Prima il taglio dei contributi per l’accoglienza al suo comune. Poi l’arresto del sindaco di Riace Domenico Lucano per favoreggiamento dell’immigrazione, con il seguito di batti e ribatti sui social network tra politici e personaggi del mondo dello spettacolo. Il piccolo comune della città metropolitana di Reggio Calabria, nel territorio della Locride, era infatti stato più volte innalzato a modello virtuoso di accoglienza, tanto da valergli plausi come quello della rivista Fortune o di Papa Francesco. Nel frattempo è anche arrivato al Quirinale il testo del decreto sicurezza, fortemente promosso dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Che dovrà cercare di passarne il vaglio del presidente Sergio Mattarella, evitando pareri di incostituzionalità, come ad esempio nel passaggio sulle espulsioni, che si vociferano essere giudicate troppo facili. Di tutto questo, ne abbiamo parlato con il responsabile per le politiche migratorie della Caritas Italiana Oliviero Forti.
Dottor Forti, ha letto della vicenda di Riace, che impressione si è fatto?
L’impressione è quella di dispiacere, perché non è mai positivo apprendere notizie di questo tipo, ma col beneficio del processo dovremo attendere per capire cosa è accaduto. Sappiamo che quella di Riace rimane un’esperienza pilota, anche se con dei limiti. Ciò che viene contestato sono dei fatti specifici che attendiamo di comprendere chiaramente, e in che misura siano realmente punibili. Nessuno può negare il fatto che l’amministrazione era legata a un sogno. Chiaramente speriamo che, anche questa volta, non sia la stessa occasione per strumentalizzare il mondo accoglienza. Per mettere cioè sotto accusa chi fa il proprio lavoro onestamente e con grande professionalità. Dappertutto c’è chi ha vicende complicate. L’obiettivo, e la speranza, è evitare che Riace diventi un luogo non più di accoglienza ma di conflitto.
Le sembra verosimile l’accusa fatta al sindaco? C’è chi sostiene che la conversazione incriminata non provi un reato.
Personalmente non ho letto bene la vicenda, agli atti mi sembra però di avere compreso che rispetto al tema dell’accoglienza non ci sia nulla, soltanto altri fatti contestati al sindaco dall’autorità giudiziaria. Per quelli, sono la persona meno adatta per fare un comizio. Ma posso fare voce di quanto visto in questi anni, in quella comunità e in quella esperienza consolidata nel tempo. Non c’è nulla di negativo nel modello Riace, poi i giudici verificheranno la questione specifica.
Si dice che alcune centinaia di rifugiati potrebbero finire in strada.
Lo Sprar è un sistema di accoglienza che fa leva sui comuni, e a una amministrazione sotto inchiesta di per sé, nell’immediato, non dovrebbe accadere nulla di particolare, per quanto riguarda il destino di queste persone.
Che ne pensa del dl sicurezza? Il sistema degli Sprar è al centro del decreto presentato a Mattarella.
Viene ridimensionato, viene riconosciuto accesso solo alle persone che hanno rinvenuto la protezione internazionale.
Grande occlusione la avranno il sistema prefettizio e dei Cara, e se andrà tutto in porto si farà una fatica maggiore nei territori. Lo Sprar è un sistema dedicato all’emergenza, questo decreto rischia di compromettere la qualità dell’accoglienza. I Caf sono quelli dove si mettono queste persone, ma non hanno competenze, e insieme agli Sprar fanno due opposte modalità di accoglienza. Tuttavia le previsioni sembrano andare nel modo meno auspicato, nel privilegiare cioè queste forme meno diffuse, di maggiore concentrazione in strutture uniche, con maggiore peso per le comunità, e quindi più negative. Fa meno rumore avere appartamenti con dieci persone dentro rispetto ad un’unica struttura che ne contiene duecento.
I vescovi, per voce del cardinale Bassetti nei giorni scorsi, lo hanno giudicato un decreto molto restrittivo.
Certo, consideriamo che il punto centrale è l’abrogazione della protezione umanitaria, e che comunque persone senza protezione rimangono bisognose di aiuto. Nei fatti molte persone rimangono slegate, e aumenterà il tasso di irregolarità nei territori. Che rappresenta un elemento di preoccupazione tanto per chi cadrà in questa condizione quanto per chi dovrà dare risposte a un numero crescente di richieste di persone che non avranno più diritti, o solo minimi.
Cioè davanti a che situazione potremo rischiare di trovarci?
Una macchina che nei fatti non funziona più, perché le espulsioni nei numeri sono insufficienti per le potenziali irregolarità. La nostra preoccupazione è il destino di queste persone. Il decreto di espulsione non dà alcun diritto a queste persone, che non potranno essere rimandate a casa perché la macchina di espulsione non riuscirà a funzionare nemmeno con questo governo, e così finiranno per rimanere nel territorio. Noi da sempre spingiamo affinché si prediliga la regolarità, perché dà maggior dignità ed evita che si creino crisi sui territori.