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Raffaele Tiscar, perché lobby è una bella parola

Le lobby sono buone o cattive? Molto dipende dal loro interlocutore politico. È quanto emerge dall’ultima video-intervista per la serie Lobby Non Olet, che vede come protagonista Raffaele Tiscar. Sindacalista, capo del personale, manager, capo di Gabinetto, deputato: sono tanti i ruoli che hanno caratterizzato la carriera di Tiscar, da tutte le parti della barricata. L’ultimo degli eclettici, in un’Italia che, non si capisce per quale motivo, vede nell’eclettismo una minaccia e non una risorsa, in barba alla propria tradizione umanista e rinascimentale.

Le lobby sono dannose quando non trovano un interlocutore politico in grado di poterle soppesare, di poterle valutare con un occhio generale, facendo una mediazione con altri portatori di interesse” chiarisce Raffaele Tiscar. Il problema, dunque, si pone quando la politica non è in grado di valutare la proposta del lobbista: stabilire se la controparte è affidabile; se le fonti e gli studi a supporto sono seri; se la proposta è compatibile con quelle di altri portatori di interesse, ugualmente meritevoli di attenzione.

Il politico deve essere maestro nell’arte del compromesso. Sì, del compromesso, che non è una brutta parola. “È semplicemente l’arte di mediare tra cose apparentemente opposte. È la politica” chiarisce Tiscar. E la sua esperienza nei complicati settori delle infrastrutture e dell’ambiente è significativa. Il politico deve valutare se l’interesse del privato rappresenta un beneficio per il territorio. È sbagliato pensare che l’interesse privato escluda necessariamente quello dei cittadini, ossia il bene comune. È una falsa dicotomia, una contrapposizione fallace, anche se mediaticamente affascinante: i cattivoni del privato sempre contro i cittadini inermi. Attenzione, perché è il paravento dietro al quale si nascondono quei politici, o quei burocrati, che non sanno fare il proprio mestiere: ascoltare, comprendere, soppesare e decidere.

 

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