Alcuni sindaci hanno lanciato un appello per una candidatura unitaria alla Segreteria del PD. Fanno il nome di Minniti, l’ex ministro degli interni. Allora, sento il bisogno di fare due considerazioni veloci e semplici. Spero anche chiare.
Prima di tutto, la candidatura unitaria emerge di solito ogni volta che il gruppo di maggioranza uscente ha difficoltà a trovare un nome che li tenga tutti ben stretti e serrati. Così, si fa appello a una fantomatica unità di intenti, che di per sé sarebbe assolutamente positiva e necessaria, ma che è nei fatti una dimostrazione di debolezza politica.
Ora, questo vale in un partito come il PD dove il sistema di selezione di nominativi avviene non per processi chiari e definiti come nella SPD o nella CDU – o in qualsiasi altro partito tedesco, fino alla AfD (la legge sui partiti ha un certo peso evidentemente…).
Capita anche, va detto, che, se un nome spicca veramente su tutto e tutti per capacità, leadership e competenza, emerga spontaneamente questo bisogno di unità. Ma è questo il caso? Andiamo un po’ più a fondo alla questione.
La seconda considerazione che devo fare è che il candidato quindi che ne esce è solitamente però un nome terzo, perché se deve convincere una maggioranza litigiosa uscente e una minoranza che forse sta diventando maggioranza, non può che essere qualcuno su cui non vi sia ombra di dubbio sulla sua terzietà… Ma è evidente che così non è, perché Minniti è chiaramente espressione di una precisa componente politica interna al partito.
Si tratta quindi, mi dispiace doverlo sottolineare, di una candidatura unitaria sì, ma per compattare il gruppo che si definisce renziano. Ma non sono convinto che tutti ne siano realmente soddisfatti, infatti, il numero di sindaci firmatari è assai esiguo.
A questo punto devo anche dire due parole su Minniti. Per me rappresenta la capitolazione culturale del PD alla destra.
Certamente si tratta di una persona di competenza politica e tecnica, che ha idee chiare e sa come portarle avanti. Ma il problema sono appunto quali idee ha e come le vuole realizzare. Gli accordi fatti qua e là in Libia sulla scia di quel che avevano fatto Berlusconi e Frattini, non mi pareva una gran cosa. Era un bel modo per delocalizzare le responsabilità, essere un po’ i ponzio pilato dei giorni moderni. Una cosa che sicuramente era diretta emanazione di una politica alla Salvini, ma non del PD. Non per un partito che ha nella sua storia tutt’altre idee e tutt’altri approcci.
E sono tutt’ora convinto che aver scimmiottato su queste questioni “loro” abbia potentemente penalizzato il PD. Facendo venire meno la sua credibilità agli occhi di molte elettrici ed elettori, e rafforzando quelli che stanno a destra, che avranno detto: visto, anche Minniti del PD si è convinto, abbiamo ragione noi. E il voto è andato all’originale, non alla copia.
Poi, sullo sfondo, non è che il PD ci faccia una gran figura se crede che l’unica speranza sia candidare chi è in politica da 30 anni e che all’ultimo giro è riuscito a perdere l’elezione a sorpresa in un collegio che era considerato blindato e sicuro… Magari anche questo dovrebbe far riflettere. Ma ripeto, questo è solo sfondo. E’ il resto che perplime.