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Huawei, Libia e Niger. L’audizione del ministro Trenta al Copasir

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Debutto di Elisabetta Trenta al Copasir. Oggi, il ministro della Difesa è stato ascoltato per circa un’ora dai parlamentari di maggioranza e opposizione che compongono il comitato per la sicurezza della Repubblica, posto a vigilanza del sistema italiano di intelligence. Nonostante l’audizione fosse stata calendarizzata da tempo e non ci siano indiscrezioni sui temi trattati, l’urgenza di alcune questioni nazionali e internazionali ha verosimilmente indirizzato i quesiti sui dossier più caldi per la difesa italiana, a partire da Libia e Niger.

IL DOSSIER HUAWEI

Eppure, è probabile che i membri del Copasir, presieduto dal dem Lorenzo Guerini, abbiano chiesto alla Trenta anche maggiori dettagli sulla questione Huawei. Da qualche giorno si susseguono preoccupazioni circa la posizione preferenziale che il colosso cinese ha assunto nel settore italiano del 5G, futura tecnologia per le comunicazioni mobili. D’altronde, dagli ambienti dell’intelligence sono già emerse perplessità (le prime risalgono addirittura al 2012), anche considerando che Huawei (così come Zte) è stata esclusa dalle gare 5G negli Stati Uniti e in Australia, per ragioni di sicurezza nazionale. Il tema non riguarda direttamente palazzo Baracchni, poiché la rete è di competenza del ministero dello Sviluppo economico; eppure, la sua rilevanza per le questioni securitarie coinvolge inevitabilmente anche la Difesa (non a caso, negli Usa è stato James Mattis, capo del Pentagono, a chiudere la porta ai big cinesi delle telecomunicazioni). Ad ogni modo, prossimamente è attesa al Copasir anche l’audizione di Luigi Di Maio, sulla scia delle polemiche relative alla sua partecipazione (con diversi esponenti del M5S, tra cui Virginia Raggi) al “Huawei 5G Summit” di fine settembre a Roma.

LA MISSIONE IN NIGER

Di competenza del ministero della Difesa sono invece le missioni internazionali, la cui copertura giuridica e finanziaria è scaduta a fine settembre. Il dicastero è a lavoro su un decreto di proroga fino al prossimo 31 dicembre, di cui la Trenta ha probabilmente riferito al Copasir e nel quale si confermerà l’impegno in Niger. Proprio ieri, il ministro ha incontrato a Roma l’omologo nigerino Kalla Moutari, confermando “l’attenzione nei confronti del Niger e la disponibilità ad assistere le locali Forze di sicurezza attraverso supporto addestrativo e formativo”. Il pacchetto approvato dal Parlamento allo scadere della passata legislatura prevedeva per il 2018 un dispiegamento massimo di 470 militari italiani, 130 veicoli e due aerei. Recentemente, il ministro ha fatto maggiore chiarezza sui numeri: “La consistenza media” della presenza nazionale per il 2018 “non supererà le 70 unità”. Essa si concretizzerà in “Mobile training teams” di militari italiani, il cui compito sarà addestrare le forze nigerine al fine di rafforzare il controllo sul territorio. Dopo le incertezze iniziali (su cui sono sembrate pesare anche le insofferenze francesi), la missione pare essersi definitivamente sbloccata.

VERSO LA CONFERENZA DI PALERMO SULLA LIBIA

Essa si lega comunque alla “perdurante instabilità del Mediterraneo allargato” su cui i servizi italiani (come scritto nell’ultima Relazione al Parlamento) hanno dedicato gli sforzi maggiori. In tale contesto, la priorità è la Libia, alle prese con una difficile stabilizzazione. L’impegno attuale guarda alla conferenza del 12 novembre a Palermo, con cui l’Italia punta a sigillare la leadership internazionale sul Paese nordafricano, forte dell’endorsement arrivato da Donald Trump nell’incontro di fine luglio con Giuseppe Conte. Nei giorni scorsi, dalla Farnesina è stato spedito un invito personale al presidente russo Vladimir Putin, con l’ipotesi di un faccia a faccia con l’omologo americano. Per ora, da Mosca non hanno confermato la sua partecipazione.

IL PUZZLE LIBICO

Ad ogni modo, l’Italia è presente in Libia con la Missione bilaterale di supporto, che vede impegnati 400 militari (oltre a 130 mezzi aerei, terrestri e navali) tra Tripoli e Misurata. Nel frattempo, il Paese tenta di tornare a una relativa stabilità dopo gli scontri che hanno attraversato la capitale a inizio settembre. Serraj è alle prese con un rimpasto di governo piuttosto complesso, con l’intenzione di securizzare il proprio esecutivo. In tutto questo, l’Italia continua a promuovere un processo “inclusivo”, che guarda anche all’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar. A fine luglio, il ministro Trenta era volata in Libia (dopo i viaggi dei colleghi Enzo Moavero Milanesi e Matteo Salvini) per incontrare Serraj. Confermando l’impegno italiano, aveva anche annunciato la disponibilità a un incontro con Haftar, il cui coinvolgimento pare essenziale per la stabilizzazione del Paese.

LE ALTRE MISSIONI

Sul tavolo del Copasir ci sono comunque anche le altre missioni internazionali. Nel complesso, oltre 6mila soldati italiani sono impegnati in 37 missioni in 24 Paesi. Eppure, il dibattito politico resta concentrato su Iraq e Afghanistan, per cui da tempo si parla di una riduzione dei contingenti. Per quanto riguarda l’Iraq, nel Paese ci sono attualmente circa 1.400 militari italiani, nell’ambito della Coalizione internazionale di contrasto al Daesh. Il ministro Trenta ha annunciato la prossima riduzione di 50 unità da quelle poste a protezione della diga di Mosul, da cui i nostri soldati dovrebbero ritirarsi in maniera completa “nel primo trimestre del 2019”. Per l’Afghanistan, nel decreto di proroga al 31 dicembre dovrebbe rientrare una riduzione di 100 unità rispetto alle circa 900 che operano nella missione Nato Resolute Support.

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