.

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