Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Cosa resta della guerra all’Isis secondo il ministro Trenta

trenta

L’Isis ha perso sul campo la sua battaglia. La guerra è però ancora in corso. Sui social network, tra le comunità locali e nel contesto dei rapporti internazionali “c’è ancora molto da fare”. L’Italia è pronta a fare la sua parte, come sempre, con le proprie Forze armate e con un approccio proattivo che faccia dell’inclusività la sua bandiera. È quanto emerge dalle parole del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, intervenuta oggi al Manama’s Dialogue, vertice internazionale dedicato alla sicurezza mediorientale e nordafricana in scena in Bahrein, a cui l’Italia è tornata a partecipare dopo il 2010, con l’allora ministro degli Esteri Franco Frattini.

LE TRE LEZIONI DELLA LOTTA AL DAESH

Prima di tutto, è il momento giusto per tirare un bilancio dell’intervento internazionale contro il sedicente Stato islamico, “le tre lezioni” spiegate dal ministro Trenta. Primo, “abbiamo sottostimato la minaccia, registrando difficoltà a unire i punti, ragion per cui siamo stati guidati dagli eventi più che essere noi i piloti del bus”. Secondo, “abbiamo capito che noi, agendo come un’unica e intera comunità, dobbiamo sederci tutti nello stesso bus e operare in modo coeso: i risultati che stiamo ottenendo dopo tanto tempo ne sono la dimostrazione più concreta”. Terzo “soprattutto”, quello che per il ministro è “un dato di fatto”: l’unica possibile soluzione “richiede la piena responsabilità locale”, che significa “che dobbiamo investire nel coinvolgimento delle autorità e società locali”.

SERVE UN APPROCCIO INCLUSIVO

La parola d’ordine è dunque “inclusività”. Un approccio che l’Italia ha portato (e sta portando) avanti “ogni giorno in ogni teatro operativo”. Addestramento, assistenza alle Forze di sicurezza e politiche di stabilizzazione “sono diventate le nostre linee di sforzo dai Balcani all’Afghanistan, dall’Iraq al Corno d’Africa, dalla Libia al Niger”. È per questo che il ministro ha tenuto a ringraziare i soldati e i carabinieri italiani che “hanno contribuito ad addestrare migliaia di forze di sicurezza, specialmente in Iraq, dove sono stati attori di primo piano nella lotta contro Daesh”. Il tutto, ha evidenziato ancora il ministro, deve essere accompagnato da “nuove narrative sviluppate localmente e diffuse, così da colpire la propaganda avversaria e finalmente vincere nei cuori e nelle menti delle comunità”.

IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE

In tal senso, riveste un ruolo particolarmente importante la comunicazione. D’altra parte, l’Isis ha saputo usare magistralmente i nuovi strumenti dell’era digitale, ricorrendo a social media e propaganda per accrescere la propria rete di sostenitori e veicolare messaggi in favore del jihad. “La comunicazione è stata cruciale nel progetto di Daesh, almeno quanto lo sono state le vittorie militari che ha ottenuto sul campo”, ha spiegato il ministro italiano. “Il ritratto della sua forza o della sua invincibilità è andato oltre il campo di battaglia, verso la regione e la scena internazionale”. Il risultato, ha rimarcato, “è un impatto senza precedenti su sicurezza, migrazioni, economia, turismo e dibattito politico”. Dunque, “dobbiamo lavorare insieme, sempre più vicini, con il primo obiettivo di capovolgere la comunicazione da un elemento di minaccia a uno strumento di sicurezza collettiva e stabilità internazionale”.

IL CONTESTO DELLA CONFERENZA

A cogliere l’invito della titolare di palazzo Baracchini, c’erano tra gli i colleghi di Stati Uniti e Francia, James Mattis e Florence Parly, intervenuti anche loro al Manama’s Dialogue. Con il primo, la Trenta ha già affrontato un paio di bilaterali, l’ultimo dei quali si è tenuto a Bruxelles a margine della ministeriale Difesa della Nato di inizio ottobre. In entrambi i casi, è stata ribadita la centralità della partnership tra le due sponde dell’atlantico, ma anche il ruolo di leadership dell’Italia per il Mediterraneo, un riconoscimento arrivato direttamente da Donald Trump nel vertice di fine luglio con Giuseppe Conte. Con la francese Parly, il ministro Trenta ha invece avuto l’ultimo incontro lo scorso martedì, presenziando alla firma dell’accordo con cui Fincantieri e Naval Group hanno dato il via alla creazione di una joint venture, primo passo per una vera e proprio alleanza industriale. D’altra parte, ancora prima, il ministro Trenta aveva aperto la settimana con il viaggio tra Serbia e Albania, in linea con la dichiarata attenzione al cosiddetto Mediterraneo allargato.

LA VISITA IN IRAQ

In questa prospettiva rientra anche l’Iraq, in cui la Trenta si recherà domani. D’altronde, il Paese mediorientale riveste per l’Italia un interesse particolare, visto soprattutto il contingente di circa 1.400 soldati lì presenti, nell’ambito della coalizione internazionale di contrasto al Daesh. Comunque, in agenda ci sono gli incontri con le autorità locali, in particolare con il primo ministro Abdel Mahdi e con il premier del Kurdistan. Non mancherà la visita ai militari italiani, presenti a Baghdad, Erbil e a protezione della diga di Mosul. Proprio quest’ultima sarà soggetta alla prima riduzione della presenza italiana. Il ministro ha già annunciato il rientro di 50 militari entro la fine dell’anno, e poi il ritiro completo nei primi tre mesi del 2019. Si tratta di una scelta dovuta all’evoluzione dello scenario operativo. “A Mosul si è combattuto tanto – aveva già detto la Trenta – ma ora questa fase è finita; le capacità militari dell’Isis sono state degradate”.

LA STRATEGIA ITALIANA IN MEDIO ORIENTE

Una due-giorni, tra Bahrein e Iraq, che “rientra nella volontà, già espressa in precedenti occasioni, di voler riportare l’Italia ad avere un ruolo da protagonista, specie in Medio Oriente e nelle aree di interesse strategico per il nostro Paese”, spiegano fonti della Difesa. D’altra parte, lo stesso ministro ha spiegato che “per essere protagonisti non si possono alzare solo i muri, ma occorre sedersi ai tavoli, occorre saper dialogare e dire la propria”, ha detto la Trenta. “Costruire un sistema di sicurezza efficace per la regione Mediorientale e Mediterranea – ha concluso – richiede pluralità di interventi; la comunità internazionale deve continuare a operare in maniera coesa, coerente e consapevole, nel rispetto del diritto internazionale, dei diritti umani e delle realtà locali”.

×

Iscriviti alla newsletter