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Phisikk du role – La legge elettorale europea e i warning (immotivati) alla Consulta

Il 23 ottobre, domani, la Consulta si esprimerà sulla legittimità costituzionale dello sbarramento per l’accesso alla rappresentanza in Parlamento europeo, posto nel 2009 al 4% dalla legge italiana. Com’è noto non esiste una modellistica imposta dall’Europa, ma ogni Stato membro adotta la sua legge elettorale avendo riguardo a pochi principi, tra cui l’adozione di un sistema proporzionale. Perché proporzionale e non maggioritario è presto detto: questa scelta è dettata dalla volontà di consentire la possibilità di accesso alle culture politiche che animano il dibattito pubblico nei singoli Paesi, al fine di garantire il massimo pluralismo possibile, tenendo conto del fatto che la vocazione del Parlamento europeo è, appunto, quella della rappresentanza e non del governo, che viene formato, invece, dagli Stati membri ognuno con un proprio rappresentante nella Commissione.

Lo sbarramento posto nel 2009 è servito, in concreto, solo a tenere fuori dalla rappresentanza quattro milioni e duecentocinquantamila cittadini, pari a quasi il 14% dei voti validi. Nel 2014 gli esclusi furono il 6,6%. Ovviamente l’esclusione era andata tutta a beneficio dei partiti più grandi, che poterono così contenere le perdite o incrementare a dismisura la vittorie ripartendosi le spoglie dei non rappresentati. Abbiamo letto sussiegosi e autorevoli warning posti alla Consulta poggiando sull’argomento della opportunità di non polverizzare la rappresentanza italiana in Europa.

Viene detto: “Cerchiamo di concentrare gli sforzi in pochi partiti per contare di più”. Ma è proprio così’ che va in Europa? Diciamola tutta: nel Parlamento europeo contano solo i gruppi parlamentari. Le delegazioni nazionali si trovano ad agire all’interno dei gruppi (in questa legislatura in tutto sono otto più i non iscritti) di cui il Ppe (moderati) e la Sd (Socialisti democratici) sono la magna pars inglobando da soli il 54% dei parlamentari. Dunque anche le liste nazionali che avessero eletto pochi rappresentanti confluirebbero (come avviene da sempre) nei gruppi presenti nel Parlamento, e questo per ragioni di affinità politica, ma più ancora di logistica e di regolamento del Parlamento europeo che spinge per rendere grama la vita del singolo e sparuto deputato e incoraggia le aggregazioni.

Qual è allora il problema? Dov’è il vulnus per l’interesse nazionale se invece di ingrossare le fila di quattro, cinque liste, la rappresentanza italiana riesce a rispecchiare più culture politiche cercando di avvicinare qualche elettore in più in questa stagione così poco propizia per l’innamoramento degli italiani per i colori gialloblu del Parlamento europeo? Francamente non si comprende. Lasciamo lavorare in pace la Corte Costituzionale: ha alle spalle un paio di sentenze della Bundesverfassungsgericht, la Consulta federale tedesca che ha stracciato lo sbarramento al 5% negando la coerenza con i principi costituzionali di una sbarramento che non si giustifica se si deve esprimere solo rappresentanza e non governo. Ma è un altro ordinamento giuridico, anche se simile al nostro. Noi restiamo fiduciosi e attenti.


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