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Sul Mediterraneo l’Italia trova la sponda di Nato e Stati Uniti. Ecco come

Nato mediterraneo

Con l’assertività in Europa orientale, il nuovo programma missilistico e le minacce nel cyber-spazio, c’è ancora la Russia in cima all’agenda della Nato. Eppure, dopo decenni di sguardo pressoché unilaterale ad est, l’Alleanza sembra essersi sbloccata con una maggiore attenzione alla complessità del Mediterraneo. Il merito è anche dell’Italia, che da anni sta cercando di spingere l’organizzazione verso una maggiore attenzione al suo fianco meridionale. Ad annunciare la svolta di “un nuovo modello di pianificazione” è stato il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che ha partecipato a Bruxelles al vertice con i colleghi dell’Alleanza, incontrando in specifici bilaterali anche il numero uno del Pentagono James Mattis (che ha lanciato nuove accuse al Cremlino) e la collega francese Florence Parly (con tanti dossier delicati).

LE PAROLE DELLA TRENTA

“Lo chiedevamo da tempo, oggi ci siamo riusciti: al vertice Nato gli alleati hanno dato il via libera a un nuovo modello di pianificazione per il Sud”. Si tratta, ha spiegato la titolare del dicastero di palazzo Baracchini, di studiare più approfonditamente “le nuove minacce, mutevoli, che ci riguardano direttamente”. Così, “per la prima volta, dopo decenni, l’Alleanza oltre a guardare ad est inizierà a guardare anche al Mediterraneo, un’area di forte interesse per l’Italia, dove si intrecciano rischi di diversa natura ed entità, primo fra tutti il flusso incontrollato di migranti”.

Per il Bel Paese “è un ottimo risultato, che questo governo è riuscito ad ottenere grazie all’impegno e alle professionalità della nostra delegazione a Bruxelles, dell’ambasciatore Claudio Bisogniero innanzitutto e dei nostri militari, dei nostri diplomatici e del nostro personale civile impiegato presso la Nato”. Tutti, ha rimarcato la Trenta “ci siamo impegnati affinché l’Alleanza allargasse il proprio approccio a 360 gradi; lo abbiamo fatto rispettando le legittime preoccupazioni degli alleati e offrendo il nostro contributo sempre, anche laddove in passato lo avevamo ritenuto secondario”.

LA MINACCIA RUSSA TRA CYBER-SPAZIO E MISSILI

Eppure, a sentire la conferenza stampa conclusiva del segretario generale Jens Stotlenberg, la maggiore preoccupazione dell’Alleanza resta la Russia, in particolare per la crescente assertività dimostrata nel dominio cibernetico, accompagnata dall’ormai costante caratterizzazione ibrida della proiezione esterna del Cremlino. La Nato è pronta a cogliere la sfida, con un “Cyber Operations Centre – ha detto Stoltenberg – che ci aiuterà a rafforzare la difesa contro una minaccia reale e persistente”. A portarla avanti, ha detto chiaramente il segretario generale, il Gru, il servizio russo di intelligence militare.

A lui è stato attribuito l’attacco (se cui il ministro olandese ha informato i colleghi dell’Alleanza) condotto contro l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw) con sede all’Aia, a cui l’intelligence locale avrebbe risposto con efficacia grazie alla collaborazione con i servizi britannici. Oltre al cyber, ci sono i missili russi a spaventare l’Alleanza. Sia Stoltenberg che Mattis hanno infatti accusato Mosca di violare il trattato Inf (siglato bilateralmente da Usa e Unione sovietica nel 1987), che proibisce esplicitamente il dispiegamento a terra di missili con un raggio fra 500 e 5.500 chilometri. “Non lo permetteremo più”, ha detto il capo del Pentagono facendo seguito alla minaccia di contromisure arrivata prima del vertice dalla rappresentante permanente degli Usa Kay Bailey Hutchison.

LA NATO GUARDA A SUD

Comunque, proprio Stoltenberg, aprendo i lavori della ministeriale, aveva annunciato che lo sguardo dell’Alleanza sarebbe stato rivolto anche al fianco meridionale, invitando i ministri della Difesa a lavorare sul “rafforzamento della risposta della Nato alle sfide sulla sicurezza, che provengono dal versante sud”. Poi, nella conferenza conclusiva, Stoltenberg ha ricordato la nuova missione di training in Iraq, che conterà circa 500 unità, così come “il supporto a Giordania e Tunisia”, con cui sono stati avviati dei nuovi partenariati per il supporto alle Forze armate. Per quanto riguarda la Libia, “stiamo dialogando” con il governo di Tripoli e “siamo pronti a offrire aiuto”, ma ancora “non stiamo discutendo di missioni per il training militare”, ha spiegato Stoltenberg. Comunque, “siamo a disposizione per il supporto alle istituzioni militari del Paese, fondamentali per la stabilizzazione”.

L’HUB PER IL SUD

Infine, è pienamente operativo da ormai un paio di mesi definitivamente operativo l’Hub di Napoli, “per monitorare e studiare le minacce del nostro fianco meridionale, come terrorismo e Stati falliti”, ha detto il segretario generale. Inserire tale tema nell’agenda dell’Alleanza non è stata cosa facile. Ci ha lavorato a lungo anche il precedente governo italiano, ottenendo lo scorso anno il via libera per l’apertura della nuova “Strategic Direction”, inquadrata all’interno del Joint Force Command di Napoli. La sua piena operatività è stata dichiarata al summit dello scorso luglio, quello in cui Donald Trump fece clamore con gli attacchi sul tema della spesa per la difesa. Si tratta di un centro “che mantiene rapporti costanti con tutti i Paesi del fianco meridionale e del Medio Oriente – ci ha spiegato il generale Vincenzo Camporini, vice presidente dello Iai – permettendo di avere una maggiore consapevolezza di ciò che sta accadendo, evitando il rischio di trovarsi impreparati o fuorviati nelle proprie convinzioni come è accaduto con le Primavere arabe”.

LA SPONDA USA

La sponda decisiva per gli interessi italiani potrebbe essere arrivata dagli Stati Uniti. Nel corso della prima giornata di ministeriale, il ministro Trenta ha infatti tenuto un bilaterale con il capo del Pentagono James Mattis. Tra i temi sul tavolo soprattutto la Libia, su cui il nostro Paese ha già incassato il riconoscimento della leadership da parte degli Usa nell’incontro di fine luglio, a Washington, tra Trump e Conte. Poi, le missioni internazionali, con l’Afghanistan in testa. L’Italia partecipa all’operazione Resolute Support della Nato con 900 soldati, per cui tuttavia potrebbe arrivare presto una riduzione di cento unità. Rispetto all’incertezza che aleggiava sul tema all’inizio del mandato del nuovo governo italiano, l’esecutivo giallo-verde ha progressivamente rassicurato l’alleato americano. Ogni riduzione sarà progressiva e concertata con i partner. Probabile che proprio di questo abbiamo parlato Trenta e Mattis.

I BILATERALI E GLI ACCORDI SIGLATI

Poi, la Trenta ha incontrato anche i colleghi francese, rumeno e polacco, Florence Parly, Mihai-Viorel Fifor e Mariusz Błaszczak. In particolare con la prima, i temi sul tavolo sono molteplici, e vanno dall’accordo (lato militare) tra Fincantieri e Naval Group per un colosso europeo della cantieristica, alla Difesa europea, su cui la prospettiva di Parigi ha dimostrato ambizioni non sempre coincidenti con quelle italiane, fino alla proiezione italiana in nord Africa (con la missione in Niger che si è sbloccata da poco). Nel corso della due-giorni, il ministro italiano ha poi siglato un accordo con i colleghi di altri 12 Paesi (ci sono tutti i big, tranne la Francia) per sistemi e veicoli marittimi a pilotaggio remoto. Si tratta di un dichiarazione di intenti per cooperazione su “Maritime Unmanned Systems”.


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