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La fede, le guerre e il senso della vita. A colloquio con Papa Francesco

“Credo sia importante che i giovani conoscano il risultato delle due guerre del secolo scorso. È un tesoro da trasmettere per creare delle coscienze. È solo così che si è fatto crescere l’arte italiana: il cinema del dopoguerra è una scuola di umanesimo. Che loro lo conoscano: è importante per non rifare errori. Che conoscano come cresce un populismo, e pensiamo al ’32/’33 di Hitler, quel ragazzo che aveva promesso lo sviluppo della Germania dopo che il governo aveva fallito. Non si può vivere seminando odio. Nella esperienza storica della religione pensiamo alla Riforma, in cui abbiamo seminato odio dalle due parti. Questo l’ho detto a Lund, e adesso da cinquant’anni lentamente ci siamo accorti che non era la strada, e stiamo seminando gesti di amicizia e non di divisione”.

Si tratta solo di uno dei tanti passaggi dell’apparizione pubblica che ha visto all’Istituto Patristico Augustinianum, a Roma, a due passi dal colonnato di piazza San Pietro, Papa Francesco dialogare con giovani e meno giovani, in un dialogo franco e aperto, cordiale e sincero su tanti dei temi più importanti per l’intera vita di un uomo, che sia un giovane alle prese con le prime esperienze importanti o un anziano volto a riflettere su quanto intercorso in tutta la sua esistenza. Felicità, speranza, amore, fede. Ma anche pace, guerre, cultura dell’incontro, dell’armonia.

IL LIBRO PUBBLICATO DA MARSILIO “LA SAGGEZZA DEL TEMPO”

L’occasione è la presentazione del libro edito da Marsilio “La saggezza del tempo. In dialogo con Papa Francesco sulle grandi questioni della vita”, curato dal direttore della rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica padre Antonio Spadaro, un testo in cui il pontefice entra in dialogo con alcuni giovani, con personaggi illustri come il regista americano Martin Scorsese, presente all’evento a Roma, con attivisti, ma soprattutto con anziani, in modo particolare nonni. Italiani, siriani, statunitensi, da tutto il mondo e di tutte le professioni. Idea che potrebbe persino sembrare, ai più, stravagante, visto che da settimane è in corso in Vaticano il Sinodo dei vescovi sul tema dei giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

“Il senso di questo volume nasce dall’intuizione del Papa che si connette col lavoro del Sinodo e apre la prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Il Papa ha ripetuto molte volte il versetto del profeta Gioele: se gli anziani non sognano, i giovani non vedono il futuro”, ha infatti spiegato padre Spadaro, nella mattinata, intervenendo in sala stampa vaticana durante il briefing giornaliero che da settimane viene organizzato per aggiornare i giornalisti sullo stato dei lavori del Sinodo, e sui relativi interventi dei vari relatori, padri sinodali, invitati speciali e giovani uditori. “Il sogno non è un’utopia ma è basato sull’esperienza: abbiamo bisogno di nonni sognatori e ‘memoriosi’, un neologismo che il Papa usa. Da questa intuizione è nato il volume, un racconto corale: i vecchi raccontano le loro esperienze ai giovani, e sono state intervistate circa 250 persone, molti anziani. Nel libro ne sono riportate solo una novantina, il resto sarà messo on-line”, ha aggiunto il gesuita.

IL DIALOGO CON GLI ANZIANI DURANTE IL SINODO SUI GIOVANI

Si tratta perciò di un’intuizione dello stesso Francesco, saggia e inaspettata, quella di “illuminare il ruolo fondamentale svolto dai nonni e dagli anziani” nel bel mezzo del Sinodo sui giovani. D’altronde, se un giovane avrà molto da chiedere, un anziano avrà molto da raccontare, e altrettanta saggezza da dispensare. Per questo la Chiesa è gerarchica, ed è generalmente guidata da uomini e donne di età avanzata, con la loro autorità venerabile costruita negli anni. “Da un po’ di tempo porto nel cuore un pensiero. Sento che questo è ciò che il Signore vuole che io dica: che ci sia un’alleanza tra giovani e anziani. Questa è l’ora in cui i nonni devono sognare, così i giovani potranno avere visioni”, scrive Francesco nella prefazione del testo.

“Che cosa chiedo agli anziani, che io definisco – con un’espressione che non esiste – i «memoriosi della storia»? Noi, nonni e nonne, dobbiamo formare un coro. Io vedo noi anziani come un coro permanente di un grande santuario spirituale, dove la preghiera di supplica e il canto di lode sostengono la comunità che lavora e lotta nel “campo” della vita”, aggiunge il Papa. “E che cosa chiedo ai giovani? Provo pena per un ragazzo i cui sogni si spengono nella burocrazia. È come il giovane ricco del Vangelo. Se ne va triste, svuotato. Chiedo dunque ascolto, vicinanza agli anziani; chiedo di non mandare in pensione la loro esistenza nel quietismo burocratico in cui li confinano tante proposte prive di speranza e di eroismo. Chiedo uno sguardo alle stelle, quel sano spirito di utopia che porta a raccogliere le energie per un mondo migliore”.

LA PRESENTAZIONE, IN DIALOGO, ALL’AUGUSTINIANUM A ROMA

È così nello stesso schema narrativo, quello del dialogo, che ha preso vita anche l’incontro all’interno dell’antico istituto romano specializzato nell’insegnamento della patristica e del pensiero di Sant’Agostino. Rispondendo infatti a Fiorella, una briosa signora toscana insegnante di italiano a stranieri migranti, che ha chiesto “con quale sentimenti sta affrontando questi momenti difficili della storia del mondo”, Bergoglio ha replicato: “Cosa faccio io, quando vedo che il Mediterraneo è un cimitero? Io le dico la verità: soffro, prego, parlo. Non dobbiamo accettare questa sofferenza”.

“Mi è piaciuto quando ha detto non parlo di politica ma di umanità”, ha poi aggiunto ancora il Papa. “I giovani non hanno la esperienza delle due guerre. Io ho imparato da mio nonno, che ha fatto la prima nel Piave, dal suo racconto, tante cose. Anche le canzoni ironiche contro il re e la regina, tutto ho imparato. E i dolori della guerra. Che poi cosa ha lasciato? Milioni di morti. È la grande strage. Poi è venuta la seconda. L’ho conosciuta a Buenos Aires con tanti migranti che sono arrivati: italiani, polacchi, tedeschi. Sentendo loro, tutto capivamo su cos’è una guerra”. Oggi al contrario, ricorda Francesco, “c‘è la terza guerra mondiale a pezzetti. Guardate i conflitti: mancanza di umanità, aggressione, odio fra culture o tribù, anche la deformazione della religione per poter odiare meglio. Questa non è la strada, ma il suicidio. Mi viene in mente la profezia di Einstein: la quarta guerra mondiale sarà fatta con le pietre e i bastoni, perché la terza distruggerà tutto”.

LA FEDE CHE “VA TRASMESSA IN DIALETTO” E LA REPLICA AL REGISTA SCORSESE

Poi il tema della fede, che “va trasmessa in dialetto” che “si trasmette a casa, sempre. Sono precisamente i nonni, nei momenti più difficili della storia, coloro che hanno trasmesso la fede. Pensiamo alle persecuzioni religiose del secolo scorso: erano i nonni che di nascosto insegnavano ai nipotini a pregare la fede. E di nascosto li portavano a battezzare. I genitori erano coinvolti nella filosofia del partito, di ambedue. Se si sapeva che facevano battezzare i figli avrebbero perso il lavoro o sarebbero diventati vittime di persecuzioni”. E di lì, la domanda di Scorsese, che gli chiede come “la fede di un giovane può sopravvivere a questo uragano di violenza e ingiustizia” nel mondo di oggi, che si sente rispondere, spiazzato: “lei forse da bambino si è avvicinato a queste sofferenze e lì ha saputo prendere la saggezza che oggi ci offre nei suoi film. Così si trasmette la fede. L’ esperienza che ci fa maturare”.

Infine, l’argomento dei migranti. “Accogliere il migrante è un mandato biblico, perché tu stesso sei stato migrante in Egitto”, dice il Papa. “È vero che si devono accogliere, accompagnare, integrare. Se noi accogliamo così, non facciamo un bel servizio”, aggiunge, dopo aver scagliato una critica ben serrata a quella che lui chiama “la cultura del trucco”, dove “quello che conta sono le apparenze, il successo personale, anche a prezzo di calpestare la testa altrui”, in “questo mercato della competizione, dell’ipocrisia. E non lo dico in senso morale, ma psicologico e umano. Si appare in un modo ma dentro c’è il vuoto, o l’affanno per arrivare”.

“VUOI SALVARTI DA QUESTA CULTURA? APRI LE MANI, SERVI GLI ALTRI. SARAI FELICE”

Tutto ciò per dare seguito alla domanda delle domande, postagli da una giovane: come essere felice? “Tu vuoi salvarti di questa cultura che ti fa sentire una fallita, nella cultura della competizione e dello sguardo? Apri la mano tesa, col sorriso, in cammino, sempre, sporcati le mani, e sarai felice”, è la replica, secca, di Francesco. “Questo mi fa pensare a quello che dicono i santi, e anche Gesù: c’è più amore nel dare che nel ricevere. Contro questa cultura che annienta i sentimenti c’è il servizio. E vedrai che la gente più matura, sviluppata, sorridente e con senso dell’umorismo, sono coloro che vanno avanti e in cammino. Col servizio”.

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