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I mercati, il governo e il ritorno all’adolescenza

contratto

L’Italia di questi giorni sembra un paese di eterni adolescenti. Quella fase della vita, affascinante e complicatissima, in cui ci si può e ci si deve permettere di considerare gli altri e soprattutto le regole un fastidioso dettaglio. Quell’età, però, passa o dovrebbe farlo.

A dare un’occhio, anche distratto, al nostro Paese delle ultime 72 ore troppi sembrano improvvisamente ripiombati o mai usciti da quella fase della vita. Domani sapremo molte cose, dopo le ultime, surreali giornate. Nulla di definitivo è ovvio, così come tutti speriamo che l’outlook stabile possa mitigarne gli effetti, ma la risposta dei mercati internazionali all’ennesimo declassamento, al giudizio di Moody’s, non potrà essere ignorato. Non potremo fare gli adolescenti, che urlano strafottenti in faccia al noioso professore: “io faccio come mi pare”. Non potremo, perché non funziona così.

Non funziona nel mondo degli adulti e della responsabilità, che faremo bene tutti quanti a riconoscere e riconsiderare al più presto. Possiamo accontentarci di un’alzata di spalle, di un risolino di scherno, anche del ricordare indiscutibili e gravissimi errori del passato, che hanno coinvolto le agenzie di rating. Tutto questo, però, non cambierà di un decimale la reazione di chi deciderà del nostro futuro prossimo. Bisogna riprendere a dire alle persone la verità: non c’è l’uomo nero, non esiste una congiura, non c’è un complotto di nessun potere forte. Ci sono migliaia di investitori che delle nostre beghe se ne fregano altamente, che neppure le conoscono, a cui non fa né caldo né freddo il sorriso di questo o quel politico di Roma. Il dettaglio spesso non raccontato, in questi giorni di ritorno all’adolescenza, è che senza questi investitori noi semplicemente non possiamo far funzionare lo Stato. Domani, non fra 10 anni.

Piaccia o non piaccia, chi investe si muove seguendo degli indicatori e questi indicatori li forniscono proprio coloro a cui ci rivolgiamo come degli impertinenti ragazzini. Oggi è domenica, possiamo anche permettercelo, in una piazza o aspettando l’esito di un’elezione locale, ma da domani la ricreazione sarà necessariamente finita. Proprio come capitava a scuola: nei 15 minuti dell’intervallo potevamo essere chi volevamo e dire ciò che volevamo, anche e soprattutto a quei noiosissimi professori. Finito il break, però, si rientrava in classe e in classe ci aspettava la realtà. E molte tigri di carta diventavano teneri agnellini.


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