25, 50, 70mila. Ho letto che molti dibattono della cifra esatta dei partecipanti alla manifestazione del Pd a Piazza del Popolo. Mi pare come sempre un esercizio abbastanza sterile, per un semplice fatto, la piazza era davvero piena. Anzi era piena come mai negli anni passati. Insomma la sfida organizzativa e politica di Maurizio Martina è stata vinta. E anche quelli che nelle settimane passate hanno storto il naso prima sull’opportunità di fare una manifestazione, poi sulla data e infine sul titolo, domenica erano tutti lì (forse avendo intuito che il popolo democratico aveva bisogno di una piazza per sentirsi ancora vivo) ad ascoltare le migliaia di militanti del Pd chiedere innanzitutto unità.
Ma non c’erano solo elettori e militanti del Pd in piazza. Una fetta consistente dei partecipanti infatti non ha votato Pd alle ultime politiche, ma ha compreso, in questa fase delicata per il nostro Paese, la necessità di stare vicino e sostenere l’unico partito che rappresenta davvero l’opposizione e l’alternativa ai nazional-populisti. In questo senso il discorso del segretario del Pd non ha deluso né per i temi scelti e neppure per i toni usati. Se in questi mesi è arrivata a tutti la generosità di Martina di riconnettere il Pd ai territori del Paese, domenica è stato chiaro che il sacrificio di prendere per mano una comunità sbandata dopo il 4 marzo sta incominciando a dare i suoi frutti.
Questo può bastare? Certamente no. Però il Pd ha dimostrato di non essere un partito defunto e di avere ancora una infrastruttura organizzativa che nessuno in Italia ha. Altro che scioglimento o superamento o cambio del nome: le migliaia di partecipanti hanno chiesto al gruppo dirigente del Pd un progetto, una rotta, una meta comune, senza polemiche, senza divisioni, senza tifoserie. L’appello all’unità, scandito più volte durante la manifestazione, va esattamente in questa direzione. I cosiddetti big del partito la seguiranno? Al momento pare di sì, ma il congresso è ormai alle porte.
Eppure anche la manifestazione di Piazza del Popolo, secondo me, dà una chiara indicazione al prossimo congresso. Più che una leadership solitaria, che rischia di guardarsi indietro e non trovare nessuno, serve qualcuno che si (pre)occupi di proteggere una intera comunità dal diluvio politico da cui è stata colpita. Servirebbe cioè un Noè in grado di costruire un’Arca per garantire la sopravvivenza del Pd e che con pazienza cataloghi tutte le esperienze delle comunità democratiche che meritano di essere salvate, in modo che i semi di una nuova storia possano essere piantati quando le acque procellose si saranno ritirate.
Una sfida titanica, ma ineludibile. Ne va della salvezza del Pd, e di conseguenza della robustezza della democrazia italiana.