Chi pensa che, in caso di crisi, la Russia possa finanziare il debito pubblico italiano non ha idea di cosa sia oggi l’economia russa e di quali siano le priorità politiche della sua leadership. L’economia russa è relativamente piccola, piuttosto povera e assolutamente incapace di crescere; in più è una monocoltura quasi interamente dipendente dalle esportazioni di idrocarburi.
Valutato in dollari correnti – la misura giusta per capire la potenza di fuoco di un’economia -, il Pil russo vale 1.527 miliardi (dati Fmi sul 2017), assai meno del Pil dell’Italia (1.937 miliardi) e meno anche di quello della Corea del Sud; non molto di più di quello della Spagna. Nella graduatoria delle nazioni, la Russia si colloca al 12° posto, l’Italia al 9°. Nessuno ovviamente penserebbe di rivolgersi alla Corea o alla Spagna per sostenere un debito di oltre 2.300 miliardi di euro, il cui rifinanziamento richiede ogni anno risorse per circa 400 miliardi. Il fatto che la Russia sia una nazione piuttosto popolosa (146 milioni di persone) poteva avere un qualche significato dal punto di vista militare nelle guerre del passato, ma oggi significa solo che il popolo russo non se la passa affatto bene: il Pil per abitante è di 10,608 dollari, il che colloca la Russia al 63° posto al mondo. Per confronto, l’Italia si colloca al 25° posto con un Pil procapite di 31.984 dollari. Sulla base di questa graduatoria, la Russia è superata da tutti i paesi europei, compresi quelli che sono entrati di recente nell’Ue.
Una misura molto significativa della qualità della vita di una popolazione è la vita media: sulla base di questo parametro, la Russia si colloca al 110° posto al mondo con una vita media di 70,5 anni (64,7 per gli uomini e 76,3 per le donne). Per confronto, il popolo più longevo è il Giappone (83,7 anni) seguito a poca distanza dall’Italia (82,7 anni). Vivono più a lungo dei russi gli abitanti di Paesi come Brasile, Bangladesh e persino Corea del Nord, Venezuela e Libia.
Di fronte a questi dati, è evidente che le priorità della leadership russa non possono che essere fortemente legate al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, ossia alla crescita. Ma, vuoi per le sanzioni occidentali vuoi per vizi congeniti di un’economia tutta centrata su un capitalismo di Stato estremamente verticistico, la crescita langue.
Negli ultimi 5 anni, i dati sulla crescita del Pil sono stati peggiori di quelli dell’Italia; nel 2017, la Russia è uscita da un grave recessione durata due anni e ha messo a segno una crescita dell’1,5%; il preconsuntivo del Fmi per il 2018 è un modesto 1,7%. La cosa più intollerabile per la leadership russa è il confronto con i paesi dell’Est Europa che sono ora membri dell’Unione Europea. Fino al 2010, erano circa allo stesso livello in termini di reddito procapite (questa volta misurato a parità di potere d’acquisto), oggi la Russia sta sotto di quasi 20 punti percentuali.
Qualche analista nei giorni scorsi ha notato che la Russia ha un fondo sovrano, ma ha anche aggiunto che esso dispone di soli 65 miliardi di dollari, già in gran parte destinati a finanziare i deficit di bilancio dei prossimi tre anni e in particolare la previdenza. Questo è un punto chiave dal momento che Putin è stato costretto a proporre alla Duma una riforma del sistema pensionistico estremamente impopolare che innalza l’età di pensionamento a 65 anni per gli uomini, all’incirca la loro vita media (!), e a 60 per le donne. È stato anche fatto notare che per statuto il fondo può investire solo in paesi che hanno un rating creditizio molto elevato e che questi paesi (11 in totale, tutti europei più gli Stati Uniti) sono elencati tassativamente nello statuto.
In realtà, c’è un altro serbatoio a cui la Russia potrebbe attingere: le riserve, per lo più in dollari, della banca centrale, che ammontano a circa 400 miliardi di dollari. Per il Fondo Monetario queste riserve sono eccessive e potrebbero essere utilizzate per migliorare le condizioni di vita della popolazione. Ma per la leadership russa sono un’assicurazione sulla vita. La Russia esporta quasi solo petrolio e gas, i cui prezzi subiscono oscillazioni violente che si ripercuotono immediatamente sull’economia russa e sul tenore di vita della popolazione. In più, le esportazioni di idrocarburi avranno vita sempre più difficile sia perché gli Stati Uniti hanno dimostrato che, con nuove tecnologie per l’estrazione di shale gas e oil, si può raggiungere l’autosufficienza energetica nel giro di pochi anni sia perché gli accordi di Parigi sul cambiamento climatico prevedono una forte riduzione del consumo di idrocarburi.
È quindi difficile che i russi possano mettere risorse significative in un Paese, l’Italia, che non è considerato totalmente sicuro dal punto di vista dei mercati. A questo si aggiunga che, dal punto di vista geopolitico, la Russia, da sempre, si sente un Paese accerchiato ed in effetti ha pochi amici in giro per il mondo. Per quanto possa avere interesse a indebolire l’Unione Europea, è difficile che voglia fare un’azione che tutti i principali Paesi dell’Ue considererebbero ostile.