“Se volete saperla tutta, credo che sia una sorta di democratico… Potrebbe anche lasciare”. Con queste parole, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha confermato definitivamente le indiscrezioni di una presunta insofferenza nei confronti di James Mattis, il capo del Pentagono. Nel corso della lunga intervista a “60 Minutes”, l’inquilino della Casa Bianca ha dato più di qualche segnale sul fatto che il generale dei Marines possa essere il prossimo elemento della sua amministrazione a venire meno. “Ho una fila di gente in standby che sarebbe fenomenale”, ha detto Trump riferendosi a possibili cambi all’interno della squadra di governo, una considerazione che segue la decisione di Nikki Haley, l’ambasciatore uscente degli Usa alle Nazioni Unite.
LE PAROLE DI TRUMP E LA RISPOSTA DEL PENTAGONO
“Il generale Mattis è un bravo ragazzo (good guy); andiamo molto d’accordo; può lasciare. Voglio dire, a un certo punto, tutti lasciano… Questa è Washington”, ha detto Trump nell’intervista alla CBS. Pressoché immediata, la replica del Pentagono, giunta attraverso il comunicato del colonnello Robert Manning, portavoce del dipartimento della Difesa: “Il segretario Mattis è concentrato a svolgere il suo lavoro, assicurando che le Forze armate americane rimangano la forza più letale del pianeta”.
LE DIVERGENZA TRA MATTIS E TRUMP
Eppure, le ragioni della rottura sembrano molteplici. Da sempre, Mattis è considerato uno dei “normalizzatori” dell’attuale presidenza, con posizioni spesso diverse rispetto a quelle urlate da Trump. Sin da quando il presidente eletto rese pubblica la scelta di volerlo al Pentagono, gli esperti di tutto il mondo hanno evidenziato le divergenze tra i due. Critico nei confronti del disimpegno dal Medio Oriente, duro contro la Russia per le azioni in Ucraina e sostenitore incondizionato della Nato, l’ex generale dei Marines si presentava con un curriculum di idee differenti rispetto a Trump. In questi anni, la convivenza è apparsa pacifica, anche se attriti sono emersi sui molteplici dossier. Su questi, anche il capitolo Space Force, su cui Mattis è sempre stato scettico, a differenza del presidente, grande sponsor dell’idea di creare un nuovo braccio armato per le attività spaziali. Lo stesso si può dire della nuova base militare in Polonia, annunciata a settembre dal presidente e poi ridimensionata dal segretario alla difesa.
TOM COTTON IN CIMA ALLA LISTA
Così, poco a poco, le tenui divergenze si sono trasformate in un vero e proprio solco e a Washington è già partito il toto sostituto di Mattis. Recuperando più indiscrezioni provenienti dall’amministrazione, Foreign Policy ha pubblicato una rosa di possibili candidati per il nuovo vertice del Pentagono. In cima alla lista ci sarebbe Tom Cotton, senatore repubblicano dell’Arkansas che presiede la sottocommissione Airland della Commissione Armed Service del Senato, l’influente organo che ha competenza sul budget per la difesa. Considerato tra i leader dell’ala dura del Partito repubblicano, Cotton era già nella lista dei candidati per la guida del Pentagono nel 2016. In passato, si è detto favorevole alla pratica nel waterboarding nel corso degli interrogatori, ma anche al cambio di regime in Iran.
L’UOMO DI “TRUMPLAND”
Ma in lista per il dopo-Mattis ci sarebbe anche David McCormick, anche lui veterano e co-ceo di Bridgewater Associates, società d’investimento globale. È già stato sottosegretario al tesoro per gli affari internazionali durante la presidenza di George W. Bush. A suo favore, ci sarebbe soprattutto il legame con la “Trumpland”, termine coniato per indicare l’ambiente di riferimento dell’attuale presidente. Sarebbe infatti molto vicino alla primogenita Ivanka Trump e al marito Jared Kushner, oltre a essere il fidanzato di Dina Powell, già vice consigliere per la sicurezza nazionale e uno dei canditati a sostituire Nikki Haley come rappresentante degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite.
GLI ALTRI CANDIDATI
Tra i possibili candidati ci sarebbero poi il generale Jack Kean e l’ex senatore del Missouri Jim Talent, entrambi già indicati quali possibili segretari alla difesa nel 2016. Ci sarebbe poi anche il senatore Lindsey Graham, un altro falco repubblicano (della Carolina del Sud), sebbene secondo Foreign Policy sia anche in pole position per prendere il posto del procuratore generale Jeff Sessions. Infine, potrebbe esserci spazio anche per Dan Coats, attuale direttore della National intelligence. Ad ogni modo, l’uscita di Mattis potrebbe non essere così scontata. Secondo le stesse indiscrezioni, la Casa Bianca vorrebbe che fosse proprio lui a fare un passo indietro, evitando scontri imbarazzanti col presidente. Chi conosce bene “mad dog” (così è detto il generale) pensa però che non sia disposto a farsi da parte.