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L’inviato di Trump ricorda all’Italia da che parte stare in Ucraina

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Cresce l’assertività russa nel Mare di Azov, così come la militarizzazione nei territori occupati dell’est dell’Ucraina. Parallelamente, gli Stati Uniti cercando di compattare l’Occidente, propongono una missione di peace keeping dell’Onu, e si preparano per le interferenze russe che potrebbero colpire le elezioni di Kiev del prossimo anno. È il punto dell’ambasciatore Kurt Volker, rappresentante speciale degli Stati Uniti per i negoziati sull’Ucraina, in visita ufficiale in Italia nell’ambito di un tour tra gli alleati europei.

UNA GUERRA IN EUROPA

L’obiettivo del viaggio è “tenere unita l’alleanza transatlantica” di fronte a una “crisi umanitaria” dai numeri impressionati: 10mila vittime dall’inizio del conflitto e 1,5 milioni di sfollati. “Dobbiamo ricordare che ci troviamo di fronte a una guerra nel territorio europeo”, la più sanguinosa “dai conflitti nei Balcani, con il più alto numero di persone costrette a lasciare le proprie case dalla Seconda guerra mondiale”, ha detto Volker, dicendosi “sorpreso” che in alcuni Paesi del Vecchio continente (Italia compresa) “non ci sia preoccupazione per tale crisi umanitaria”.

DAGLI ACCORDI DI MINSK ALLA MILITARIZZAZIONE DELLA REGIONE

“Per uscire da questa situazione, ci sono gli accordi di Minsk”, raggiunti nell’ormai lontano 2014 sotto l’egida dell’Osce. Si prevedeva un cessate-il-fuoco immediato, il ritiro delle armi pesanti e delle milizie irregolari, e la promessa dell’Ucraina di concedere maggiori autonomie ai territori del Luhansk e del Donetsk. Sulla base di questi dettami, il governo di Kiev “ha fatto la sua parte”, al contrario di Mosca “che continua a occupare una porzione del territorio ucraino”. Si tratta, ha specificato Volker, “di un controllo al 100%”, in cui “l’intera linea di comando e controllo è in mano ai russi”, dai vertici alle attività di “training e equipaggiamento delle forze armate”. Tra l’altro, le zone occupate presentano “un alto grado di militarizzazione, con check point controllati, pressioni e mancanza di libertà di movimento per la popolazione locale”.

IPOTESI PEACE KEEPING

Al contrario, ha spiegato il rappresentante americano, l’Ucraina “ha regolamentato le proprie strutture militari”, e il risultato è stato “un abbassamento del grado di militarizzazione” nei territori sotto il controllo di Kiev. Il prossimo passo proposto dagli Stati Uniti (ipotesi che avanza da tempo) è il lancio di una missione di peace keeping da parte dell’Onu. Avrebbe il compito di sostituire le forze militari presenti nei territori occupati e di “creare tempi e spazi per il rispetto degli accordi di Minsk. “L’abbiamo proposta – ha ricordato Volker – l’Ucraina la supporta, il gruppo di Normandia (con i ministri degli Esteri di Germania, Francia, Russia e Ucraina, ndr) la supporta, l’Ue, la Nato, il Canada e il Regno Unito sono tutti a favore; solo la Russia la sta davvero bloccando”. E ciò avviene perché nell’interesse di Mosca ci sarebbe “il mantenimento della divisione del Paese”.

IL MAR DI AZOV

Ad ogni modo, oltre i territori che hanno proclamato la propria separazione da Kiev, la competizione tra Russia e Ucraina è recentemente confluita anche nelle acque del mare di Azov, specchio d’acqua su cui si affacciano i due Paesi e che resta separato dal mar Nero grazie alla Crimea e allo stretto di Kerk. Su questo “choke point”, Mosca ha costruito un ponte per collegare la regione al proprio territorio. “L’escalation è già in corso”, ha detto Volker, ricordando come i russi abbiano incrementato negli ultimi mesi la propria assertività, impedendo il libero accesso delle navi ucraine. Di tutta risposta, gli Stati Uniti hanno fornito due pattugliatori navali classe “Island” dismessi dalla Guardia Costiera alla Marina ucraina, accolti a braccia parte dal presidente Petro Poroshenko. In più, pochi giorni fa, il segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa di Kiev, Oleksandr Turchynov, ha annunciato lo svolgimento di esercitazioni navali nelle acque in questione. “Stiamo aumentando le forze navali, rafforzando in maniera significativa la difesa costiera e la componente dell’aviazione. Siamo pronti a rispondere alle provocazioni russe”, ha spiegato Turchynov.

IL NODO DELLA CRIMEA

Tutto questo si lega alla questione della Crimea, il nodo più difficile da sciogliere. “Presenta la stessa situazione dei territori occupati nell’est dell’Ucraina – ha detto l’ambasciatore americano – con la differenza che qui la Russia ha dichiarato l’annessione della regione”. Su questo, la posizione di Washington è chiara, ribadita da Volker e, a luglio, dal segretario di Stato Mike Pompeo: “Gli Stati Uniti non riconosceranno mai la presunta annessione da parte della Russia”. Mosca non sembra però intenzionata a mollare la presa. Uno stallo da cui “al momento non si può uscire”, ci ha spiegato il generale Vincenzo Camporini, vice presidente dello Iai e già capo di Stato maggiore della Difesa. “La Russia non lascerà più la Crimea e, altrettanto chiaramente, la comunità internazionale, e in particolare l’Occidente, non può accettare l’annessione”. Ciò che si prospetta è una disputa destinata a durare “a lungo nei prossimi anni”, in analogia “con quanto successo in Moldavia – ha ricordato il generale – in cui la Transnistria, regione orientale del Paese, è sostanzialmente governata da un’entità filorussa con truppe di occupazione della stessa natura”. Si tratta, ha spiegato Camporini, “di situazioni che si possono protrarre anche per decenni senza cambiamenti politici o diplomatici; probabilmente, succederà così anche per la Crimea”.

LE MOSSE USA

Per cercare di sbloccare la situazione, ha spiegato Volker, gli Stati Uniti si muovono su tre linee parallele. Primo, “esercitando pressione sulla Russia”, economica e diplomatica. Secondo, “continuando a supportare l’Ucraina”. Terzo, “mantenendo unità la comunità transatlantica, anche sulle sanzioni”, che “non sono la soluzione” ma che “hanno impatto sulle decisioni di Mosca”.

INTERFERENZE NELLE ELEZIONI IN UCRAINA?

Ciò riguarda anche la preoccupazione Usa sulle mosse della Russia in vista degli appuntamenti elettorali che attendono l’Ucraina il prossimo anno: le presidenziali a marzo e le politiche in autunno. “Ci sono due tipi di interferenze elettorali”, ha notato Volker. La prima “è tecnica” e riguarda il tentativo di “interferire direttamente nel processo di voto”. “Ci hanno provato negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Germania e in Francia, e ci aspettiamo che ci proverranno anche in Ucraina”. Per questo, “lavoreremo con le autorità di Kiev per un voto pienamente sicuro”, ha promesso il diplomatico. La seconda interferenza, “molto più complicata da evitare”, riguarda “la macchina di propaganda gestita direttamente dallo Stato russo”, attraverso la disinformazione che viaggia tramite social network e media a diffusione mondiale, tra cui Russia Today e Sputnik.

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