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L’Europa sta a cuore alla Chiesa cattolica, e non sarà spettatrice. Parola di vescovo

campagna europa, chiesa europea

“A Bruxelles qualcuno rischia di non percepire il sentimento dei popoli ma li guarda dall’alto e li giudica frettolosamente. Cosa del tutto sbagliata. Va fatto lo sforzo di capire i problemi, le paure e il bisogno di guida e di futuro del popoli. L’Ue non può essere solo un libro di regole da osservare ma uno strumento per rispondere ai bisogni veri e soprattutto una visione di futuro e un progetto comuni”. Queste le parole di monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina e primo vice presidente della Comece (Commissione delle conferenze episcopali europee) che insieme con il Ccee (Consiglio delle Chiese europee) presieduto dall’italiano cardinale Angelo Bagnasco, rappresentano il comune sentire dei cattolici nel Continente. Dunque preoccupazione e speranza sono i sentimenti prevalenti, anche tra i vescovi, quando ci si interroga sul futuro dell’Europa.

In una lunga intervista ad Agensir (l’agenzia di stampa della Conferenza episcopale italiana), Crociata non si sottrae a un’analisi concreta dello stato dell’Europa insidiata da nazionalismi e populismi, così come non si nasconde le paure e le insoddisfazioni dei popoli spesso inascoltati da chi ha responsabilità politiche e di gestione nell’Unione europea. E si spinge a chiedere di “non condannare” coloro che appoggiano i movimenti populisti e antieuropeisti, quanto di continuare ad ascoltare i bisogni e tradurli in politiche efficaci.

Ma sorprendono soprattutto le parole che il vescovo spende per il ruolo che la Chiesa potrà avere in vista del voto di maggio, da cui mancano solo sette mesi e che dovrà essere dedicato a una sorta di “discernimento elettorale”. Ferma restando la consapevolezza che “l’Ue è un valore, una conquista dalla quale non è possibile tornare indietro perché come concepita dai Padri Fondatori, essa è un bene comune da salvaguardare”, Crociata invita i cittadini italiani ed europei ad andare a votare. Inoltre conferma che la Chiesa farà la sua parte: “Aiuterà i fedeli e l’opinione pubblica ad elaborare un giudizio equilibrato sul momento politico attuale, sul ruolo dell’Europa e sull’importanza del voto del 2019”. Insomma, nel dibattito pubblico sull’Europa, spesso segnato da pregiudizi e da estremismi che nascondono un groviglio di interessi fra loro contraddittori, la Chiesa non sarà semplice spettatrice.

Ovviamente il compito più importante dovrebbe essere svolto dai laici cattolici, ossia da quel vasto mondo costituito da associazioni, gruppi, movimenti, comunità, intellettuali e media che avrebbero una parola importante da spendere in questo frangente. È inutile nascondersi che il laicato cattolico italiano sembra sprofondare, giorno dopo giorno, nell’irrilevanza fattuale, salvo riscattarsi con le opere di carità. Ma trascura colpevolmente quella che il beato Antonio Rosmini indicò come la “carità intellettuale” e che grande peso ha avuto nei pontificati di Paolo VI come di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.

La “carità intellettuale” dovrebbe spingere il mondo cattolico a illuminare la competizione europea nella consapevolezza che è in gioco il bene comune e soprattutto la pace, secondo l’ispirazione di Adenauer, De Gasperi e Schuman. Non a caso tre cattolici testimoni degli eccidi, delle inutili stragi, degli orrori, della tragedia della Shoah. Non solo una operazione di vaga nostalgia, ma una presa d’atto della necessità per un Continente da 70 anni in pace e segnato dallo sviluppo ad ogni livello, di proseguire in questo cammino. Anche attraverso una cessione di sovranità che non comporti lo snaturamento delle identità nazionali, ma una loro esaltazione in un contesto di pluralismo capace di mitigare gli effetti massificanti e stranianti della globalizzazione.

Illuminare è un verbo bellissimo. Lo utilizza lo stesso Rosmini per spiegare la sua missione che non è quella di sostituirsi nelle scelte ma di promuovere il discernimento. Ecco, illuminare è l’opportunità offerta ai singoli, alle comunità e ai popoli, di comprendere sino in fondo la posta in gioco. Di guardare la realtà con occhi limpidi e senza pregiudizi. Con un rispetto per la verità fattuale che mal si concilia con la logica degli interessi, con il desiderio di prevalere sull’altro, con la stagione avvelenata dalle fake news nella quale viviamo. Di sicuro alla Chiesa e ai cattolici, che la Verità (quella con la maiuscola) dovrebbero amarla, anche la responsabilità di illuminare la verità (con la minuscola) del nostro presente. Europa compresa.


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