Qual è il futuro delle politiche migratorie nel nostro Paese? “Noi ci stiamo occupando, a livello strategico, di garantire delle condizioni di vita nei Paesi d’origine tali da fare in modo che non partano dall’Africa centinaia di migliaia di persone. Perciò la nostra strategia è quella di aiutarli nei loro Paesi d’origine”. Sono le parole di Marco Maggioni esponente della Lega e membro della Commissione Politiche dell’Unione Europea della Camera dei Deputati, intervistato da Formiche.net a margine della presentazione del dossier “L’immigrazione in Italia nel XXI secolo”, prodotto dal Centro Studi Machiavelli e presentato ieri pomeriggio presso la Sala delle Conferenze Stampa di Palazzo Montecitorio.
Il report analizza i dati dell’immigrazione e dell’emigrazione italiana dell’ultimo decennio da differenti punti di vista: economico, sociale, demografico. Inoltre sono presenti due focus verticali sulla sicurezza e la questione rifugiati. I risultati non sono incoraggianti, quello che emerge dai dati analizzati è un Paese spaventato dai flussi migratori spesso associati all’aumento dei rischi per la sicurezza. Il dossier prova a scardinare le teorie che associano l’aumento dell’immigrazione al miglioramento delle condizioni economiche del Paese che accoglie e indica nella depressione demografica uno dei prossimi terreni di scontro più duro tra i “nativi” e gli italiani di seconda generazione.
Presenti nella sala della Camera dei deputati l’autore Carlo Sacino dell’Università di Pavia, Daniele Scalea del Centro Studi Machiavelli e Marco Maggioni.
Due giorni fa il vicepremier Matteo Salvini ha incontrato a Roma Marine Le Pen, presidente del Raggruppamento Nazionale, dando, di fatto, avvio alla campagna elettorale per le elezioni europee. Nel corso della conferenza stampa, però, il tema del controllo dei flussi migratori non è stato affrontato. Come mai?
Il tema dell’immigrazione è al centro dell’azione di governo della Lega e sarà sicuramente al centro delle prossime elezioni europee perché è un tema che, come già detto, è vivo in tutti i paesi europei. Non si può prescindere da questo argomento e dal dare soluzioni che in Italia stiamo già attuando proprio grazie alle politiche di Matteo Salvini.
I due leader sovranisti hanno tratteggiato l’idea di un’Europa meno interessata alle politiche interne dei singoli Stati e più alla tutela dei confini esterni. Non vede una discrasia tra il rivendicare il controllo dei confini nazionali e chiedere, allo stesso tempo, che sia la “nuova Unione Europea” ad occuparsene?
Non c’è una discrasia perché l’immigrazione è un tema che va gestito e l’Unione Europea ha dimostrato in questi anni di non volerlo gestire. Basti pensare agli ultimi sbarchi, diversi Stati membri avevano promesso di accogliere una quota di sedicenti profughi ma alla fine si è visto che non hanno accolto nessuno. Dentro l’Unione Europea non c’è la volontà di affrontare questo argomento. Di conseguenza gli Stati membri dovranno avere parte attiva nella gestione del controllo dei confini. La prossima Unione Europea, quella che uscirà dal voto di maggio, dovrà prendere atto che fino ad oggi si è fallito nel gestire i flussi migratori e ci vorrà non solo un’azione chiara da parte dell’UE ma un potenziamento del ruolo degli Stati membri in particolare di quelli del Sud Europa che si affacciano sul Mediterraneo. Perciò non credo che ci sia una dicotomia, anzi si lavora proprio per un’Europa che sia più snella nel gestire i temi economici lasciando più libertà d’azione ai Paesi membri e di conseguenza anche un controllo maggiore dei flussi migratori.
Nel report si parla anche di rifugiati e propone di finanziare campi di accoglienza in Paesi sicuri ma limitrofi ai Paesi nei quali sono in atto conflitti. Può essere una strada?
Noi ci stiamo occupando, a livello strategico, di garantire delle condizioni di vita nei Paesi d’origine tali da fare in modo che non partano dall’Africa centinaia di migliaia di persone. Perciò la nostra strategia è quella di aiutarli nei loro Paesi d’origine, questo impone accordi con i Paesi d’origine e la volontà politica degli stessi di mettere in opera questi aiuti che devono arrivare necessariamente non solo dagli Stati membri ma anche dall’Unione Europea. Il prossimo bilancio 2021-2027, così come è stato proposto dalla Commissione Europea, non sembra andare in questa direzione perché i fondi messi a disposizione per la cooperazione internazionale sono, secondo noi, troppo esigui.
I rifugiati, però, sono solo una parte dei migranti che arrivano in Europa. Esiste anche la migrazione per ragioni economiche.
Il continente africano purtroppo versa in larga parte in condizioni economiche difficili. Da questo punto di vista è inimmaginabile che centinaia di migliaia di persone si riversino nelle aree del mondo dove ci sono condizioni economiche migliori perché fisicamente non è possibile e non è gestibile. Sposare mezza Africa in Europa va contro gli interessi degli stessi africani e contro le capacità di gestione dei flussi migratori biblici degli Stati membri e dell’Unione Europea che non vuole farsene carico.
A meno che non si tratti di migranti di “profilo alto”. Non è utopistico pensare a un’immigrazione fatta solo di laureati?
Io penso che la qualità ci sia già nel nostro Paese ed è costituita dai tanti giovani che vanno all’estero. Io sarei per tenere i nostri giovani che hanno una formazione accademica e gestire i flussi senza tener conto della formazione professionale o culturale ma volta semplicemente ad aiutare chi scappa da guerre e situazioni di emergenza. Senza mai pensare di poter fare un cambio tra chi arriva e chi parte verso gli altri Paesi membri dell’UE.