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La Chiesa è sotto attacco. Il monito del Papa e il documento finale del Sinodo

“Penso a nostra madre, la santa Madre Chiesa, che è anche la ‘casta meretrix’, santa ma con i figli peccatori, e a causa dei nostri peccati c’è il grande accusatore che profitta. Come dice il primo capitolo di Giobbe: gira, gira per la terra cercando chi accusare. E in questo momento ci sta accusando forte, e questa accusa diventa persecuzione, pure, come i popoli perseguitati dell’Oriente, e diventa anche un altro tipo di persecuzione con l’accusa continua, per sporcare la Chiesa, che non va sporcata”. E alla fine, dopo i saluti e con il microfono ancora inconsapevolmente aperto, confida a chi è vicino: “Sono preoccupato”.

IL MONITO DI PAPA FRANCESCO: “LA CHIESA È SOTTO ATTACCO”

Le parole pronunciate da Papa Francesco, a conclusione delle oltre tre settimane di lavori del Sinodo sui giovani che ha messo a confronto 267 vescovi e 32 ragazzi di tutto il mondo, stavolta suonano di una durezza inedita. Durante le omelie in Casa Santa Marta, diverse volte Francesco aveva pronunciato la medesima accusa, contro il Demonio, quello che il Papa biblicamente chiama il Grande Accusatore. Ma in questa situazione, rivolto all’intera plenaria dei padri sinodali e a chiusura di un evento di così grande rilevanza, l’effetto è dirompente. Difficile negare che Bergoglio non si riferisca alle accuse lanciate contro di lui, le lettere che lo accusano di eresia, il Memoriale che ne chiede le dimissioni, i reiterati attacchi alle sue parole e ai suoi gesti.

“La madre non va sporcata, ed è il momento di difenderla dal grande Accusatore, con la preghiera: per questo ho chiesto di pregare il rosario questo mese di ottobre”, ha ricordato Francesco. “È un momento difficile perché il grande accusatore tramite noi attacca la madre e la madre non si tocca. E adesso lo Spirito santo ci regala questo documento, anche a me, per riflettere cosa vuole dirci”. Un testo, ha puntualizzato il pontefice, frutto del lavoro di un Sinodo, che “non è un parlamento” ma “uno spazio protetto perché lo Spirito Santo possa lavorare su di noi, per questo le informazioni diffuse sono solo generali e non dicono le posizioni particolari di ciascuno”. E il cui risultato non è nel documento in sé, perché “ne siamo pieni di documenti”., ma è lo Spirito che “ce lo dà perché lavori in noi”, che “siamo noi i primi destinatari”: “bisogna fare preghiera col documento, studiare”, “lo Spirito ha fatto tutto questo, e torna a noi”.

IL TESTO DEL DOCUMENTO FINALE

Il testo del Documento finale della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, è stato quindi approvato nel pomeriggio del 27 ottobre nell’Aula del Sinodo, prima di essere consegnato nelle mani del Papa che ne ha autorizzato la pubblicazione. Consta di tre parti, 12 capitoli, 167 paragrafi, 60 pagine, ed è disponibile qui.

LA PRESENTAZIONE DEL PREFETTO RUFFINI

Ed è stato “approvato in tutti i suoi punti con una maggioranza largamente superiore dei due terzi previsti”, ha affermato ai giornalisti il prefetto della comunicazione vaticana Paolo Ruffini, spiegando come all’interno, tra i punti principali, venga “richiesta una sinodalità a tutti i livelli della Chiesa, processi di discernimento comunitario che includa anche coloro che non sono vescovi, con i giovani ci chiedono di camminare insieme”. Oltre “all’opportunità di trovare soluzioni che sollevino dalla gestione amministrativa i parroci, liberandoli dalle troppe incombenze amministrative”, nella necessità di “più presenza femminile a tutti i livelli nel rispetto del ruolo di giustizia ordinato”.

Sul tema della sessualità, uno dei più divisivi tra i padri sinodali, specialmente per il passaggio che riguarda l’omosessualità, si parla, ha spiegato il giornalista, “della bellezza e della visione cristiana della corporeità e anche della castità”, ma anche del “bisogno di una maggiore approfondita riflessione biologica, antropologica e pastorale”. Su quello invece degli abusi viene indicata la volontà di “fare verità e chiedere perdono”, e “che nessun pentimento può porre rimedio”, mentre infine per il mondo del digitale si legge la proposta di introdurre la “possibilità di certificare siti cattolici”.

IL FILO CONDUTTORE E GLI ARGOMENTI PRINCIPALI

Il filo conduttore di tutto il testo, che raccoglie i 362 emendamenti presentati e che complementare all’Instrumentum laboris, in particolare nella suddivisione in tre parti, è l’episodio dei discepoli di Emmaus narrato nel Vangelo di Luca, letto in aula a voci alterne dal relatore generale, il cardinale Sérgio da Rocha, dai Segretari speciali, padre Giacomo Costa e don Rossano Sala, e da monsignor Bruno Forte, membro della Commissione per la Redazione del testo. Lo sguardo è sui giovani, sulle loro difficoltà emotive, lavorative, sui loro diversissimi contesti di vita, sull’allontanamento dalla fede, sul bisogno di parole nuove per l’evangelizzazione. Partendo in primis da empatia e ascolto, uno dei termini più utilizzati sia durante i lavori che, di conseguenza, nel documento finale.

LA MANCANZA DI LAVORO PER I GIOVANI

Tra gli argomenti principali, appunto, la mancanza di lavoro che, “oltre a renderli poveri, recide nei giovani la capacità di sognare e di sperare e li priva della possibilità di dare un contributo allo sviluppo della società”, visto che “in molti Paesi questa situazione dipende dal fatto che alcune fasce di popolazione giovanile sono sprovviste di adeguate capacità professionali, anche a causa dei deficit del sistema educativo e formativo. Spesso la precarietà occupazionale che affligge i giovani risponde agli interessi economici che sfruttano il lavoro”.

Questo punto risente ovviamente anche della diversità di prospettiva dei giovani nei diversi contesti del mondo, perciò in questo paragrafo del testo si passa dalle guerre ai rapimenti, dalla tratta di esseri umani alla schiavitù, allo sfruttamento, ai bambini soldato, ai traffici di droga, agli abusi e alle dipendenze, fino alle esclusioni per ragioni religiose o etniche.

L’ALLARME MIGRAZIONI E XENOFOBIA

Una forte preoccupazione è stata espressa per il fatto che “in molti paesi i fenomeni migratori suscitano allarme e paure, spesso fomentate e sfruttate a fini politici” e “si diffonde così una mentalità xenofoba, di chiusura e di ripiegamento su se stessi, a cui occorre reagire con decisione”. Un’allarme che “riguarda in particolare coloro che fuggono dalla guerra, dalla violenza, dalla persecuzione politica o religiosa, dai disastri naturali dovuti anche ai cambiamenti climatici e dalla povertà estrema: molti di loro sono giovani”, e che “in genere sono alla ricerca di opportunità per sé e per la propria famiglia”.

Fino a descrivere quello dei migranti “paradigma capace di illuminare il nostro tempo e in particolare la condizione giovanile, e ci ricordano la condizione originaria della fede, ovvero quella di essere stranieri e pellegrini sulla terra”, in cui la Chiesa è chiamata, “grazie alla diversa provenienza dei Padri”, “un ruolo profetico”.

L’INCORAGGIAMENTO DELLA PRESENZA FEMMINILE E NEL MONDO DIGITALE

Netto anche l’incoraggiamento “alla presenza femminile negli organi ecclesiali a tutti i livelli, anche in funzioni di responsabilità, e della partecipazione femminile ai processi decisionali ecclesiali nel rispetto del ruolo del ministero ordinato”, “un dovere di giustizia, che trova ispirazione tanto nel modo in cui Gesù si è relazionato con uomini e donne del suo tempo, quanto nell’importanza del ruolo di alcune figure femminili nella Bibbia, nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa”.

Per quanto riguarda il mondo digitale, una sfera senza dubbio legata ai punti in cui si afferma la necessità di un incremento del protagonismo dei giovani nella Chiesa, l’auspicio è “che nella Chiesa si istituiscano ai livelli adeguati appositi Uffici o organismi per la cultura e l’evangelizzazione digitale, che, con l’imprescindibile contributo di giovani, promuovano l’azione e la riflessione ecclesiale in questo ambiente”.

I TEMI PIÙ CONTROVERSI DEL DOCUMENTO

Tra i passaggi più delicati del testo c’è sicuramente quello che riguarda il tema degli abusi, nel capitolo intitolato senza giri di parole “fare verità e chiedere perdono”, si scrive che “esistono diversi tipi di abuso: di potere, economici, di coscienza, sessuali”, e che per questo “si rende evidente il compito di sradicare le forme di esercizio dell’autorità su cui essi si innestano e di contrastare la mancanza di responsabilità e trasparenza con cui molti casi sono stati gestiti”.

Quello dell’omosessualità è stato invece fin dall’inizio un punto sensibile ai padri sinodali, nettamente divisi sull’idea di inserire o meno il termine Lgbt, che alla fine non è presente nel testo finale, ma l’argomento resta comunque il punto che ha ricevuto il maggior numero di voti negativi dai padri sinodali al momento dell’approvazione finale, 64 voti contrari su 248 presenti. “Esistono già in molte comunità cristiane cammini di accompagnamento nella fede di persone omosessuali: il Sinodo raccomanda di favorire tali percorsi”, si legge.

“In questi cammini le persone sono aiutate a leggere la propria storia; ad aderire con libertà e responsabilità alla propria chiamata battesimale; a riconoscere il desiderio di appartenere e contribuire alla vita della comunità; a discernere le migliori forme per realizzarlo”, si legge ancora, con l’aggiunta che “in questo modo si aiuta ogni giovane, nessuno escluso, a integrare sempre più la dimensione sessuale nella propria personalità, crescendo nella qualità delle relazioni e camminando verso il dono di sé”.



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