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Lo spazio, i privati e i piani degli Usa. La parola a Sam Scimemi (Nasa)

Lo spazio è destinato a caratterizzarsi della crescente presenza degli attori privati. Gli Stati continueranno però a essere protagonisti, dalla Stazione spaziale internazionale (Iss) fino all’esplorazione umana di Marte, passando per un avamposto orbitante intorno alla Luna. Parola di Sam Scimemi, direttore dell’Iss presso i quartier generali della Nasa, un ruolo delicato che consiste nell’attuazione delle decisioni politiche e programmatiche che riguardano la piattaforma orbitante, e nella gestione del rapporto dell’agenzia spaziale con la Casa Bianca e il Pentagono. Formiche.net lo ha potuto intervistare a margine del suo intervento presso il Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale dell’Università Sapienza di Roma, in occasione della giornata introduttiva dalla “Nasa’s International space apps challenge”, l’hackathon che, fino a domenica 21 ottobre, coinvolgerà studenti e professionisti di 186 città nel mondo sulle sfide del futuro in ambito spaziale.

Mr. Scimemi, per la Stazione spaziale internazionale, il piano del presidente Trump prevede la privatizzazione entro il 2025. Quale è la roadmap? Ci saranno tappe intermedie?

Non abbiamo ancora dei piani specifici per privatizzare la Stazione spaziale internazionale. Stiamo prima di tutto sviluppando l’industria commerciale negli Stati Uniti e, parallelamente, gli altri partner stanno portando avanti attività simili. Quello che dovremmo fare entro il 2025 è essere capaci di iniziare a operare l’Iss in partnership con l’industria privata, così da poter concedergli maggiore responsabilità nell’operare le attività della stazione.

Ciò significa comunque che i privati stanno acquisendo un ruolo sempre più rilevante nello spazio?

Sì, certamente. Eppure, attualmente tutte le attività a bordo della Stazione spaziale sono gestite e dirette dai governi nazionali. L’obiettivo è quello di farle evolvere fino a che non diventino “private industry driven activities”.

Un’altra grande novità dell’amministrazione Trump nel settore è stata le re-istituzionalizzazione del National space council a livello del vice presidente Mike Pence. Anche questa decisione si inserisce nella direzione di un più ampio coinvolgimento dei privati?

Direi proprio di sì. È un segnale che arriva dall’amministrazione, ma anche dagli interessi espressi dagli stakeholder all’interno del Congresso. L’obiettivo è capire ciò che è possibile e non è possibile fare in tale direzione, ricordando che comunque si tratta di co-privatizzazione. In altre parole, la Stazione spaziale internazionale continuerà a essere una piattaforma governativa. D’altra parte, alcuni pensano che privatizzare voglia dire affidare l’hardware nel suo complesso nelle mani degli attori privati. Ma non è quello che stiamo facendo.

Il recente fallimento del lancio della navicella Soyuz che trasportava astronauti a bordo della Stazione spaziale sta avendo ripercussioni sulle attività a bordo?

L’equipaggio a bordo è salvo e sta bene, così come molte delle forniture che erano sulla navicella. L’incidente avrà effetti sull’utilizzazione della Stazione per alcune attività a bordo, ma considerando le operazioni nel medio e lungo periodo avrà un impatto limitato su cui stiamo comunque già lavorando.

E dopo la Stazione spaziale, dove andrà l’esplorazione umana? Si parla di un avamposto orbitante intorno alla Luna.

La Nasa, con i suoi partner internazionali, sarà nelle orbite più basse ancora per molto e molto tempo, a prescindere da se ci sarà o meno una stazione e da se ci saranno nuove piattaforme. Nello stesso tempo, stiamo portando avanti la ricerca e lo sviluppo tecnologico sulle altre orbite. Abbiamo in programma di andare, con i partner dell’Iss, nell’orbita lunare con il Gateway (una piattaforma orbitante intorno al nostro satellite naturale, su cui Trump ha invitato la Nasa a lavorare con una direttiva del dicembre 2017, ndr). Poi, scenderemo sulla superficie della Luna con dei robot e in futuro, nel prossimo decennio, con gli essere umani. Successivamente, su Marte.

Il prossimo anno, l’astronauta italiano Luca Parmitano tornerà a bordo dell’Iss. Quale è la sua considerazione della cooperazione tra gli Stati Uniti e il nostro Paese in ambito spaziale?

È stata una cooperazione molto positiva, che risale a tanti anni fa. Abbiamo una partnership molto speciale con l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e con gli italiani, così come con tutti i partner del Paese.

Anche nel futuro?

Certo, anche nel futuro.

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