Fino a questo momento la strategia di Salvini era apparsa lucida e chirurgicamente orientata: agitare il monotema del respingimento dell’immigrato, aggiungere una strizzatina d’occhi alle partite iva, digrignare i denti con sopracciglio sovranista, guardando, però, alla platea più larga della destra italiana per intero, ultrà e piccolo-borghesi berlusconici compresi.
Perfetto: digrignare i denti non costa niente, fare la faccia truce agli emigrati cattura a gratis fette di mercato elettorale, le partite iva sono dappertutto e i berluscones gli cadono in braccio come le pere mature sotto un albero a fine agosto. E così i fratelli e le sorelle d’Italia. Il gioco regge: è l’uomo forte del governo, mai un dubbio, “me ne frego” all’Europa degli schizzinosi burocrati, sempre pronti a scrutare la pagliuzza nell’iride dei poveri italiani e far finta di niente di fronte alle travi negli occhi loro.
Confindustria, alla disperata, non potendo puntare sul giallo, considerato un colore ancora incerto, si è buttata sul verde di Salvini, che, insomma, al governo ha già sventolato per anni e poi si sa, lui grida, sentenzia, fa campagna elettorale in continuazione, ma poi ci si mette d’accordo. Come in Veneto, Lombardia e cento città. Tutto va bene, allora e i bookmakers presagiscono uno splendido e duraturo avvenire di “premier” al leghista più duro che c’è, più del fondatore e titolare del copyright. Ma poi è arrivata la Le Pen. Salvini non ha resistito alla smania di celebrare la sua jam session sovranista e cazzuta, nello splendore dei settanta millimetri. Ha esternato con la cugina d’oltralpe, così come fece con Orban, segnando il territorio politico. Ha marcato la sua scelta di campo e lanciato la sua opa sul sovranismo europeo: chi se non lui a capo dell’orda nera inarrestabile che si prepara a invadere Bruxelles? Il punto, però, è che, più ricorre la compagnia sovranista, più si allontana dalla fetta moderata della destra che in Italia è oggetto della sua campagna acquisti e senza di cui non potrà coltivare il sogno di una egemonia politica in campo nazionale.
Insomma: per proiettarsi verso la premiership italiana Salvini deve dire e fare qualcosa di moderato. Per esercitare la sua primazia europea nella famiglia popul-sovranista, dovrà alzare i toni e condividere liaisons dangereuses con alleati dal galateo politico piuttosto incompatibile con il mondo moderato. A lui la scelta. E non è affatto detto che le opzioni possibili siano reversibili.