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Nato, missioni internazionali e investimenti in difesa. Il punto del ministro Trenta

Prima di tutto la Difesa del Paese, dei suoi interessi e delle sue eccellenze. Da qui, discende il ruolo delle Forze armate, la necessità di dotarle dei mezzi migliori e l’esigenza di investire in un comparto che concorre alla crescita del Paese. Il tutto, unendo le forze, senza dividerci su ogni tema come se fosse una partita di pallone. È questo il messaggio che arriva dalla Scuola di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Ostia, dove oggi il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha incontrato 450 studenti nell’ambito delle iniziative in vista del 4 novembre, giorno dell’unità nazionale e giornata delle Forze armate. Accompagnata da tutti i vertici militari, e sollecitata dalle domande dei giovani, la titolare di palazzo Baracchini ha parlato anche dei temi più attuali, dalle missioni internazionali al ruolo della Nato.

SE IL MODERATORE “ROMPE GLI SCHEMI”

Nel mezzo, ha fatto alzare più di qualche sopracciglio l’invito sul palco del capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Enzo Vecciarelli, chiamato a intervenire dalla moderatrice (dopo l’intervento del generale Claudio Graziano, numero uno delle Forze armate con cessazione di incarico fissata al 6 novembre) in qualità di “prossimo capo di Stato maggiore della Difesa”. “Lei ha rotto gli schemi”, dice Vecciarelli, evidentemente sorpreso. “Quindi – rivolgendosi alla Trenta – chiedo al ministro se è vero”. Nessuna risposta, ma un’espressione condita da un largo e imbarazzato sorriso che sa di assenso. Effettivamente, manca solo l’ufficialità per la nomina del generale, visto che da circa un anno è risaputo il trasferimento di Graziano a Bruxelles, dove tra un paio di settimane assumerà l’incarico di presidente del Comitato militare dell’Unione europea. Il via libero definitivo per Vecciarelli, che ristabilirebbe l’alternanza tra le Forze armate al vertice, dovrebbe arrivare con il prossimo Consiglio dei ministri.

LA DOMANDA PIÙ SCOMODA

Eppure, la domanda più scomoda è arrivata da una giovanissima studente di Ostia: “Cosa ne pensa di ridurre i finanziamenti agli armamenti per favorire la scuola e la cultura?”, quesito delicato nei giorni di una Legge di bilancio che ha promesso tagli da mezzo miliardo per un settore già colpito da anni di budget risicati. “L’ho già fatto in parte – ha risposto la Trenta – ma non credo che i finanziamenti, soprattutto quelli diretti alla ricerca nell’industria della difesa, siano sempre contrastanti con la scuola”. Il problema, sembra dire il ministro, è culturale. Investire in difesa vuol dire investire in crescita, in futuro e in sviluppo. Non sono spese inutili, ma visioni strategiche. Non c’è alternativa tra difesa e cultura. “Basti pensare – ha detto la Trenta – che Internet, oggi indispensabile per ognuno di noi, è nato dalla ricerca in campo militare”. D’altro canto, la prima necessità “è comparare le esigenze del Paese in termini di Difesa e capire di cosa ci dobbiamo dotare”, agendo “come il buon padre di famiglia” che è in grado di prevedere pericoli e rischi, ponendovi le giuste contromisure e valutando i giusti costi.

IL PUNTO SULLA LEVA

Poi, incalzata sull’ipotesi di reintrodurre la leva obbligatoria, lanciata a più riprese da Matteo Salvini, il ministro ha fatto chiarezza. La scelta di eliminare il servizio militare è stata “fondata su molteplici considerazioni; una scelta nata sicuramente dalla constatazione che è cambiato il nemico, è cambiata la percezione dell’avversario che poteva invadere l’Italia e dunque la necessità di avere tantissimi giovani pronti”. Certo, ha detto la Trenta, “c’è un certo fascino nella leva, anche perché è stata un momento importante in cui i giovani si rendevano conto di cosa significasse dare un po’ del proprio tempo per il Paese”. Eppure, “questo lo si può fare anche con il volontariato o con il servizio civile”.

COSA SIGNIFICA STARE NELLA NATO

Spazio anche per una mini-lezione sul principio di solidarietà su cui si fonda la Nato. “Essere in un’alleanza significa aver fatto dei patti” con Paesi “che hanno percezioni diverse delle minacce”. In particolare, ha spiegato, “i Paesi del nord Europa sentono ancora molto la minaccia della Russia, che noi, come Italia, percepiamo di meno”, essendo più preoccupati “dell’instabilità che viene da sud”. Eppure, “alleanza significa capire tutti i pericoli ed essere pronti a intervenire l’uno in favore dell’altro”. Per questo, ha ricordato il ministro, i soldati italiani sono anche in Lettonia nell’ambito dei battlegroup Nato a protezione del fianco est. Ma anche per questo “abbiamo ottenuto un grande successo, e cioè aver portato nell’alleanza la consapevolezza dell’importanza di lavorare per il sud”, con il nuovo modello di pianificazione arrivato dalla recente ministeriale di Bruxelles.

LE MISSIONI INTERNAZIONALI

Infine, anche il nuovo punto sulle missioni internazionali, che attualmente coinvolgono oltre seimila militari (almeno fino allo scorso 30 settembre, giorno in cui è scaduta la copertura finanziaria e giuridica, in attesa di una proroga). “Le nostre missioni – ha detto la Trenta – devono essere legate soprattutto all’interesse dell’Italia, ma anche alle alleanze”. Ciò spiega la partecipazione agli impegni più lontani, come in Afghanistan e Iraq, sforzi comunque destinati a ridursi. Nel primo Paese, ha detto il ministro, “si sta andando verso una, seppur lenta, stabilizzazione, ed è chiaro che nel futuro la tendenza sarà di ridurre, proprio perché gli afgani diventeranno più responsabili”. Eppure, il ridimensionamento sarà progressivo (si parla di 200 unità sulle 900 attuali) “non di punto in bianco”. Presto, ha ricordato la Trenta, “ci saranno le elezioni e non vogliamo creare un problema”. Per quanto riguarda l’Iraq, dove ci sono circa 1.400 soldati italiani, “a Mosul si è combattuto tanto, ma ora questa fase è finita; le capacità militari dell’Isis sono state degradate”. Certo, “non possiamo abbassare la guardia, ma non c’è più l’esigenza che c’era prima”. Il programma, per quanto riguarda il contingente posto a protezione della diga di Mosul, è un ritiro progressivo, di circa 50 unità entro la fine dell’anno, e poi di un ritiro completo nel primo trimestre del 2019.

L’EVENTO A OSTIA

Il tutto è emerso nel corso dell’iniziativa, per la prima volta nel litorale della periferia di Roma, parte di un ciclo di conferenze, organizzate dal ministero della Difesa in diverse scuole del Paese, per raccontare il 4 novembre, giorno dell’Unità nazionale e giornata delle Forze armate, a cento anni dalla fine della Grande guerra. Oltre al ministro, a Graziano e Vecciarelli, erano presenti i capi di Stato maggiore di Marina ed Esercito, Valter Girardelli e Salvatore Farina, il comandante generale dei Carabinieri Giovanni Nistri, il comandante generale della Guardia di Finanza Giorgio Toschi (padrone di casa), il neo segretario generale della difesa e direttore generale armamenti Nicolò Falsaperna e il sindaco di Roma Virginia Raggi. Nel corso dell’evento, è stato anche mostrato in anteprima un estratto del docufilm “Soldati d’Italia”, che verrà presentato la prossima settimana alla Festa del Cinema di Roma. Alcuni protagonisti, militari italiani impegnati all’estero, sono saliti sul palco di Ostia raccontando la propria esperienza.


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