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La tarantella (già vista) sul salvataggio pubblico di Alitalia

alitalia

È persino troppo facile concentrarsi sull’imbarazzante distanza, emersa ieri fra il vicepresidente del Consiglio e il ministro dell’Economia, sul delicatissimo dossier Alitalia. Un botta e risposta che è difficile circoscrivere a misunderstanding. Non è di questo, però, che ho interesse a scrivere, ma dell’eterno ritorno del salvataggio di questa azienda. Ammesso che possa essere definita tale.

E sì, perché in un sistema di libero mercato, risulta oltre ogni umana comprensione che si debba ricorrere con sconcertante cadenza al salvataggio pubblico di una società, palesemente non in grado di reggersi sulle proprie gambe e di affrontare la concorrenza. Così com’è strutturata oggi. Tutti abbiamo perso memoria del numero di volte in cui per mesi si è parlato, in questo benedetto Paese, di ‘salvataggio di Alitalia’. Sempre l’ultimo, ovvio, ma immancabilmente penultimo.

Se non altro per sopraggiunta noia, dovremmo essere vaccinati alla sola idea di ricominciare la tarantella. Invece, eccoci qui. Che alla fine la spunti Luigi Di Maio o Giovanni Tria, la sensazione non cambia: pompaggio di denaro pubblico, promettendo l’ennesima rinascita e garantendo, al massimo, l’ennesimo giro di giostra. Ovviamente strombazzando l’intangibilità dei posti di lavoro. Ci chiediamo, allora, per quale diritto divino i dipendenti di Alitalia debbano godere di opportunità e tutele del tutto sconosciute a migliaia di lavoratori di aziende lasciate negli anni al loro destino. Molte di queste, peraltro, ben più efficienti e competitive del carrozzone di Bandiera. Non se ne può più di questo esercizio retorico su Alitalia, dai ‘capitani coraggiosi’ di Berlusconiana memoria all’ibrido aereo-treno di oggi, passando per l’immancabile Cdp.

Non è giusto, non è sano, non è tollerabile buttare altro denaro di tutti noi, in un’azienda che semplicemente non regge alla concorrenza. Da lustri, non mesi. È il mercato, bellezza, prima ce lo ricordiamo tutti, prima ci eviteremo un ennesimo, imbarazzante salasso. Anche, lo ripeto con crescente indignazione, per il rispetto che si deve a chi è stato lasciato andare alla deriva, senza che nessuno invocasse treni e poste. C’è del buono in Alitalia, lo sanno tutti quelli che affrontano il tema con lucidità, a cominciare dagli egregi tre commissari in carica, ma volendo tenere sempre insieme tutto, i servizi che funzionano e i carrozzoni anni ‘80, si va a sbattere. Fino al prossimo, penultimo salvataggio.


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