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Phisikk du role – Politica disfunzionale

Regionalismo, province digitale, italiani, riforma costituzionale

Disfunzionale è un aggettivo importante che capita di incontrare spesso nelle discipline che hanno a che fare con la psiche umana. Si intende disfunzionale, infatti, quella famiglia in cui i genitori non fanno ciò che generalmente la gente si aspetta che facciano, tipo accudire i figli e condurli amorevolmente alla crescita, ma compiono azioni abnormi e abusi, con tale intensità e ricorrenza da far apparire le loro aberrazioni del tutto rientranti nella normalità.

Esistono relazioni disfunzionali in cui il rapporto si instaura tra tipi patologici (il sadico e il masochista: relazione destinata a durare…), esistono amori disfunzionali (i più pericolosi, con esiti spesso letali). Esistono anche relazioni politiche disfunzionali, che si verificano, almeno nel vocabolario della democrazia, quando chi interpreta il ruolo di decisore non compie azioni che corrispondono al proprio compito, che è quello di corrispondere al bene collettivo avendo cura di farlo con strumenti sostenibili, e si muove con linguaggi e gesti irrispettosi degli altri. L’atteggiamento disfunzionale in politica si afferma con la reiterazione del comportamento incongruente rispetto alla missione assegnata (di governo o di opposizione), con l’oppressione dell’ambiente circostante e del discorso pubblico attraverso l’invettiva, la violenza verbale, la delegittimazione dell’avversario.

Si adotta un lessico rudimentale, in cui il popolo è chiamato a riconoscersi e si fa cadere in desuetudine la grammatica istituzionale. Le categorie “governo” “opposizione” sono sostituite da parole robuste, estratte dalla teoria del gruppo minimo: “amico/nemico”, “noi/loro”. La consegna è quella della mediatizzazione attraverso tutti i mezzi possibili del nuovo messaggio politico, con ostinazione e studiata pervasività, fino a saturare l’ambiente e a rendere impossibile un discorso pubblico che segua i canoni del confronto civile.

Così intere generazioni di cittadini, in particolare le più giovani, finiscono per non aver mai avuto cognizione diretta di una dialettica politica improntata alla regola democratica: l’unico lessicario attingibile sarà per i giovani elettori quello dello scontro. Contro chi c’era prima, contro le élite, contro i giornali, contro l’Europa, contro gli economisti e chi più ne ha…

Beninteso: non è che volgendo la testa indietro troviamo sempre Eldoradi di politiche gentili e progettualità vibranti e tutte turgidamente orientate al bene comune. Ma, quanto meno, a cercare, qualcosa che somigliasse alla decenza si trovava, una volta. Utile, non foss’altro, a spezzare la coltre altrimenti compatta dell’indecenza.

Oggi siamo in mezzo a strati alluvionali di brutta politica che avvolgono, come la chitina degli scarafaggi, lo scheletro della nostra democrazia parlamentare. La politica diventa disfunzionale se è solo quell’esoscheletro di insetti immondi. Si apre a qualche possibilità migliore se qualche voce si leva a rompere il conformismo del peggio che impera.

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