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Castità, liturgia e fede. Tutti i temi al Sinodo dei giovani

“Dobbiamo considerare il giovane come uno spazio in cui Dio ci parla e ci chiede di avvicinarci a lui, con un atteggiamento di ammirazione che sia qualcosa di sacro, in cui capire la presenza di Dio. Dobbiamo essere vicini a questi giovani, non sempre le strutture usate finora ci hanno messo in questa posizione di vicinanza. Dobbiamo cercare nuovi strumenti di dialogo. Dobbiamo rafforzare l’opzione preferenziale per i giovani. È un’opzione di tutta la Chiesa, per fare sì che il processo pastorale possa avere luogo”. Le parole di monsignor Manuel Ochogavía Barahona, padre sinodale eletto dalla Conferenza Episcopale di Panamá, Vescovo di Colón-Kuna Yala, toccano un punto centrale per la Chiesa oggi, con l’eco di quell’espressione che nel lontano ’68 diede l’avvio, nella lontana Medellín, di quella tanto dibattuta corrente di pensiero rinominata Teologia della liberazione. Un tema, quello dei giovani, che impegna oggi fortemente la Chiesa e che per tale ragione verrà esaminato nelle discussioni dei padri sinodali di questi giorni, che andranno in scena per quasi tutto il mese. E per la quale nella precedente serata il presidente della Cei Gualtiero Bassetti ha rivelato, forse con un pizzico di esuberanza, che “prima della fine del Sinodo il Papa ci farà una sorpresa”.

Già il cardinale tedesco, noto per le sue posizioni progressiste, Reinhard Marx ha parlato di “rivedere” e di “cambiare non solo la mentalità ma anche strutturalmente” la modalità di essere Chiesa, in una “dimensione più partecipativa”, che è quella espressa finora dal documento Episcopalis communio, sulla riforma dello stesso Sinodo. Tanto che la sociologa Chiara Giaccardi, collaboratrice del Segretario Speciale e docente di Sociologia e processi culturali e comunicativi presso l’Università Cattolica di Milano, nel briefing tenuto per la seconda giornata di interventi ha parlato di “rivoluzione copernicana”, di una “Chiesa che si mette nella posizione dell’emittente e dell’ascoltare”, “non un artificio retorico ma un cambio di postura che mette insieme processi e comportamenti” e che “parte dal mettere insieme questioni reali”, visto che, ha sostenuto la sociologa, “è inutile mettere insieme un modello di Chiesa ideale ma bisogna partire da ciò che c’è”. Ma un tema, tra i tanti trattati, tiene banco su tutti, ed è quello della sessualità. O meglio, della castità prematrimoniale. “Un tema che fa rischiare di far sposare prima di una maturazione consapevole del matrimonio, oppure che provoca un allontanamento dal sacramento o dalla Chiesa. Di quelle coppie cioè che non riescono a vivere la loro vita di relazione senza risvolti intimi. Si è detto che è un tema su cui vale la pena riflettere”, ha spiegato ai giornalisti il nuovo prefetto della segreteria per la comunicazione della Santa Sede, l’ex direttore di Tv2000 Paolo Ruffini. Subito incalzato, su questo passaggio, dal vaticanista dell’Espresso Sandro Magister. “La novità è quella che si sta forse pensando di revocare la castità?”, ha domandato Magister con tono di biasimo.

D’altronde anche padre Giacomo Costa, segretario speciale del Sinodo sui giovani, lo ha detto nei giorni scorsi, “sono i giovani stessi che ci chiedono di non dimenticare certi argomenti. Il documento registra le loro provocazioni”. Facendo riecheggiare, in qualche modo, le parole di Papa Francesco: “sesso e gender non siano tabù”. Tanti tuttavia sono stati i temi affrontati, ed esposti dai Ruffini nella riunione con i giornalisti: “disorientamento di fronte al liberalismo esasperato”, “perdita del senso di paternità o maternità”, “cambiamenti nelle strutture parrocchiali”, “multiculturalità nei contesti di convivenza di diverse religioni”, “del rapporto giovani adulti e di una catechesi che supporti le giovani famiglie”. Molto presente il tema delle migrazioni, ha continuato Ruffini. Di “ragazzi in cerca di benessere che però finiscono per non vivere la loro vocazione originale, abbandonando persino la fede e finendo per non mettere su famiglia. Che cioè nei paesi in cui arrivano non trovano ciò che cercano”. C’è chi ha proposto, inoltre, di creare a un Pontificio Consiglio per i Giovani. Mentre, infine, un altro tema di grande interesse è stato quello della liturgia. Che sia “più adatta ai tempi presenti, più partecipata e comprensibile”, ha riportato Ruffini. Ma alla domanda posta ai relatori, sul valore della liturgia tradizionale, e sulla possibilità che sia questa, e non una propensione sempre più accelerata agli strumenti più esotici e ai ritmi più rapsodici, ad avvicinare i giovani a Cristo, ha risposto il monsignore australiano Anthony Colin Fisher, padre sinodale eletto dalla Conferenza Episcopale d’Australia e Arcivescovo di Sydney.

“Nei paesi ci sono tante diversità”, e “i giovani sono diversi nei loro gusti”, ha detto l’australiano. “Quello che però hanno in comune è un apprezzamento dell’idea che la bellezza conta, che è importante. Le persone sono ispirate da ciò che è bello, e ci sono parrocchie in cui la gente è stanca perché c’è sempre la stessa liturgia, e non si presta attenzione alla musica. Perciò abbiamo capito che anche l’estetica è molto importante. Ciò che non attirerà i giovani si presenta quando non prestiamo attenzione alla liturgia e alla bellezza. Se i giovani trovano un’omelia molto noiosa di certo non ne vogliono più lunghe. Le persone non vogliono essere annoiate, non vogliono brutta musica, che non li ispiri. Non vogliono una Chiesa in cui non vengono accolti dalla bellezza”, ha spiegato Fisher, che ha fatto un mea culpa per la nazione da cui proviene, la cui Chiesa “ha avuto la crisi degli abusi sessuali”. “Quando parliamo dei giovani pensiamo semore a come sono stati feriti, e che non soltanto persone di Chiesa hanno fatto queste cose, ma gli stessi leader della Chiesa hanno reagito così male, mentre dovevamo essere un luogo sicuro per i bambini. ma noi siamo decisi nel rimediare a questo”, ha detto l’arcivescovo. Che si è detto colpito del “realismo” con cui sono stati affrontati certi temi. “Le persone hanno parlato di ciò che volevano ascoltare. Io credo che i giovani saranno orgogliosi di noi. Li abbiamo ascoltati, abbiamo fatto sondaggi e abbiamo dato voce alle loro idee. Abbiamo riconosciuto i nostri fallimenti, li abbiamo confessati e siamo decisi ad imparare dai nostri errori. Ma abbiamo punti di forza: portiamo tanti doni, e portiamo Cristo, e il Vangelo”.

“Nella nostra sala non c’è solo realismo rispetto alle sfide ma anche entusiasmo rispetto alle possibilità. E mi ha colpito l’affetto che il Sinodo esprime, verso i giovani. Ogni volta che un giovane parla il calore che si è sentito in sala, la voglia di ascoltarli, anche quando dicono cose piuttosto difficile, l’amore si poteva realmente toccare con mano”, ha aggiunto l’australiano. Un accenno è stato poi fatto alla teoria del gender, ha spiegato ancora Ruffini, e si è parlato di temi come musica, sport, ecologia. Delle “sfida dell’era digitale” dove c’è “bulimia dei mezzi e anoressia dei fini”. Temi che però faranno sicuramente aggrottare la fronte all’arcivescovo di Philadelphia Charles Chaput, prelato conservatore che non ci tiene a lasciare troppo in ombra le proprie posizioni, ma che al contrario non le manda a dire, creando talvolta scompiglio tra gli altri vescovi, e quindi una certa polarizzazione di posizioni. Che non stona tuttavia con l’invito alla parresìa fatto dallo stesso Papa Francesco, cioè al parlare chiaro. Ma che sicuramente non avrà fatto felici i relatori del documento preliminare del Sinodo Instrumentum laboris, che monsignor Chaput ha tacciato, nella lettera pubblicata dal Foglio, di essere “debole nel suo richiamo alla fede, alla conversione e alla missione”, e che “sembra soffrire da una serie di gravi problemi teologici, incluso: una concezione sbagliata della coscienza e il suo ruolo nella vita morale; una falsa dicotomia tra la verità e la libertà, un interesse pervasivo sugli elementi socio-culturali, l’esclusione di tematiche morali e religiose”.

E che tuttavia trovano eco nella riflessione proposta da don Fortunato di Noto, fondatore di Meter, pubblicata sul quotidiano cattolico on-line Aleteia e intitolata: “A margine del Sinodo dei giovani: Annunciami Gesù, questo mi basta”. Non a caso, c’è anche chi ha chiesto che “il Sinodo non cada in documenti che per loro possano finire per essere lontani. È una questione teologica e non sociologica, in cui le pietre scartate diventano pietre d’angolo. È la teologia del fallimento, si potrebbe dire. Bisogna attenuare l’attrazione verso il lusso e spostarla verso i valori eterni che portano la vera felicità”, ha spiegato ancora Ruffini. “La gioventù è un luogo teologico in cui Dio si manifesta”, ha concluso Ruffini. Ma sulla sessualità c’è già chi prevede il rischio di una possibile ulteriore spaccatura, nel caso di una eccessiva apertura. Come accaduto con il tema dei divorziati risposati al termine dell’ultimo Sinodo sulla famiglia, che ha dato vita all’esortazione apostolica Amoris Laetitia. E che guarda al cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto, che nel primo giorno ha rinunciato al ruolo, per cui era stato eletto, di membro della Commissione per l’informazione del Sinodo dei vescovi. “La sua decisione e’ stata presa per ragioni personali”, ha commentato il sottosegretario del Sinodo Fabio Fabene. 

“Le persone suggeriscono idee. La nuova evangelizzazione ha molti volti diversi. Cristo è Dio fatto giovane e ci rinnova”, ha tuttavia affermato monsignor Fisher, che ha chiosato in modo simpatico lo stato della riflessione sui giovani con una sua personale considerazione. “Io ho osservato con molto rispetto il Santo Padre, che è molto più grande di me, quindi non è di certo giovane. Ma che è lì ogni giorno a darci i benvenuto, rimane sempre con noi, ascolta, e non si può addormentare perché, altrimenti, lo vedrebbero tutti. È sempre attento, prende nota, è una lezione e un esempio per me. Alla sua età lo si potrebbe perdonare se si addormenta o distrae, mentre lui è sempre presente”.



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