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Lo schiaffo dell’Italia ribelle alla Commissione Ue

 

A che punto è lo scontro tra Italia e Ue sul deficit

Jean-Claude Juncker – Giuseppe Conte (AFP)

 

La risposta molto dura del Vice presidente e Commissario agli affari economici della Commissione UE Pierre Moscovici al Ministro dell’Economia Giovanni Tria, ha delineato il documento programmatico di bilancio presentato dal governo italiano, presieduto dal Primo Ministro Giuseppe Conte, una violazione grave e manifesta dalle raccomandazioni adottate dal Consiglio ai sensi del Patto di stabilità e crescita per l’anno prossimo, in base all’articolo 7 del Regolamento UE n.473/2013 che enuncia che “…la Commissione riscontri un’inosservanza particolarmente grave degli obblighi di politica finanziaria definiti nel PSC, essa adotta il proprio parere entro due settimane dalla trasmissione del progetto di documento programmatico di bilancio. Nel parere la Commissione chiede che sia presentato un progetto riveduto di documento programmatico quanto prima e comunque entro tre settimane dalla data del suo parere…”, il che costituisce il profondo timore espressa dalla Commissione UE.

Il Patto di stabilità e crescita (PSC) è costituito dalla risoluzione del Consiglio europeo di Amsterdam del 16 e 17 giugno 1997, che ha sancito l’impegno degli Stati membri a perseguire l’obiettivo di medio termine di un indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche prossimo al pareggio o in avanzo.
Ma quest’ammonimento del Commissario UE deve realmente preoccuparci? Ma siamo certi che l’Italia, visto che non vi sono stati precedenti nella storia dell’UE, sarà ghigliottinata (chiedo scusa per l’espressione troppo pesante) attraverso lo strumento delle sanzioni che non sono mai state inflitte? Credo che si debba partire da tre ottiche.
La prima, per cui vale la pena riportare alla mente, si riversa verso il passato quando nel 2003 la Germania e la Francia violarono la regola del 3% stabilito dal Trattato di Maastricht, senza aver subito di conseguenza sanzioni dalla Commissione UE, ma meramente la sospensione del meccanismo di esse. Il rischio per l’Italia di essere sanzionata pare non realizzabile, ma avvierebbe una fase di incomprensioni politiche. Si è ben inteso che il governo, guidato dal Primo Ministro Giuseppe Conte, sta ponendo un problema che si scontra con il sistema dell’UE, nel senso che le Istituzioni UE non sono capaci di contrastare il disappunto di qualche Stato membro e che l’unico strumento di cui si può servire questa Organizzazione internazionale, a carattere regionale, è costituito dai mercati, i quali non sono altro che la BCE (Banca centrale europea) che sta togliendo all’Italia la sfera protettiva, scudo importante, che serve per proteggere il nostro Paese dagli attacchi speculativi.
La seconda ottica concerne il criterio di un’UE unwilling or unable, cioè di Istituzioni UE che sono impreparate o non in grado di saper gestire una situazione di questo genere, a causa del non completamento del processo di integrazione europea, in cui vi debba essere l’attuazione del pieno rispetto del principio pacta sunt servanda cioè a dire della condivisone di onori e oneri da parte di tutti gli Stati membri dell’UE. La realtà vera è che si sta assistendo alla breccia dell’UE, cagionata dalla questione della politica monetaria che non ha nessun sistema di redistribuzione interna, in cui ci sono Paesi, come l’Italia, che non crescono più, dove le nuove generazioni stanno abbandonando luoghi in cui non vi è una prospettiva di un futuro migliore, la povertà continua a dilagare a causa dell’austerity voluta dall’UE, con la complicità anche degli Stati membri, egoista e senza pudore, senza rispetto dei più elementari diritti della persona.
Con il rigore  dell’austerity, qui siamo nella terza ottica, si comprende che appare inaccettabile, incomprensibile e, aggiungerei, lunare, il comportamento della Commissione UE che si atteggia come un deus ex machina, non preoccupandosi delle fasce più deboli di cittadini che vedono un futuro infranto, ma assoggettandosi allo spread, ai numeri e via discorrendo. Con questo sistema balordo di porre un freno a un Paese ,fondatore e parte dell’UE, che ha come obiettivo il senso d’umanità che punta alla crescita e allo sviluppo economico, che crea posti di lavoro e, quindi, la diminuzione della disoccupazione, penalizza le fasce più povere e indebitate.
Credo, infine, che, nel momento in cui la situazione per l’Italia sia sempre più pesante nel dover rispettare quanto è stabilito dal Trattato sulla stabilità sul coordinamento e sulla governance – c.d. Fiscal Compact o nuovo patto di bilancio – in cui viene statuita la disciplina di bilancio e il divieto di deficit eccessivo, nel senso che l’Italia, avendo firmato e approvato tale accordo intergovernativo, attraverso la modifica dell’articolo 81 della Costituzione inserendo la c.d. regola d’oro del pareggio di bilancio nel proprio ordinamento, è vincolata al rispetto e al porre in pratica quanto ha sottoscritto in questo Trattato del marzo 2012, sia più che motivata la reazione del governo italiano di ribellarsi a queste regole troppo restrittive. Soventemente, l’Italia ha reclamato la necessità di rivedere i contenuti dei Trattati europei che sono troppo stringenti e severi, ma, come sempre, tali appelli sono stati inascoltati.
Quali sono le strade per uscire da questo impasse per l’Italia? La prima è rientrare nei ranghi dei parametri UE, dato che il nostro Paese è membro, e, quindi, cambiare totalmente il documento programmatico di bilancio, che porterebbe allo scontento degli elettori italiani che hanno riposto la fiducia il 4 marzo all’alleanza di governo giallo-verde; la seconda consiste nell’iniziativa dell’Italia ad abbandonare l’UE e l’uscita dall’Unione economica monetaria, seguendo le orme della Brexit, attraverso l’applicazione dell’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea, che comporterebbe sia l’indebolimento dell’intera Unione europea, sia la fine di questa organizzazione internazionale, di cui l’Italia ha dato un ampio contributo alla nascita dell’allora Comunità Economica Europea nella città di Roma, nel 1957. Su quest’ultimo aspetto, il diritto internazionale sancisce che uno Stato firmatario possa recedere unilateralmente, come è daltronde previsto dal Trattato UE  (di cui ho già riportato prima), attraverso specifiche motivazioni e, quindi, svincolarsi dagli accordi che aveva stipulato.
Con questo suo modus operandi, l’UE ha avviato uno scontro con l’Italia, che ha deciso di ribellarsi a queste politiche di restrizione che stanno soffocando l’economia reale del nostro Paese e avviato il discorso della disobbedienza alle Istituzioni europee. Non si sa se il nostro Paese deciderà per l’Italexit invocata da molte parti, ma una cosa è certa che questo governo ha fermato la brutale spirale di una Unione europea che è compatta quando si tratta di questioni monetarie e finanziarie e allora si ricorda che il nostro Paese esiste, mentre su tematiche, come ad esempio, la questione dei migranti se ne lava le mani come Ponzio Pilato, scaricando all’Italia la grossa responsabilità e gestione del dramma di persone che provengono da Stati terzi. Finalmente, l’Italia inizia a battere i pugni veri sul tavolo UE, facendo sentire la propria voce senza se e senza ma, dando uno schiaffo morale alla arrogante Unione europea.



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